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La tortura, il dislocamento e la resistenza: la storia di Salameh Kaileh

C'è una piccola torsione nel racconto, però. Il protagonista palestinese di questa storia - intellettuale marxista e dissidente Salameh Kaileh - è stato arrestato, torturato e poi deportato dal regime siriano che da tempo si dipinge come un paladino della causa palestinese e baluardo della resistenza al sionismo e all'imperialismo.

Nelle prime ore del 24 aprile, agenti dei servizi segreti siriani in borghese hanno fatto irruzione in casa di Kaileh Barzeh, in un quartiere a Damasco, e lo hanno arrestato. Il suo legale Anwar Bunni, avvocato dei diritti umani presso il Centro siriano per gli studi legali e di ricerca, ha detto che Kaileh è stato arrestato a casa sua "senza spiegazione" e che la sua cattura è l'ennesimo tentativo di"imbavagliare" la libertà di espressione in Siria.

Dopo aver trascorso quasi tre settimane in detenzione segreta, Kaileh è stato rilasciato e forzatamente trasferito in Giordania, alla vigilia della Giornata della Nakba. In una sua intervista dopo la sua espulsione, ha denunciato le terribili condizioni cui fu sottoposto durante la sua permanenza presso l’Intelligence Branch Air Force nell'ospedale militare del distretto di Al Umawiyin.

I segni e i lividi delle  gravi  percosse che ha dovuto subire durante gli interrogatori erano evidenti, ma Kaileh sosteneva che ciò che aveva vissuto fosse solo "una piccola parte" di ciò che altri detenuti, con i quali aveva diviso una cella, avessero sopportato.

Durante l'interrogatorio l'Intelligence Air Force lo ha subissato di domande su un opuscolo intitolato "La sinistra" che è stato trovato in casa sua, ma Kaileh ha negato di aver avuto a che fare con la stampa dei volantini.

Kaileh ha riferito di aver ricevuto fortissime bastonate per uno slogan negli opuscoli che recita: "Al fine di liberare la Palestina, il regime siriano deve cadere". Gli interrogatori sono stati particolarmente violenti, ha inoltre dichiarato di essere stato gravemente picchiato con un cavo elettrico e frustato sulle piante dei piedi con un bastone di bambù.

Kaileh ha raccontato ad Amnesty International che la momento peggiore della sua detenzione è stato il tempo trascorso nell'ospedale militare, dove molti pazienti erano stipati in un letto con le mani e i piedi incatenati e i volti coperti.

"Siamo stati costretti a defecare e urinare nei nostri letti, e siamo stati picchiati se si osava parlare gli uni agli altri. Ma ho ricevuto meno botte rispetto ad altri. Non era un ospedale, era un macello ", ha dichiarato Kaileh.

Nato nella città palestinese di Bir ​​Zeit nei pressi di Ramallah, Kaileh si è laureato presso l'Università di Baghdad in Iraq nel 1979 con una laurea in scienze politiche. Si trasferisce poi a Damasco, dove la maggior parte del suo lavoro consisteva nella scrittura di testi critici e nella lotta per la libertà e la giustizia sociale. Ha scritto su moltissimi argomenti, dal nazionalismo arabo contro l'imperialismo, alla globalizzazione.

Un critico incallito, i cui scritti sono caratterizzati da giudizi feroci e senza compromessi alla sinistra araba. Secondo Kaileh, non solo la sinistra araba ha fallito miseramente nella resistenza all'oppressione, ai regimi tirannici, ma ha anche macchiato l'eredità socialista e marxista e smentito i valori che sostiene di rappresentare, trasformandosi in un movimento reazionario e cavalcando l’onda del nazionalismo arabo repressivo e il baathismo. La critica di Kaileh alla sinistra borghese e alle sue lacune mira a creare e cristallizzare una nuova sinistra rivoluzionaria araba.

I professori Omar Dahi e Vijay Prashad hanno scritto  a proposito di  Kaileh su Jadaliyya, "Salameh ha affilato la sua intima visione del nazionalismo arabo e del marxismo, riferendosi alla sua simultanea e implacabile critica all'imperialismo occidentale, ai regimi arabi conservatori, e soprattutto, al sionismo".

L'opposizione di Kaileh alle politiche del defunto dittatore Hafez al-Assad e la sua lotta per la democrazia e la libertà sotto il dispotico regime baathista, hanno portato al suo imprigionamento l'11 marzo 1992. Ha trascorso quattro anni in carcere, tra cui diversi mesi in isolamento, subendo gravi torture prima del processo e della condanna definitiva a 8 anni nel 1996.

Kaileh è stato rilasciato nel marzo 2000 dopo aver trascorso gli ultimi due anni nella famigerata prigione di Tadmor, che descrive come un "campo di concentramento".

Alcuni mesi dopo il suo rilascio, gli è stato diagnosticato un cancro, ma né il suo grave stato di salute, né gli anni dolorosamente lunghi di prigionia e di tortura, hanno potuto soffocare la sua determinazione a lottare per la libertà politica in Siria, in Palestina e nel mondo arabo in generale.

Mai è stata tanto inesorabile la convinzione di Kaileh per la libertà e la giustizia, come durante la rivolta in corso per rovesciare il regime di Bashar Assad. In un momento in cui la "sinistra" araba mainstream continua a voltare le spalle alla lotta estremamente coraggiosa dei rivoluzionari siriani, schierandosi con il regime o facendosi docilmente in disparte, Kaileh sostiene la rivolta siriana sin dalla sua comparsa il 15 marzo 2011.

Non è stata una sorpresa quindi, che le forze di sicurezza siriana abbiano cercato di mettere a tacere Salameh Kaileh, anche se un simile tentativo sarebbe -ancora una volta -una presa in giro del logoro regime, della ridicola propaganda per cui la rivolta siriana sarebbe una cospirazione imperialista-sionista guidata da  "gruppi armati" salafita che puntano al regime per il suo ruolo nella salvaguardia della resistenza.

Ci sono migliaia di prigionieri politici che stanno deperendo nelle carceri siriane e nei campi di tortura. Sono meno privilegiati e fortunati di Salameh Kaileh, i loro nomi e  volti non sono famosi, non hanno pubblicato libri e i loro casi non attirano l'attenzione dei media e delle organizzazioni dei diritti umani.

Ciò che mette in risalto il caso di Salameh Kaileh è che il regime siriano non fa distinzione tra un palestinese e un siriano o tra un intellettuale e un contadino. Chiunque si opponga al regime può essere una vittima della sua sistematica tortura, arresto arbitrario e persino pagare con la loro vita.

Kaileh tuttavia, è certo che il regime cadrà: «Se vedete la resistenza dei giovani detenuti, anche dopo aver subito torture terribili, vi rendete conto che questo regime non è sostenibile".
 

Fonte: Ma'an
Traduzione a cura di PalestinaRossa

 

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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