I dirigenti palestinesi stanno replicando alle politiche aggressive del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, presentando nuove strategie, e, a Gaza una dimostrazione di massa che ricorda le tattiche di protesta della Primavera Araba.
Il presidente dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, si dice che stia considerando l’ipotesi di portare Israele davanti alla Corte Penale Internazionale a causa del recente annuncio di Netanyahu che Israele costruirà 3.000 nuove abitazioni per i coloni nell’area E-1 della Cisgiordania. Abbas ha fatto intendere che questo passo sarebbe un’ultima risorsa, ma è una minaccia da prendere seriamente. Il capo di Hamas, Khaled Meshaal, ha partecipato a una celebrazione di diecine di migliaia di persone durante il weekend e ha ripetuto la sua opposizione di lunga data a cedere anche soltanto due centimetri di terra palestinese a Israele.
I politici israeliani lo hanno condannato per aver rifiutato di riconoscere e per voler distruggere lo stato di Israele. Il capo dell’opposizione israeliana, Shaul Mofaz, del partito Kadima ha detto che Meshaal avrebbe dovuto essere assassinato mentre era a Gaza. Nessuno dei dirigenti israeliani che hanno condannato il capo di Hamas sembravano comprendere che la reale minaccia per Israele viene non dalla piccola, povera Gaza, ma dalle politiche dei personaggi della destra israeliana.
Negando uno stato alla Palestina, gli Israeliani sono attivamente impegnati a distruggere la Palestina che avevano accettato di creare con gli Accordi di Oslo che Israele ha firmato nel 1993.
Gli Israeliani impediscono a Gaza di esportare la maggior parte di quanto produce. Al territorio è negato un aeroporto, o un porto marittimo, e vengono imposte severe restrizioni sulle importazioni, gettando molti dei palestinesi che vivono lì nell’insicurezza alimentare che provoca alti tassi di anemia. In Cisgiordania, le autorità israeliane stanno ricorrendo a una segregazione da Israele ancora più robusta che il mondo fa sapere che non accetterà.
La visita trionfante di Meshaal a Gaza ha sottolineato le nuove limitazioni al potere israeliano. Il recente attacco di Netanyahu a Gaza è rimasta una breve guerra aerea, e, al contrario di quanto ha fatto nel 2008-2009, non è riuscita a trasformarsi in una incursione terrestre a causa dell’opposizione avvenuta a questa fase a Washington, a Bruxelles e al Cairo. Il presiedente fondamentalista egiziano, Mohamed Morsi, ha avuto un ruolo chiave nel negoziare un cessate il fuoco, ma quegli stessi colloqui hanno limitato lo scopo dell’abilità di Netanyahu di agire in maniera unilaterale.
Netanyahu rifiuta ostinatamente di recepire il messaggio. Il suo progetto di insediamenti nella zona E-1 taglierebbe in due la Cisgiordania e bloccherebbe per sempre la comparsa di uno stato palestinese. Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-Moon si è riferito al piano come a un “colpo quasi fatale” a qualsiasi soluzione dei due stati.
La dichiarazione è arrivata appena dopo che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva umiliato Israele e l’Amministrazione Obama elevando lo status della Palestina a “stato osservatore non membro,” con 138 delegati a favore della sua promozione, 9 contrari e 41 astenuti. Quel sentimento travolgente favorevole alla Palestina era stato alimentato dall’attacco israeliano di novembre contro Gaza. Netanyahu si è mosso rapidamente per ricordare al mondo che, mentre l’Assemblea Generale poteva essere in grado di condurre giochi politici simbolici, è lui che controlla la terra, l’acqua e l’aria della Cisgiordania Palestinese, e intende annettere definitivamente a Israele tutte e tre, anche se tiene in un regime di blocco economico l’intera popolazione della Striscia di Gaza. Abbas ha replicato rapidamente ricordando a Netanyahu che il nuovo status della Palestina le dà accesso a forum internazionali dove può insistere sul suo caso.
Immaginate la Cisgiordania palestinese come un’arachide con una curva sulla sua metà sinistra. Gerusalemme è nel gomito della curva. Dopo che gli israeliani hanno invaso e occupato la Gerusalemme Est araba, e la Cisgiordania nel 1967, hanno gradualmente annesso parte dell’ultimo territorio al loro “distretto di Gerusalemme.” Nei pochi decenni passati, hanno fatto progetti aggressivi di alloggi sulla terra palestinese attorno a Gerusalemme, circondando la città a occidente.
Costruire un nuovo, grande insediamento nella zona E-1, tra Gerusalemme ovest e il grosso insediamento di Maale Adumin a soli 14 chilometri circa dal confine del Mar Morto con la Giordania, taglierebbe praticamente in due la Cisgiordania, rendendo impossibile uno stato palestinese contiguo. La Cisgiordania era già stata suddivisa da posti di controllo e da autostrade (alcune solo per gli ebrei) in una serie di piccoli bantustan.* Ora, però, l’intero territorio deve essere diviso, proprio come Salomone si era offerto di tagliare in due il neonato conteso. **
Non è mai stato messo in dubbio il fatto che Netanyahu e i suoi soci intendessero rendere impossibile un nuovo stato palestinese, ma la loro sfrontatezza nell’insistere a realizzare questo piano, ha sconvolto le capitali europee. Come replica all’annuncio sulla E-1, i ministri dell’estero di Gran Bretagna e Francia, hanno fatto la insolita mossa di convocare gli ambasciatori israeliani a Parigi e a Londra per far loro una ramanzina, e ci sono state voci che stavano considerando la possibilità di che le due nazioni ritirassero i loro ambasciatori da Israele.
Il Segretario di Stato per gli Affari Esteri, William Hague, si è infuriato con Netanyahu, a quanto si dice, sentendosi tradito perché aveva una grande quantità di capitale politico da parte di Israele per opporsi allo status di “stato osservatore” per la Palestina. Il presidente francese Francois Hollande ha avvertito Israele che questa proposta non era una strada verso la pace, ma ha negato di considerare l’applicazione di sanzioni contro la nazione. Il fatto che tutti si facessero questa domanda,è comunque un segno dell’incredibile cambiamento di opinione del mondo contro le politiche di Israele.
La pressione pubblica sui governi europei per un qualche tipo di sanzioni, in risposta alle politiche di segregazione è potrà soltanto aumentare. I tribunali hanno già trovato che le merci importate nell’Unione Europea dalla società israeliane nella Cisgiordania occupata, non sono idonee per sconti sulle tariffe, al contrario di quelle che arrivano da Israele propriamente detto. Il maggior sindacato dei lavoratori del settore pubblico,in Gran Bretagna, lo Unison, sta boicottando Israele e la quinta più grossa catena di negozi di prodotti alimentari, la Co-OP, rifiuta di importare prodotti dalla aziende agricole dei coloni di Israele che sorgono su territorio palestinese. In tutta Europa, i sindacati dei lavoratori, gli istituti pensionistici e le università stanno sempre più dsininvestendo da imprese che considerano stiano traendo profitti dalla Cisgiordania o ne stiano rendendo possibile l’occupazione. In riposta all’attacco di Israele a Gaza in novembre, 52 importanti attivisti e artisti, compresi i Premi Nobel, hanno chiesto un boicottaggio internazionale militare di Israele.
La guerra di Netanyahu contro Gaza, si è spenta e la sua rapida conclusione sembra aver prodotto soprattutto maggiore popolarità per Hamas e per il suo nuovo protettore, Morsi. La campagna di Netanyahu per impedire che le nazioni del mondo riconoscessero la Palestina come stato osservatore è stata un fallimento epocale. Il nuovo status della Palestina come osservatore all’ONU le dà il probabile accesso alla Corte Penale Internazionale, un modo che forse può bloccare l’aggressiva colonizzazione che Israele conduce nel suo territorio. La annunciata intenzione di Netanyahu di annettersi ancora altra terra nella zona E-1 e di tagliare la Cisgiordania in due parti ha provocato i rimproveri ai suoi ambasciatori e un chiaro riconoscimento che non è così superficiale riguardo a un processo di pace quanto è fermamente deciso a ostacolarlo.
A causa dell’enorme appoggio americano, specialmente al Congresso, e a causa della grande quantità di denaro e di armi che gli Stati Uniti le hanno fornito, la fortezza Israele può andare avanti con il suo progetto di colonizzazione se i suoi capi scelgono di farlo. Israele non può però sfuggire alle due inevitabili conseguenze di questa azione. Se nega lo stato ai palestinesi e insiste a tenersi la terra che appartiene a loro, allora diventerà responsabile del tremendo problema che la Palestina non sarà uno stato. E fino a quando lo fa, sarà sempre di più considerata come uno stato segregazionista e subirà sanzioni che lo debiliteranno, prima dalla società civile e poi dai governi.
Juan Cole
Fonte: ZNet
Traduzione a cura di Maria Chiara Starace