Antisionismo

ISRAELE E’ UN PAESE DA IMITARE? PER NICOLA ZINGARETTI, SI

Il Presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti (PD), con un suo intervento sulla rivista “Shalom” ha comunicato che Israele è un Paese da imitare. In questo spirito, su iniziativa della Provincia di Roma, il 4 e 5 luglio si terranno le “Giornate della creatività e dell’innovazione”, con lo Stato ebraico ospite d’onore.

Perché Israele sarebbe un Paese da imitare? Per l’ideologia sionista e l’occupazione della terra palestinese? Per la pulizia etnica di Gerusalemme e di ampie parti della Cisgiordania? Per l’assedio della Striscia di Gaza? Per le migliaia di prigionieri politici, centinaia dei quali detenuti da anni senza accuse e senza processo? Per il suo arsenale nucleare militare? Per il Muro dell’Apartheid, che ha trasformato città e villaggi palestinesi in altrettante prigioni a cielo aperto? Per la sua legislazione teocratica e razzista, che discrimina fra cittadini ebrei e non ebrei? Per le decine di Risoluzioni dell’ONU che si è sempre rifiutato di applicare? Per le sue innovazioni tecnologiche, come il fosforo bianco? Per la strage dei pacifisti della Freedom Flotilla?

I tentacoli sionisti nelle "stanze dei bottoni" italiane

La “Casa della Memoria” di Roma ha deciso di bloccare la presentazione della mostra “Notte molto nera – Sabra e Chatila, una memoria scomoda” (mai titolo fu più indovinato), sul massacro voluto dai sionisti nei campi profughi del Libano di Sabra e Chatila.

Da questa decisione emergono due elementi: in primis la subalternità del Comune di Roma e di chi gestisce la “Casa della Memoria”, che forse sarebbe bene rinominare “dell’oblio”, unita al potere della lobby sionista romana e della sua ambasciata e all'elevato numero di persone che ingiustificatamente si schiera a favore dello stato occupante anche quando questi commette crimini contro l’umanità, perpetuati da prima del 1948 fino ad arrivare ad alcuni dei più gravi delitti contro la dignità umana, come il massacro di Sabra e Chatila e l'aggressione al popolo palestinese di Gaza a cavallo tra il 2009 e il 2010 (testimoniata con grande coraggio dal quotidiano “Il Manifesto” attraverso gli occhi e le parole di Vittorio Arrigoni).

Se lo squadrismo sionista usa penna e manganello, occorre riscoprire l’attualità e l’universalità dell’antifascismo contro le ideologie razziste

Un nostro compagno ci ha girato un articolo apparso sul sito della Comunità Ebraica con l’eloquente titolo "Processo a Israele in Municipio" a firma di Fabio Perugia. L’articolista apre il suo pezzo con la domanda: Mentre Israele celebra la sua fondazione, i palestinesi ricordano la ‘Nakba’, la cacciata. Ma perché ospitare un processo politico contro lo Stato ebraico in un Municipio di Roma?

La risposta viene spontanea: perché, caro Perugia, siamo in Italia, a Cinecittà, e non in Israele dove purtroppo ricordare la Nakba è reato. Qui in Italia se ne può parlare liberamente  anche in un Municipio. E nonostante una legge liberticida, molti palestinesi ed israeliani democratici quest’anno hanno ricordato in Palestina la tragedia della nakba, in alcuni casi in manifestazioni comuni.

Israele: chiamiamolo fascismo

I nostri nonni dicevano che se qualcosa sembra un’anatra, starnazza come un’anatra e cammina come un’anatra, allora è un’anatra. Allo stesso modo, possiamo dire che se uno Stato agisce come un regime fascista, promuove leggi fasciste, utilizza termini fascisti e la sua popolazione reagisce in modo fascista, allora quello Stato è fascista.


Miri Regev, ex portavoce dell’esercito israeliano e attuale parlamentare,
ha definito i richiedenti asilo africani in Israele “un cancro”
(Foto: Moshe Milner, Ufficio Stampa del governo israeliano)

Per molti anni, ho avvertito del pericolo di utilizzare la parola “fascismo” per definire lo Stato di Israele. Il regime israeliano è prima di tutto un regime coloniale, mosso da considerazioni coloniali volte all’esclusione della popolazione indigena e alla confisca della sua nazione e delle sue terre. L’uso del termine “fascismo” serviva ad ammorbidire il carattere coloniale del progetto sionista e dello Stato di Israele.

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