Mentre le organizzazioni continuano a lavorare per la promozione e la tutela dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, il Centro Palestinese per i Diritti Umani, è profondamente deluso dal procuratore della corte penale internazionale che intende non procedere con l’esame preliminare sui crimini commessi in Palestina dal 2002. Si vogliono mettere sotto la responsabilità delle nazioni unite le conseguenze di queste violazioni, con il risultato che gli interessi delle vittime palestinesi sarà ancora una volta rimandato a favore della convenienza politica.
Come risposta all’operazione militare israeliana chiamata “piombo fuso”, che ha portato all’uccisione di oltre 1400 palestinesi , si è presentata una dichiarazione ai sensi dell'articolo 12 (3) dello Statuto di Roma all'Ufficio del Procuratore.
La dichiarazione ha richiesto l'esercizio della giurisdizione della Corte ", allo scopo di individuare, perseguire e giudicare gli autori ei complici degli atti commessi sul territorio Palestinese dal 1 ° luglio 2002." Ai sensi dell'articolo 15 dello Statuto di Roma, il Procuratore ha avviato un esame preliminare per determinare se vi fossero motivi fondati per procedere con un'indagine.
Il 3 aprile 2012, dopo tre anni di attesa per valutare se la richiesta presentata dalla Palestina per l’esercizio della giurisdizione da parte della Corte soddisfasse i requisiti di legge, il procuratore ha concluso che non ha, l'autorità per prendere tale decisione in quanto esiste una determinazione di " cosa è uno Stato ai fini dello Statuto di Roma"
Il procuratore ha ribadito che la corte penale internazionale non si basa sul principio della giurisdizione universale e le indagini possono essere aperte rispettivamente solo dal rinvio del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite o su richiesta di uno Stato, ai sensi degli articoli 13 (b) e 12 dello Statuto di Roma.
Secondo il procuratore, la posizione della Palestina davanti all’assemblea delle nazioni unite è quella di osservatore e deve seguire l’interpretazione e l’applicazione dello Statuto di Roma.
Purtroppo, l'esame del procuratore è incompleto e controverso sia dal punto di vista giuridico che procedurale. La questione cruciale per la procura non è determinare se la Palestina sia uno Stato, ma stabilire se, ai fini dello Statuto di Roma, ha la capacità di trasferire validamente la giurisdizione sui crimini di competenza della Corte. Per giungere a questa valutazione, il procuratore avrebbe dovuto tener conto degli elementi a sua disposizione, alcuni dei quali sono stati tra l’altro elencati nella sua relazione, tra cui importanti recenti sviluppi ,come l'ammissione della Palestina come membro a pieno titolo dell’UNESCO il 31 ottobre 2011. Inoltre la Palestina è stata riconosciuta come Stato da più di 130 governi con delle relazioni bilaterali. Come membro dell'UNESCO, la Palestina è all'interno della "formula Vienna" e, come tale, può diventare uno dei firmatari di altri trattati aperti a "tutti gli Stati", decisione confermata dal parere del consulente legale delle Nazioni Unite del febbraio 1974 . Questa formula prevede che i membri delle Nazioni Unite o di qualsiasi agenzia specializzata delle Nazioni Unite, o una parte dello Statuto della Corte internazionale di giustizia o dell’agenzia internazionale per l’energia atomica rientrino nella categoria "tutti gli Stati". L’ adesione della Palestina all'UNESCO e il successivo inserimento nella "formula Vienna" avrebbe dovuto respingere qualsiasi contenzioso riguardante il suo status di Stato. Mentre il procuratore sostiene che è responsabilità del Segretario generale dell'ONU determinare “come identificare lo stato Palestina, il Segretario generale stesso ha dichiarato che è tenuto a determinare la statalità esclusivamente nel caso in cui non si rientri nella "formula Vienna."
Se il procuratore non accettasse questa tesi, questi elementi basterebbero per fare ricorso, come previsto ai sensi dell'articolo 19 (3) dello Statuto di Roma, alla magistratura autorevole della corte penale internazionale. I giudici della corte penale internazionale potrebbero determinare se la Palestina può qualificarsi come stato oppure no per lo Statuto di Roma.
Il procuratore ha passato la responsabilità al Segretario generale dell'ONU e all'Assemblea Generale. Piuttosto che agire in maniera indipendente e garantire che "i crimini più gravi che riguardano la comunità internazionale non possono rimanere impuniti," secondo quanto stabilito nel preambolo dello Statuto di Roma, il procuratore ha deciso che ancora una volta la questione palestinese finisce sotto politico.
Il Segretario generale dell'ONU rimane il responsabile per esaminare l’adesione presentata da uno Stato per entrare a far parte dello Statuto di Roma, ma resta il fatto che la Palestina non ha presentato alcun documento del genere. Invece, ha cercato la giurisdizione della Corte Internazionale tramite il Procuratore per la gravità delle violazioni del diritto internazionale commesse sul suo territorio e la mancanza di mezzi di ricorso a livello nazionale. In risposta a questa richiesta indirizzata al Procuratore, sulla base dei principi di indipendenza e impegno per porre fine all'impunità che sono inerenti al suo ufficio, quest'ultimo non è riuscito a esercitare il suo ruolo imparziale e ha rimesso la questione agli organi politici delle Nazioni Unite. Ci sono voluti tre anni per concludere l'esame preliminare della situazione della Palestina, contribuendo efficacemente all'impunità di cui Israele gode per la sua prolungata occupazione dei territori palestinesi. Con questo ritardo ingiustificato si colpisce gravemente la salvaguardia delle prove e la raccolta di altre verifiche, che sono essenziali per l'equo e giusto iter dei procedimenti penali. La mancanza di considerazione di questi elementi, con la decisione di non adempiere alla sua responsabilità legale, rinviando la questione alla politica, ha creato grossi danni alla credibilità dello stesso Procuratore.
La conclusione negativa per l'esame preliminare della situazione in Palestina della Procura della Repubblica, dovrebbe servire come campanello d'allarme per i rappresentanti politici palestinesi: occorre impegnarsi realmente per far avanzare la causa per la giustizia delle vittime palestinesi all'interno del sistema giuridico internazionale. Il PCHRO, quindi, dovrebbe riconoscere questo come un'opportunità ed esortare i rappresentanti politici palestinesi per assicurarsi che l'esame preliminare del Procuratore possa essere riattivato rapidamente premendo con il processo iniziato nel 2009. Questo si potrebbe raggiungere tramite una risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per chiarire lo status dello stato Palestinese accreditandolo come membro della comunità internazionale. Completare questo processo potrebbe facilitare l'accesso ad ulteriori strumenti giuridici internazionali, tra cui lo Statuto di Roma.
Fonte: ADDAMEER
Traduzione a cura di PalestinaRossa