L’APARTHEID IMPOSTO DA ISRAELE NON PUO’ NON ESSERE SFIDATO
Oggi la sistematica privazione di terre palestinesi continua ad essere ignorata da Stati Uniti ed Unione Europea. Le barriere che ostacolano I movimenti dei palestinesi ed il loro sviluppo sociale e politico sono visibili ovunque.
Mentre gli ebrei israeliani hanno tutte le possibilità di muoversi, più di 500 posti di blocco limitano I movimenti a tutti I palestinesi che vivono nei Territori. Attraversando questi checkpoint in un viaggio di presa di coscienza della situazione organizzato dalla US Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel, abbiamo realizzato quanto sia dura la quotidianità dei palestinesi, fatta di umiliazioni e subordinazione.
Lungo il muro che circonda il campo profughi Aida vicino a Betlemme, è possibile constatare quanto il muro sottragga terre ai palestinesi, cedendole all’insediamento di Gilo.
Per le famiglie palestinesi che si trovano dalla parte ‘’sbagliata’’ del muro, quella che era una distanza brevissima per raggiungere la scuola si e’ trasformata in un tragitto che richiede diverse ore. Dal 1992, gli insediamenti israeliani nella Cisgiordania sono più che raddoppiati, circa mezzo milione di coloni vive ora in mezzo a 2,5 milioni di palestinesi. I coloni hanno inoltre accesso ad acqua, terre fertile, strade e risorse che erano prima dei palestinesi.
A Hebron, poche centinaia di coloni sono protetti dai militari israeliani e controllano una parte della città, in cui risiedono 35.000 palestinesi.
Cittadini di seconda classe
Persiste il mito che vuole Israele come l’unica e vera democrazia nella regione. Ciò è falso: 1,5 milioni di palestinesi sono di fatto ‘’cittadini di seconda classe’’, non godono degli stessi diritti, sono sottoposti a controlli speciali ed eccezioni legali...
Non possono inoltre vivere con i loro coniugi provenienti dalla Cisgiordania, da Gaza o da altri luoghi. Non godono di numerosi benefici statali e non possono svolgere alcuni lavori. Non prestano servizio militare, caratteristica necessaria per l’accesso a diversi benefici e impieghi statali.
Nel frattempo, tutti gli sono ebrei, possono risiedere in Cisgiordania o Gerusalemme est, ricevendo immediatamente la cittadinanza e diversi benefici. La legge israeliani effettua infatti discriminazioni etniche, razziali e religiose. L’obiettivo è quello di rendere "pura" la popolazione israeliana, in uno Stato ebraico: i palestinesi dovrebbero quindi secondo questa logica vivere al di fuori. Questa è ovviamente una palese violazione del diritto internazionale.
Case espropriate
Abbiamo assistito alla violenza messa in atto a Gerusalemme est. Abbiamo ascoltato i membri di quattro famiglie residenti a Sheikh Jarrah, e Gerusalemme est, rifugiati dal '48, che a novembre 2008 e agosto 2009 sono stati cacciati dalla loro casa in modo brutale e nel cuore della notte dalle forze israeliane. Le loro case sono state sequestrate e prese da coloni che hanno gettato gli averi dei legittimi proprietari per strada.
Abbiamo scoperto che Israele nega la residenza a 10mila bambini palestinesi, privandoli dell’accesso all’educazione e ai servizi di base, quali salute e servizi sociali. Nel frattempo, la ditta francese Veolia ha collegato le colonie israeliane di Gerusalemme est con la parte ovest della città tramite una ferrovia, violando palesemente la convenzione dell’Aja che prevede, all'interno di territori occupati, solo la costruzione di infrastrutture che debbano essere utilizzate anche dalla popolazione occupata.
Le demolizioni di case, le restrizioni ai movimenti dei palestinesi e tutte queste azioni rappresentano la volontà di costruire una Grande Gerusalemme ebraica, con una maggioranza di ebrei nella citta’. Dal 1992, 110mila palestinesi sono stati espulsi dalla città per opera del muro di separazione, che è stato dichiarato illegale nel 2004 dalla Corte Internazionale di Giustizia.
La giustificazione data a queste palesi violazioni nei confronti dei palestinesi è come al solito l’addotta ragione di sicurezza, a scapito di un intero popolo, cosa che noi rifiutiamo categoricamente.
La colpa dell’America
Per questa ragione, ci chiediamo perché il nostro governo continui a supportare le politiche israeliane, con una spesa di 8,6 milioni al giorno. Infatti, crediamo che la militarizzazione della sicurezza che gli Stati Uniti ed Israele stanno perseguendo, sia la causa della crescente tensione ravvisabile oggi nei territori.
Come membri della comunità internazionale di studiosi, operatori culturali e attivisti, siamo d'accordo con il fatto che la produzione, la diffusione e lo scambio di conoscenza servano sia per mantenere sia per sfidare le relazioni inique di potere. Studiosi e studenti palestinesi non godono della libertà accademica sotto occupazione. Israele ha sistematicamente chiuso le università palestinesi con il pretesto della sicurezza, ha negato i visti a studiosi internazionali e palestinesi residenti all'estero che sono stati invitati nelle facoltà della Cisgiordania occupata, ha bloccato le importazioni di attrezzature necessarie per insegnare le scienze di base e l'ingegneria e ha impedito agli studenti di gaza di frequentare le università della West Bank.
Anche gli studiosi israeliani che dissentono dalla politica sionista sono emarginati e perseguitati. E, tuttavia, molte delle istituzioni accademiche israeliane (così come degli Stati Uniti) sono state in silenzio o complici di fronte al soffocamento scientifico e didattico palestinese. Le università israeliane sono colpevoli per aver violato i diritti umani palestinesi e il diritto internazionale - dall'espropriare terre palestinesi fino a mettere la ricerca scientifica demografica, sociologica, medica e legale al servizio delle politiche di apartheid israeliane.
Il Boicottaggio: uno strumento di solidarietà
Mentre altri paesi possono godere di diritti umani peggiori, Israele è l'esempio più straordinario al mondo di una occupazione che si è protratta per quasi mezzo secolo, in flagrante violazione del diritto internazionale. Né la pressione periodica di diplomatici e delle organizzazioni non governative, né gli internazionali, né le sentenze legali di condanna del muro di Israele in Cisgiordania, degli insediamenti e dell'assedio di Gaza, né il "processo di pace" visibilmente fraudolento hanno perforato il velo di impunità di cui gode Israele.
In risposta ad una chiamata dall'interno della società civile palestinese, abbiamo quindi dichiarato il nostro sostegno alla campagna statunitense per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele. Il boicottaggio accademico e culturale emerge nel contesto più ampio di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele, in atto fino a quando quest'ultimo non assolverà pienamente i suoi obblighi di fronte al diritto internazionale.
L'invito al boicottaggio è stato approvato dalla maggioranza dei sindacati palestinesi, partiti politici, organizzazioni non governative, reti e organizzazioni civiche. Noi crediamo che sia uno dei segni più promettenti della resistenza interna palestinese contro l'occupazione e la disuguaglianza sistemica di Israele, nonché un potente mezzo per costruire la solidarietà internazionale con il popolo palestinese.
Ci rifiutiamo di rimanere in silenzio o di restare passivi di fronte alle gravi violazioni dei diritti umani universali che sia Israele sia gli Stati Uniti pretendono di sostenere pubblicamente. Come è avvenuto con l'eliminazione dei popoli tribali nel Sud degli Stati Uniti sotto le leggi razziali anti-neri "Jim Crow", o in Sudafrica sotto l'apartheid, la Palestina oggi rappresenta la misura del significato e del valore dei diritti umani nel nostro tempo.
Sfidando l'ingiustizia subita dai palestinesi, noi chiamiamo in causa le politiche statali di Stati Uniti e Israele che normalizzano il colonialismo militare, l'incarcerazione di massa e la guerra permanente - un regime di sicurezza per l'uno per cento della popolazione mondiale che oggi mette a rischio le aspirazioni di base per la libertà. Le prospettive per l'autodeterminazione e per i diritti umani appassiscono sotto stati pesantemente sorvegliati, in particolare quelli soggetti all'occupazione, al colonialismo, alla segregazione o alla discriminazione razziale, etnica, nazionale o religiosa.
Invitiamo i nostri colleghi universitari ad unirsi a noi nel sostenere la campagna statunitense per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele sposando i principi di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni in solidarietà con le nostre controparti palestinesi. Noi crediamo che la perpetuazione della parodia internazionale di occupazione coloniale in un mondo post-coloniale debba essere portata a termine perché minaccia i diritti, la dignità e la sicurezza di tutti coloro che credono nell'autodeterminazione dei popoli, nella giustizia equa e nei diritti umani.
J. Kēhaulani Kauanui è professore associato di antropologia e studi americani alla Wesleyan University; Robin DG Kelley è professore di storia americana presso la University of California Los Angeles, Bill V. Mullen è professore di studi inglesi e americani alla Purdue University; Nikhil Pal Singh è professore associato di analisi sociale e culturale e della storia alla New York University; Neferti Tadiar è professore di studi sulle donne, la sessualità e il genere al Barnard College.
Fonte: ElectronicIntifada
Traduzione a cura di PalestinaRossa