Israele è uno Stato fondato anche sulla mistificazione e sulla propaganda. La più recente operazione propagandistica consiste nell’accordo per le tre tappe israeliane del 101° Giro d’Italia e, a monte, nell’inserimento di Bartali tra i Giusti delle Nazioni.
Bartali è stato inserito nel Giardino dei giusti dello Yad Vashem nell’ottobre 2013 quando, verosimilmente, erano già in corso i contatti tra Israele e RCS per l’organizzazione della partenza del Giro da Israele in occasione del 70° della nascita dello Stato; di certo, a quell’epoca, era stata quantomeno ideata l’operazione di propaganda.
Questa operazione è costata ad Israele 12 milioni di euro versati a RCS, cui si sono aggiunti i 4 milioni versati dal miliardario israelo-canadese Sylvan Adams. E’ l’importo più alto mai investito da Israele in un evento sportivo.
Il ritorno preventivato merita, però, l’ingente spesa: gli organizzatori hanno calcolato in oltre 100 milioni gli spettatori delle tre tappe ai quali sarà presentata l’immagine di un Paese normale, ricco, felice e civile. Le immagini, accuratamente selezionate, non mostreranno il muro, i check points, la militarizzazione, insomma la realtà vissuta dai palestinesi: l’occupazione, le demolizioni, le espulsioni, le incarcerazioni, le uccisioni.
L’invenzione di Bartali quale soccorritore di ebrei era necessaria per creare un aggancio tra Israele e il Giro d’Italia. Di Bartali soccorritore di ebrei, in realtà, si parlava da tempo; si trattava solo di recuperare la storia, controversa, ed accreditarla.
Si rispolvera, allora, un testo del 1978 di Alexander Ramati (tradotto in italiano nel 1981) dal titolo: “Assisi clandestina. Assisi e l’occupazione nazista secondo il racconto di p.Rufino Niccacci”. Secondo Ramati e Niccacci, Bartali avrebbe svolto il ruolo di corriere in bicicletta tra Firenze e Assisi, occultando carte di identità false destinate agli ebrei nella bicicletta.
Nel 1985 interviene, però, a smentire il tutto don Aldo Brunacci, canonico della cattedrale di Assisi e organizzatore dei soccorsi agli ebrei ivi rifugiatisi. Brunacci smentisce seccamente il racconto di Ramati, nega qualsiasi ruolo di Bartali ed irride alla fervida fantasia di padre Rufino. Brunacci è particolarmente autorevole ed attendibile perché è stato il principale organizzatore della assistenza in Assisi e si occupava espressamente della fabbricazione di documenti falsi; non solo, ma conosceva personalmente padre Rufino che era stato suo collaboratore, sia pure in una fase successiva.
Brunacci bolla il testo di Ramati come “un romanzo, un copione da film” e giunge a formulare una ipotesi per l’invenzione del ruolo di Bartali: dice che proprio lui, Brunacci, si era recato in bicicletta in qualche occasione a Perugia per missioni delicate e ne aveva parlato in alcuni articoli. Probabilmente, afferma, Ramati da ciò aveva tratto ispirazione per inserire il più famoso ciclista Bartali nel suo “romanzo”.
A sostegno di Brunacci è intervenuto recentemente (3/2/2017) Michele Sarfatti, storico e studioso della persecuzione antiebraica, nonché, dal 2002 al 2016, direttore del CDEC ( Centro di documentazione ebraica contemporanea).
Sarfatti, oltre che appassionato studioso, è anche figlio di Giacomino Sarfatti che era stato in contatto a Firenze con la partigiana azionista Maria Assunta Lorenzoni detta Tina, uccisa durante la battaglia per la liberazione di Firenze nell’agosto 1944; proprio Tina Lorenzoni procurava agli ebrei i documenti falsi. Mosso anche da questo interesse personale, Sarfatti con una analitica ricerca storica, ricostruisce il quadro degli aiuti agli ebrei fiorentini e conclude dando ragione a Brunacci: Bartali non compare mai.
Michele Sarfatti correda il suo articolo ("Gino Bartali e la fabbricazione di carte di identità per gli ebrei nascosti a Firenze”, Documenti e commenti, n.2) con una immensa bibliografia.
Ovviamente un simile lavoro di demolizione del racconto di Ramati e di disvelamento della operazione propagandistica del Giro ( anche se questo non era certamente la finalità di Sarfatti, interessato solo alla verità storica, e men che meno di Brunacci che scrive in epoca lontana) non poteva passare senza dure reazioni.
Contro Sarfatti si scaglia il 20 luglio 2017 Sergio Della Pergola, dell’Università ebraica di Gerusalemme e membro della Commissione per i Giusti delle Nazioni. Della Pergola parla espressamente di “operazione diffamatoria” riferendosi all’articolo di Sarfatti. I suoi argomenti appaiono, però, deboli e contraddittori. Dopo avere riconosciuto, infatti, le doti di Sarfatti che definisce “ ricercatore eccellente e stimato”, non gli resta che ipotizzare una trama alla quale Sarfatti si sarebbe prestato. Dinanzi a un personaggio come Sarfatti, però, Della Pergola non riesce neppure a formulare ipotesi di trama. Nel merito si limita a dire che la commissione per i Giusti ha esaminato “un’ampia massa di testimonianze orali e scritte” che però non indica e non cita, neppure a titolo esemplificativo. Non solo, ma si affretta a precisare di non avere fatto parte della commissione che ha votato l’inserimento di Bartali. Perchè allora non lasciare la parola a un membro della commissione? Perché attribuire un intento diffamatorio a un ricercatore che lui stesso riconosce essere “eccellente e stimato”?
Assistendo dall’esterno a questo interessante confronto, non possiamo non fare nostra la conclusione di Sarfatti: “La storia della fabbricazione e distribuzione delle false carte di identità per gli ebrei clandestini a Firenze è lastricata di grandiosa umanità e terribili lutti. La prima non necessita di miti; i secondi esigono rispetto”.
Israele, però, necessita di miti.
Nel momento in cui la Knesset sta per approvare la legge fondamentale (basic law) che definisce una volta per tutte Israele Stato ebraico (come già anticipato nella dichiarazione di indipendenza del 1948), istituzionalizzando il suo essere uno Stato etnico-confessionale, è più che mai necessario fornire al mondo una immagine che non smentisca il mito dell’unica democrazia del Medio Oriente.
Sino a quando i falsi miti potranno nascondere la realtà della pulizia etnica, dell’apartheid, del colonialismo di insediamento e del genocidio in corso?
Ugo Giannangeli
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