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L’AUTORITA’PALESTINESE IN SILENZIO MENTRE ISRAELE CONSOLIDA IL PROPRIO MONOPOLIO SUL CARBURANTE

Israele esercita il controllo esclusivo sulla distribuzione di carburante nei Territori Occupati e lo Stretto di Gaza.

“Non c’è guadagno in questo lavoro – tutto quello che guadagno se ne va per pagare la benzina,” un conducente di taxi di Ramallah racconta lamentandosi, mentre si precipita giù per una strada della periferia della città della Cisgiordania.

I tassisti non sono gli unici ad aver avvertito la morsa del prezzo in aumento del carburante nei Territori Palestinesi. Il prezzo dei cibi basilari – granoturco, olio vegetale e pane- è più alto che mai, dopo aver iniziato a salire stabilmente dal 2011.

La Cisgiordania sta avvertendo gli effetti dell’aumento globale nel prezzo del petrolio – e di conseguenza, della maggior parte di tutto quanto. Nel frattempo, la Striscia di Gaza è affondata in una fase acuta da quando il rifornimento di carburante egiziano di contrabbando si è rallentato fino agli “sgoccioli” e il governo guidato da Hamas a Gaza è stato costretto a ricominciare ad ottenere carburante costoso da Israele.

Israele esercita diritti esclusivi sul rifornimento di carburante alla popolazione palestinese, nonostante il fatto che i Territori Occupati e la Striscia di Gaza dovrebbero essere in grado di importare petrolio meno costoso dai paesi vicini così ricchi in greggio che sono anche presunti alleati, oppure attingere alle riserve davanti alle coste di Gaza.

La costosa – e nel caso di Gaza scarsa – benzina è un’altra conseguenza del controllo di Israele che ancora ha da essere sfidato dall’Autorità Palestinese, basata a Ramallah.

Secondo gli “Accordi di Oslo”, L’Autorità Palestinese (PA) è obbligata a non poter vendere la propria benzina a meno del 15 percento del prezzo sul mercato di Israele.

Secondo Charles Shamas, il fondatore del gruppo Mattin, un’organizzazione di ricerca e difesa basata a Ramallah, il monopolio di Israele per quel che riguarda la fornitura di carburante è usato come parte della strategia consapevolmente studiata per mantenere la dipendenza strutturale dei Palestinesi da Israele e dai suoi amministratori politici con poteri decisionali.

“Questo genere di monopoli di rifornimento sono una forma di potere. Forniscono modi semplici di esercitare pressione politica sull’Autorità Politica palestinese e i il popolo palestinese stesso e di rafforzare la loro obbedienza verso gli interessi di Israele” dice Shamas.
 

GAZA SOGGIOGATA DA CARENZE CRONICHE DI ENERGIA

Gaza ha avvertito il flettersi molto forte del muscolo strategico di Israele, essendo soggetta a tagli arbitrari dell’elettricità e una costante carenza di energia come risultato del razionamento insufficiente da parte di Israele di carburante, al quale è stato permesso l’accesso verso la costa della striscia a livelli totalmente inefficienti per coprire il fabbisogno di 1.6 milioni di abitanti.

E’ proprio attraverso questa lente che Shamas vede il fallimento nello sviluppare i giacimenti di gas di fronte alle coste di Gaza scoperte 13 anni fa.

Inizialmente il tema dei giacimenti di gas è stato accolto nella speranza che potesse garantire (alla Cisgiordania e Gaza) un maggior livello di autosufficienza,” Shamas spiega.

Scoperti negli anni ’90 dal British Gas Group (gruppo britannico del gas) i giacimenti di Gaza sono grandi , secondo le stime,1- 1.4 bilioni di piedi cubici di volume. Mentre questo ammontare può sembrare piccolo rispetto alle riserve dei paesi del Golfo confinanti, sarebbe sostanzialmente sufficiente per soddisfare i bisogni domestici dei palestinesi per i prossimi 15 anni.

Da quando British Gas ha condotto studi iniziali e concluso che gli sfruttamenti dei giacimenti erano fattibili dal punto di vista finanziario, è stato stipulato un accordo tra British Gas, Il Fondo di Investimento della Palestina e una società chiamata Compagnia Consolidata dei Contrattori per lo sviluppo e commercializzazione degli stessi giacimenti.
 

NESSUNA ESTRAZIONE

Ancora 13 anni dopo che i piani per lo sviluppo dei giacimenti furono progettati, non un singolo gallone è stato estratto.

“Lo sviluppo di questi giacimenti di gas a Gaza romperebbe un importante monopolio di Israele sul rifornimento. Non vogliono che i Palestinesi sviluppino delle proprie risorse energetiche,” dice Shamas.

Victor Kattan, autore e regista del programma del gruppo di ricerca al Shabaka, ha rivelato recentemente che nonostante voci in circolazione perfino recentemente come nel 2011 che gli israeliani stessero negoziando con l’Autorità Palestinese per le condizioni dei loro lavori di scavo della costa a largo di Gaza,  tutti i colloqui si sono fermati addirittura nel 2007 ( Leggere articolo intitolato “I giacimenti di Gaza, un dono o maledizione?)

Durante l’investigazione dello stesso Kattan, è stato scoperto attraverso una fonte presso la Compagnia Consolidata di Contrattori che i piani hanno trovato un insormontabile ostacolo dopo che Israele non ha permesso l’accesso ai Palestinesi ai propri giacimenti prima che avessero promesso di vendere il gas a Israele a prezzi decisamente inferiori rispetto a quelli di mercato.

Israele dovrebbe avere una fonte di carburante dal giacimento di Tamar – a circa 80 chilometri dalla costa di Haifa (Caifa) nel 2012, così questa presa di posizione così intransigente pare avere radici nel desiderio di mantenere politicamente il controllo, piuttosto che assicurarsi gas a basso costo.

“Per un po’ di tempo Israele ha effettivamente dichiarato alla comunità degli affari palestinese “Vogliamo che facciate affari, ma non senza di noi”. Monopolizzare l’accesso a opportunità lavorative è un altro mezzo di controllo che a Israele non costa nulla” dice Shamas.
 

SEGRETEZZA

Omar Shaban, un economista residente a Gaza, definisce l’argomento dei giacimenti di Gaza un “libro nero” per via della mancanza di trasparenza del Fondo d’investimento palestinese – e quante poche informazioni siano note riguardo ad esso. Il Fondo d’investimento palestinese  è un’azienda di capitale speculatorio stabilita nel 2003, con l’intenzione di aiutare a stimolare lo sviluppo economico della Cisgiordania e della striscia di Gaza.

Fino a che Israele ha il monopolio sul rifornimento del carburante, può limitare la quantità consegnata. La compagnia petrolifera israeliana Dor Alon ha diritti esclusivi al momento per quanto riguarda la distribuzione del carburante a Gaza. Agendo sotto ordini diretti delle autorità israeliane, Don Alon consegna solo quello che il governo israeliano permette a Gaza, che è di gran lunga inferiore rispetto a ciò di cui la popolazione ha bisogno.

Questa dipendenza forzata e talvolta anche storpiata, impone tagli giornalieri all’energia nella Striscia di Gaza e impone ai palestinesi di vivere in situazioni di rischio reale. Mentre questi pericoli sono meno evidenti nell’immediato nei Territori Occupati, la capacità di funzionamento dell’economia è minacciata in maniera significativa dal prezzo così alto del carburante israeliano.
 

BISOGNO DI DIVERSIFICARE

Shamas crede che sia importante diversificare le varie fonti di rifornimento di carburante nei Territori Occupati e nello stretto di Gaza per poter iniziare un processo che permetterebbe ai Palestinesi di ridurre e in fine anche sfuggire dal controllo che Israele esercita su una necessità così primaria nella vita di ogni giorno.

Fino al febbraio 2011, il governo di Hamas ha dimostrato con successo i benefici dell’interruzione del monopolio di Israele. Shamas spiega che Hamas era in grado di far funzionare la sola stazione energetica basandola sul carburante arrivato di contrabbando dal Sinai e così soddisfare quasi tutti i bisogni di carburante ad una considerevole riduzione di prezzo.

Con il carburante di contrabbando a Gaza, i conducenti pagavano 1 shekel e mezzo (40 cents) al litro, contro i 7 shekels (1 dollaro e 84) a Israele e Cisgiordania.

Durante quel periodo, circa 600.000 litri di carburante venivano smistati ogni giorno, soddisfando l’80- 90 per cento del fabbisogno della popolazione, secondo le stime di Shamas. “Questo era molto più tollerabili di quando dipendevamo dagli israeliani” ha aggiunto. Ma tutto questo è terminato quando l’Egitto ha bloccato le attività di contrabbando nel Sinai più di un anno fa.

Ora Gaza è stata costretta a ricevere obbedientemente la sua razione giornaliera da Israele.

Recenti colloqui di riconciliazione tra il leader di Hamas Khaled Meshaal e il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas hanno portato ad un accordo che prevede l’Autorità Palestinese ricominci a pagare Israele per fornire carburante a Gaza.

Finchè non verrà chiarito se la popolazione palestinese riceva benefici dal procurarsi il carburante da una terza parte, l’Autorità Palestinese ora pare non intenzionata a valutare queste possibili opzioni. Inoltre, il perché l’Autorità Palestinese abbia così in fretta e silenziosamente battuto la ritirata sull’argomento mentre teneva in pugno il diritto ad una fonte indipendente di carburante ci rende ugualmente – se non maggiormente- perplessi.

Comunque Shamas spera per un mare di cambiamenti nel futuro immediato “ C’è crescente sollecitudine e capacità di ammettere e confrontarsi alla realtà politica” ha aggiunto.

Charlotte Silver
Giornalista residente in Cisgiordania. Può essere contattata scrivendo a charlottesilver@gmail.com

 

Fonte: Electronic Intifada
Traduzione a cura di PalestinaRossa

 

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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