Chef Rubio, denunciato come “odiatore”, ha replicato prontamente alla denuncia presentata dai legali della senatrice Liliana Segre, anche se per ora non ha ricevuto nessuna comunicazione ufficiale.
“Chiedere a Liliana Segre di denunciare i crimini della colonia d’insediamento israeliana e dell’esercito nazista che da 74 anni porta avanti la pulizia etnica del popolo nativo palestinese (semita) sarebbe incitare all’odio? I silenzi di parte sono odio, non chi resiste”. Una risposta nello stile diretto e ruvido a cui Chef Rubio ci ha abituato.
Dal suo profilo twitter, il noto chef televisivo ha anche rilanciato il post dello scorso 21 aprile, quello in cui rilevava il silenzio della senatrice a vita di fronte ai soprusi di Israele nei confronti dei palestinesi, e che gli è costato la denuncia come “odiatore”.
Il post di Chef Rubio, è stato condiviso con la frase “La famosa istigazione all’odio”. “’Palestinesi? Non mi occupo di politica’. Cit. Liliana Segre. Vedo che però te ne occupi quando si tratta degli ucraini. Lasciami dire che il tuo silenzio sistematico nei confronti della pulizia etnica che il popolo palestinese sta subendo da 74 anni è disgustoso”.
Dove sarebbe dunque l’odio evocato dalla senatrice e da mass media come sempre servili?
Viene denunciato il silenzio sulla pulizia etnica israeliana contro i palestinesi in un momento in cui tutto il mondo politico si sente in dovere di palesare la propria sensibilità a diritti umani, legalità internazionale e autodeterminazione dei popoli, ma esclusivamente per l’Ucraina o, in alcuni casi, per l’Iran, mai sulla Palestina.
La denuncia contro Chef Rubio ha suscitato però anche manifestazioni di solidarietà con l’accusato. “Chiedere di prendere posizione sulla questione palestinese non è odio né antiebraismo, Solidali con Chef Rubio, se finirà in tribunale saremo con lui”, scrive il Forum Palestina, e decine di commenti in circolazione sui social.
E’ doveroso poi sottolineare un dettaglio. Dei 24 “odiatori” denunciati dalla senatrice Segre, ben 23 sono account anonimi, solo Chef Rubio è stato accusato con nome e cognome (Gabriele Rubini).
In sostanza, gli odiatori riconducibili all’antiebraismo più becero e razzista restano anonimi. L’unico a finire alla gogna è un personaggio pubblico impegnato al fianco dei palestinesi. Difficile non cogliere il segno peloso dell’operazione.
La estrema dilatazione e strumentalizzazione del concetto – ed ora del reato – “di odio”, grazie alla sua estrema vaghezza, sta apertamente sconfinando in un attacco alla libertà espressione, come nel caso osservato.
Si va introducendo un criterio e un perimetro in cui parlare male dei potenti, dei padroni o dei personaggi politici configura una fattispecie di reato a geometria variabile: dipende da chi parla e contro chi parla, sempre meno da come parla.
Infine, e non certo per importanza, esiste il rischio dell’autocensura. Qualcuno ritiene che Chef Rubio sia troppo “ruvido”. Francamente troviamo assai più insopportabili i discorsi “politically correct” che non dicono nulla e tacciono sulle questioni ritenute “divisive”.
Sarà perchè Chef Rubio lo abbiamo trovato in mezzo ai portuali che bloccavano il traffico d’armi per le guerre, mentre i suoi stigmatizzatori sostengono e votano l’invio delle armi per la guerra.
A furia di aver paura della parole potremmo finire piano piano con il dover rimanere zitti.
Giammai!!
Fonte: Contropiano