Territori occupati

1948 - 2012 La Nakba, una catastrofe non solo palestinese

L’anniversario della Nakba quest’anno cade mentre nelle carceri israeliane i palestinesi hanno ingaggiato una lotta durissima: la “battaglia delle pance vuote”, lo sciopero della fame in difesa della propria dignità e per il rispetto dei più elementari diritti.

Bilal e Thaer sono al 74° giorno di sciopero della fame, ormai allo stremo. Rifiutano il cibo dei carcerieri per protestare contro la detenzione amministrativa, cioè la detenzione senza contestazione di accuse al detenuto e senza processo. Bilal è stato arrestato il 17 agosto 2012, Thaer il 28 giugno 2010. Nonostante la situazione drammatica, perseverando nell’arbitrio e nell’uso terroristico degli strumenti coercitivi pochi giorni fa la corte militare israeliana ha respinto la richiesta di liberazione. Il regime repressivo israeliano è uno dei mezzi più efferati con cui l’architettura statuale sionista perpetua il suo progetto neocoloniale. Terrorismo nei confronti della popolazione palestinese: non c’è altro termine che possa definire l’uso indiscriminato degli arresti, della carcerazione preventiva , della negazione di assistenza legale per oltre 90 giorni, che lascia i prigionieri alla mercé delle forze di sicurezza.

Vite occupate: il diritto al lavoro dei palestinesi

Come organizzazione impegnata nella promozione e la protezione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati, Al Haq coglie l’occasione della Festa Internazionale dei Lavoratori per attirare l’attenzione sugli ostacoli che limitano il diritto al lavoro dei palestinesi nei TPO.

In un periodo storico in cui i diritti internazionali dei lavoratori sono al centro dell’attenzione mondiale, quelli dei palestinesi della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e della Striscia di Gaza sono ancora severamente limitati dalle politiche illegali dell’occupante israeliano. Il tasso di disoccupazione dei Territori è sopra il 21%, in particolare a causa degli ostacoli, costantemente in aumento, che i palestinesi affrontano quando tentano di trovare un impiego o semplicemente vivere secondo il loro tradizionale stile di vita.

VIETATO CRITICARE I GOVERNI IN CISGIORDANIA E GAZA

Giornalisti e blogger nel mirino dei servizi di sicurezza di Abu Mazen mentre Hamas avverte che si rischia l'arresto parlando in pubblico delle cause della crisi energetica a Gaza.

Ramallah/Gaza, 07 aprile 2012
(nella foto il giornalista Yousef al Shayeb)

Nei Territori occupati è vietato criticare le autorità palestinesi. In Cisgiordania giornalisti e blogger sono presi di mira dai servizi di sicurezza dell’Anp (cioè Fatah) mentre a Gaza chi attacca il governo di Hamas per la mancanza di carburante, rischia una pesante multa e perfino il carcere. I due «governi» fanno a gara nel complicare la vita della popolazione già alle prese con l’occupazione militare israeliana. Ne sa qualcosa Asmat Abd al Khaleq, una giornalista arrestata a fine marzo a Ramallah dalla polizia politica dell’Anp per aver attaccato su facebook il presidente Abu Mazen. La procura rifiuta di rilasciarla su cauzione e la giornalista rischia di essere processata per «vilipendio del presidente e del governo» nonostante l’articolo 19 dello Statuto palestinese garantisca la libertà di espressione.

ANP RIPRENDE COLLOQUI CON ISRAELE, TRATTATIVA O RESA?

Ieri notte incontro in Giordania tra i team di negoziatori. Entro un mese il premier israeliano Netanyahu e il palestinese Fayyad al tavolo dei negoziati. Prosegue un processo di pace che in 20 anni ha cancellato le ambizioni palestinesi. E Israele mostra la sua forza: 1.121 nuove unità abitative nelle colonie.

Beit Sahour (Cisgiordania), 5 aprile 2012
(nella foto, la colonia israeliana di Har Homa, tra Gerusalemme e Betlemme)

Dopo vent’anni di negoziati fallimentari che hanno portato al tavolo del “dialogo” l’occupante e l’occupato – una resa mascherata da trattativa – Israele e Palestina presentano alla comunità internazionale un nuovo impegno. Come annunciato da funzionari del governo di Tel Aviv, il prossimo mese sarà teatro di un incontro tra il premier Benjamin Netanyahu e il primo ministro dell’Autorità Palestinese Salam Fayyad.

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Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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