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Sulla normalizzazione e la cooperazione

L'attivista marocchino Sion Assidon risponde alla recente serie di articoli sulla normalizzazione pubblicati dall'Alternative Information Center, chiedendo che si ponga fine al progetto di pulizia etnica di Israele e che venga attuato il diritto al ritorno dei profughi palestinesi, compreso il risarcimento per i beni sottratti.

Le tre esigenze riscontrate da Michael Warschawski per la liberazione della Palestina sono le espressioni che si riferiscono all'adempimento del diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese sul suo territorio. Gli attivisti israeliani devono riconoscere il ruolo di leadership dei loro partner palestinesi in lotta: questa sembra essere la conclusione dell'autore.

Vorrei fare alcune osservazioni rispetto alle tre richieste:

  1. 1. Fine dell'occupazione coloniale: si tratta di un concetto generale - la fine dell'ultimo residuo coloniale del 21° secolo. L'uso di questa definizione, apparentemente intenzionale, non determina i confini, né temporali né spaziali. Il colonialismo ha un passato e un futuro e, naturalmente, appare nel presente. Forse in questo caso c'è un problema di traduzione: forse l'autore ha scritto "la fine dell'occupazione coloniale" riferendosi all'esproprio delle terre (istitan) e non alla fine del colonialismo (istimar) stesso.
    Se è così, vorrei scegliere "la fine del progetto di pulizia etnica" al di là della Linea Verde, in tutte le sue forme. L'applicazione della pulizia etnica non si traduce solo in una guerra aperta contro la popolazione civile (a Jenin come a  Gaza), ma arriva ad essere una guerra celata e quotidiana che trasforma la vita dei palestinesi in un inferno: occupazione dei luoghi, furto di terra e acqua, demolizione di case, sradicamento di alberi e ostacoli infiniti al quotidiano svolgimento della vita, come l'accesso all'istruzione e alla salute, la libertà di movimento, le torture, le detenzioni e l'assassinio di leader e attivisti.
     
  2. I diritti della minoranza palestinese in Israele: a questo vorrei aggiungere la fine del regime di apartheid sionista e il rispetto dei diritti.
     
  3. Diritto al ritorno dei profughi palestinesi, tra cui ovviamente un risarcimento per le proprietà rubate: questo si riferisce a coloro che non hanno nulla e che hanno anche perso il diritto a vivere nella loro patria.

La potenza e la connessione tra queste tre richieste si trovano nel fatto che uniscono tutto il popolo palestinese che il progetto coloniale sionista ha disperso e separato attraverso varie forme di oppressione, con il quale si possono spiegare alcune delle divisioni interne dei palestinesi. Si deve aggiungere che questa analisi è piuttosto semplicistica, e che la realtà è intrinsecamente più complessa di quanto questi tre punti vogliano far sembrare.

In effetti, su questi tre punti fondamentali non siamo in disaccordo, ma in questa analisi Warschawski fa appello sia agli attivisti israeliani, che necessitano di una bussola per le loro azioni di solidarietà, sia agli attivisti palestinesi che, nel loro nazionalismo arabo, temono la cooperazione con gli attivisti anti-sionisti, perché potrebbe essere interpretata come una normalizzazione dello status quo coloniale. Nel costruire questo ponte, che non ha nulla a che fare con il nefasto "dialogo" o i vari "programmi", si promuove "la primavera" di domani.

Credo che l'articolo del mio amico Michael non mancherà di suscitare il dibattito di cui è degno, e che sarà una guida per la solidarietà radicata su una prospettiva storica e fondata sul percorso di vita del mio amico Michael.

Sion Assidon
Attivista marocchino di sinistra che ha trascorso numerosi anni come prigioniero politico in Marocco. Oggi è tra gli organizzatori del movimento di solidarietà con il popolo palestinese in Marocco, attivista della sinistra marocchina e tra i fondatori del Maghreb Social Forum.

Fonte: Alternative Information Center
Traduzione a cura di PalestinaRossa
 

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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