Razzismo

Quando la negazione dell’esistenza dei palestinesi diventa un genocidio

Durante una maestosa intervista rilasciata alla stampa israeliana alla vigilia della “Giornata dell’Indipendenza” Shimon Peres, l’attuale presidente israeliano, ha detto che: «Ricordo come è iniziato il tutto. L’intero stato di Israele è un millimetro dell’intero Medio Oriente. Un errore statistico, una terra arida e deludente, paludi a nord, il deserto a sud, due laghi, di cui uno morto, ed un fiume sopravvalutato. Nessuna risorsa naturale ad eccezione della malaria. Quì non c’era niente. Ed ora abbiamo la migliore agricoltura del mondo? Questo è un miracolo: una terra costruita dal popolo» (Maariv, 14 Aprile 2013).

Questo racconto inventato espresso dal cittadino numero uno e portavoce di Israele evidenzia quanto la narrazione storica sia parte della realtà attuale. Questa impunità presidenziale riassume la realtà alla vigilia della 65° commemorazione della Nakba, la pulizia etnica della Palestina storica. 65 anni dopo il fatto inquietante non è che il capo del cosiddetto stato ebraico, ed anche la quasi totale maggioranza del neoeletto governo e del parlamento,  sostenga questo punto di vista. Il fatto preoccupante e provocatorio è l’immunità globale accordata a questa impunità.

Solidarietà internazionale con la Palestina: osservazioni personali

Dopo aver recentemente scoperto una pagina di solidarietà su Facebook dal titolo “Internationl Community to save Palestine” che in questo momento ha più di 8000 like, il problema della solidarietà con la lotta palestinese, deve essere ancora una volta chiarito. Anche se tutti quelli a cui piace questa pagina hanno le migliori intenzioni, il termine “salvare” porta con sé molte connotazioni pericolose e non dovrebbe in alcun caso essere accettato. Sin dall'inizio dell'attivismo internazionale, c'è sempre stata una linea sottile tra la solidarietà e la vittimizzazione, specialmente riguardo la causa palestinese.

Quando gli internazionali iniziano ad apprendere e comprendere meglio gli orrendi atti coloniali di Israele, ciò motiva molti di loro a mobilitarsi per porre in luce questi crimini contro l'umanità; ma questo non li rende dei portavoce per i palestinesi, né questo vuol dire che possono continuare a trattare i palestinesi come inferiori. Come palestinese, ciò deve essere chiaro: abbiamo una voce nostra e non abbiamo bisogno di persone che parlino al posto nostro, non siamo muti e rifiutiamo di essere silenziati. Quindi, è cruciale comprendere che prendere la posizione di parlare al posto dei palestinesi equivale a commettere l'atto di silenziare i palestinesi. Se vuoi mostrare solidarietà, agisci come un'eco anziché una voce dell'appello per la liberazione e la giustizia.

Intervista sulla questione palestinese a Susanna Senigallia e a Wasim Dahmash

L’intervista è stata realizzata in occasione della presentazione del libro “Ebrei arabi: terzo incomodo?” Edizioni Zambon. Il libro è una raccolta di saggi sul conflitto israelo-palestinese, curato da Susanna Sinigaglia, ebrea pacifista, scrittrice e traduttrice e con la presentazione di Wasim Dahmash, palestinese, professore di Lingua e Letteratura araba all’Università di Cagliari.

L’iniziativa, svoltasi il 3 novembre 2012, è stata organizzata dall’Istituto Euro Arabo di Studi Superiori, in collaborazione con il Liceo scientifico e classico G. P. Ballatore e col patrocinio dell’Amministrazione Civica di Mazara del Vallo.

F. M. Con Susanna Sinigaglia parleremo del suo ultimo libro intitolato “Ebrei arabi: terzo incomodo?”, che è una raccolta di scritti inediti che cerca di dare una risposta al problema della questione palestinese. Come nasce questo suo volume?

Come Israele fa deragliare le promettenti carriere delle star del calcio palestinese

Questo mese l'ex ministro dello sport Marie-George Buffet ha alzato la propria voce per chiedere ai responsabili del calcio europeo di cancellare il piano di tenere il suo campionato Under ventuno in Israele.

La Buffet ha scritto al presidente della Uefa Platini, dicendogli che le restrizioni imposte da Israele alla libertà di movimento degli atleti palestinesi e le immotivate carcerazioni di giocatori della squadra nazionale palestinese "sono incompatibili con i valori dello sport che dovrebbero essere rispettati quando si organizza una delle più importanti competizioni internazionali".

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Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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