Quando i politici palestinesi parlano con i giornalisti si impossessa improvvisamente di me una nostalgia di Trotskij. Se la memoria non mi tradisce, i testi di storia narrano come, da ministro degli esteri del primo governo bolscevico, Trotskij ordinò che fosse pubblicata tutta la corrispondenza diplomatica del governo zarista. Come si combattono gli imperi? Si rivelano quello che vogliono celare. Vero, ma i bolscevichi abbandonarono ben presto questo approccio sovversivo e divennero esperti di occultamento. Ma non ci sono ordini di tenere la bocca chiusa sulla nostalgia e certamente non contro la citazione di quanto noioso sia il talento dei rappresentanti palestinesi nell’essere generosi di dichiarazioni e avari di informazioni, specialmente in tempo reale.
Nel 1994 coltivavo ancora la speranza romantica, anche se chiaramente irrealistica, che i palestinesi avrebbero fornito dettagli precisi su processo dei negoziati con i rappresentanti israeliani. Ipotizzare, correttamente, che la supremazia militare israeliana si sarebbe tradotta in arroganza, in estorsioni e in gentilezza artificiosa al tavolo dei negoziati. E nella mia grande ingenuità speravo che i palestinesi avrebbero adottato l’approccio sovversivo di dire al mondo che cosa stava succedendo, essere questo uno dei pochissimi mezzi a loro disposizione per alterare l’iniquo rapporto di forze.