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Nablus. Un medico della Mezzaluna Rossa è stato ferito, giovedì, mentre cercava di soccorrere i feriti durante un’incursione dell’esercito israeliano nella cittadina di Beita, a sud della di Nablus.

Ahmad Jibril, responsabile dei servizi di ambulanza e di emergenza della Mezzaluna Rossa a Nablus, ha dichiarato che le forze di occupazione israeliane (IOF), che hanno fatto irruzione a Beita nelle prime ore di giovedì e vi sono rimaste per sei ore, hanno sparato proiettili di metallo rivestiti di gomma contro un’ambulanza che cercava di raggiungere i feriti. Un medico è stato ferito alla gamba.

Ha aggiunto che altre due persone sono state ferite con proiettili di metallo rivestiti di gomma sparati dai soldati, mentre decine hanno sofferto gli effetti dei gas lacrimogeni, sparati pesantemente nella cittadina mentre i residenti affrontavano i soldati.

Le IOF hanno fatto irruzione a Beita, presumibilmente alla ricerca di un fuggitivo, e hanno fatto irruzione in decine di abitazioni lasciando dietro di sé il caos nelle case, mentre alcuni hanno riferito di aver perso del denaro durante le incursioni.

L’esercito ha anche imposto una punizione collettiva a Beita, chiudendo tutte le strade con cumuli di terra e istituendo posti di blocco, ostacolando la circolazione delle persone dentro e fuori la cittadina assediata.

(Fonte: WAFA).

Ramallah. La Commissione palestinese per gli Affari dei detenuti ed ex-detenuti ha definito come “estremamente preoccupanti” le condizioni di salute dei prigionieri in sciopero della fame Maher al-Akhras e Kayed al-Fasfous.

In una dichiarazione rilasciata giovedì, la Commissione ha affermato che l’autorità d’occupazione israeliana continua a detenere i due prigionieri in dure condizioni di carcerazione e a maltrattarli per annientare la loro volontà e costringerli a terminare lo sciopero della fame.

Secondo la Commissione, Maher al-Akhras, 52 anni, della cittadina di Silat al-Dhahr, a Jenin, è in sciopero della fame da 23 giorni per protestare contro la detenzione amministrativa.

Akhras soffre di dolori in tutto il corpo, tra cui al cuore e allo stomaco, oltre a forti vertigini e debolezza fisica. Soffre già di ipertensione e si rifiuta di assumere farmaci o vitamine per fare pressione sui carcerieri israeliani affinché pongano fine alla sua detenzione.

Akhras è stato rapito dalla sua casa a Silat ad-Dhaher il 23 agosto 2023 e da allora è imprigionato in base ad un ordine di detenzione amministrativa, senza accusa né processo.

L’ultimo sciopero della fame di Akhras nel 2020, durato 103 giorni, ha attirato un’ampia solidarietà locale e internazionale.

Per quanto riguarda il prigioniero Kayed al-Fasfous, ha iniziato lo sciopero della fame più di 40 giorni fa e soffre di dolori fisici, estrema stanchezza e vertigini, e non riesce a stare in piedi e a muoversi, secondo quanto riferito dalla Commissione.

Fasfous, della cittadina di Dura, a Hebron, è in detenzione amministrativa dal 2 maggio 2023. È un ex-prigioniero che ha trascorso circa sette anni in diverse carceri israeliane.

(Fonti: PIC e AlQuds)

Ramallah. Il primo ministro palestinese, Muhammad Shtayyeh, ha invitato il Regno Unito a riconoscere lo Stato di Palestina, a sostenere la sua piena adesione alle Nazioni Unite e a fornire aiuti alle istituzioni palestinesi.

Durante l’incontro con il ministro degli Esteri britannico James Cleverly, avvenuto martedì a Ramallah, Shtayyeh ha sottolineato che “domani sarà troppo tardi se non si agisce oggi”.

“Il Regno Unito ha una responsabilità morale e storica nei confronti del popolo palestinese”, ha aggiunto, e “deve essere un attore positivo nella realizzazione dei diritti del popolo palestinese e nella ricerca di una soluzione politica che soddisfi le sue aspirazioni”.

“Alla luce del deterioramento della situazione sul terreno, la soluzione a due Stati sta svanendo e viene violata quotidianamente e sistematicamente, e diventerà difficile metterla in pratica”.

Ha poi invitato il Regno Unito a proteggere la soluzione a due Stati impegnandosi seriamente e ai più alti livelli nel processo politico insieme agli Stati Uniti e alla comunità internazionale per creare un orizzonte politico con l’obiettivo di porre fine all’occupazione e stabilire uno Stato palestinese.

Shtayyeh ha aggiunto che Israele e la Palestina non dovrebbero essere trattati sullo stesso piano, aggiungendo che c’è uno Stato occupante e uno Stato ed un popolo sotto occupazione. “Chiediamo di riconsiderare le politiche britanniche e che il suo discorso sia coerente con la sua fede nella soluzione a due Stati e nel diritto internazionale”.

Il Regno Unito, ha aggiunto, deve anche chiedere a Israele di rispettare gli accordi che ha firmato, di permettere lo svolgimento di elezioni in tutti i Territori palestinesi, compresa Gerusalemme, e di fare pressione su Israele affinché rilasci le salme delle vittime.

(Fonte: MEMO).

Cisgiordania e Gaza. Le autorità di occupazione israeliane hanno annunciato oggi, giovedì, che imporranno una chiusura totale dei valichi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, a partire da domani, venerdì a mezzogiorno, in conformità con le istruzioni del governo israeliano e una valutazione della situazione della sicurezza, con il pretesto del Capodanno ebraico.

La radio ufficiale israeliana Kan ha riferito giovedì mattina che è stato deciso di chiudere i valichi, sulla base di una valutazione della situazione della sicurezza e delle direttive politiche, imponendo un cordone sui passaggi di “frontiera” della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, a partire da venerdì a mezzogiorno e fino alla notte tra sabato e domenica, in coincidenza con il Capodanno ebraico.

Le autorità di occupazione hanno affermato che “l’attraversamento sarà consentito solo in casi umanitari, medici ed eccezionali, previa approvazione del Coordinatore delle operazioni governative nei Territori occupati”.

Quando la chiusura include la Striscia di Gaza, le autorità di occupazione chiudono i valichi commerciali di Karm Abu Salam (Kerem Shalom) e Beit Hanun (Erez) per la circolazione delle persone, a nord della Striscia assediata.

Per quanto riguarda la Cisgiordania, è stata congelata la validità dei permessi di lavoro posseduti dai lavoratori palestinesi, oltre al funzionamento di alcuni posti di blocco e alla chiusura di numerose strade che attraversano gli insediamenti.

L’esercito di occupazione impone una chiusura totale della Cisgiordania e della Striscia di Gaza in occasione dello Yom Kippur, a partire dalla mezzanotte di sabato e domenica 24 settembre, fino alla notte del 25 settembre.

L’occupazione israeliana chiude, inoltre, tutti i valichi che conducono alla Cisgiordania e alla Striscia di Gaza in occasione del “Giorno del Trono” per ben otto giorni, a partire dalla notte tra giovedì e venerdì 29 settembre, fino alla notte di sabato e domenica 7 ottobre.

Tre giorni fa, i media israeliani hanno riferito che la polizia di occupazione aveva preso la decisione di rafforzare le misure di sicurezza nella Gerusalemme occupata in vista delle festività ebraiche che inizieranno domani, venerdì, in base alle preoccupazioni riguardo allo svolgimento di operazioni di resistenza palestinese.

(Fonte: Quds Press).

Ramallah. Mercoledì mattina, il capo dell’Autorità per gli Affari dei Prigionieri ed ex-prigionieri, Qaddoura Fares, ha chiesto alla comunità internazionale, con tutte le sue formazioni e componenti, di intervenire immediatamente e seriamente per salvare la vita del prigioniero Ahmed Manasra, “vittima di un crimine che contraddice tutti i valori umani e morali”.

Ahmed sta attraversando una difficile e complessa situazione di salute fisica e psicologica, e la sua continua detenzione rappresenta una reale minaccia per la sua vita, soprattutto perché negli ultimi otto anni di prigionia sono stati praticati contro di lui tutti i metodi di tortura e abuso.

Il prigioniero Ahmed Manasra, di Gerusalemme, è detenuto dal 2015, quando era ancora minorenne, dopo essere stato accusato di aver compiuto un attacco con il coltello. Sconta una condanna a 13 anni di prigione.

(Fonte: AlQuds).

Gaza. Cinque palestinesi sono stati uccisi, mercoledì sera, nell’esplosione di una bomba a Gaza, vicino al confine con Israele. Il ministero della Sanità della Striscia di Gaza ha affermato che l’esplosione è avvenuta mentre si svolgevano le celebrazioni per la commemorazione del ritiro dell’esercito israeliano dal territorio assediato, avvenuto nel 2005.

Mentre centinaia di palestinesi si radunavano per ricordare il 30° anniversario degli accordi di Oslo e il ritiro israeliano, a decine si sono avvicinati alla recinzione di confine. Secondo le Forze di Difesa Israeliane (IDF) e testimoni oculari, sono scoppiati combattimenti tra palestinesi e le forze israeliane.

Sia l’IDF che il Comitato di Controllo delle Forze Nazionali e Islamiche hanno confermato che l’esplosione è stata causata da una bomba sul lato palestinese della recinzione.

L’ospedale Al-Shifa ha ricevuto i corpi delle cinque persone uccise e ha soccorso 19 persone ferite nell’esplosione, alcune delle quali gravemente.

L’esplosione è avvenuta poco dopo la fine di un festival organizzato dalle fazioni palestinesi nel campo di Malka, che si trova a centinaia di metri dalla recinzione di confine. Una fonte della sicurezza nella Striscia di Gaza, che ha chiesto di restare anonima, ha confermato che l’esplosione è avvenuta “a pochi metri dal muro di separazione di cemento”.

Secondo un portavoce dell’esercito israeliano, vicino al confine si sono verificati “disordini violenti” con “centinaia di rivoltosi”. “È stato rilevato un tentativo di lanciare un ordigno esplosivo contro le nostre forze e la bomba è esplosa nella Striscia di Gaza, ferendo diverse persone che si trovavano nelle vicinanze. Non ci sono state vittime tra le nostre forze”.

Un fotografo dell’AFP ha assistito al lancio di granate lacrimogene da parte israeliana, che sono cadute vicino ai palestinesi all’interno della Striscia di Gaza. Alcuni sono state raccolte e lanciate contro i soldati israeliani.

Il Comitato ha descritto l’esplosione come “accidentale”. Tuttavia, ha ritenuto Israele “pienamente responsabile di ogni goccia di sangue palestinese versato”.

(Fonti: MEMO, Quds Press, PIC).

Ramallah. La Conferenza Popolare Palestinese ha sottolineato l’impegno nell’opzione della resistenza globale, in quanto “è la strada provata per sconfiggere l’occupazione”, e ha respinto l’accordo di Oslo.

In una dichiarazione rilasciata in occasione dei 30 anni dalla firma degli Accordi di Oslo, la Conferenza Popolare ha anche sottolineato la necessità di non contare più sulle promesse statunitensi di raggiungere soluzioni di compromesso con Israele, che negano tutti i diritti dei palestinesi.

La Conferenza ha chiesto di lavorare per formulare “una strategia nazionale per affrontare i crimini del governo d’occupazione di destra, razzista e fascista”, e per approfittare della crisi globale che sta affliggendo Israele, impegnandosi ad attuare le decisioni del Consiglio nazionale e del Consiglio centrale di ritirare il riconoscimento dello Stato occupante e di sciogliere tutte le restrizioni e gli obblighi degli Accordi di Oslo.

Ha inoltre invitato tutti i palestinesi a lavorare per riportare l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) al suo ruolo di leader e sostenitore politico della resistenza, ripristinando il suo ruolo di liberazione nazionale attraverso elezioni democratiche ed eque per il Consiglio Nazionale Palestinese (PNC).

La conferenza ha esortato tutte le forze ed i gruppi della comunità e della società civile, nonché le personalità nazionali che si occupano delle persone e dei loro diritti, e l’OLP, a intraprendere un’azione collettiva nazionale per sviluppare un blocco di pressione popolare, come strumento popolare per costringere la dirigenza dell’Autorità palestinese a conformarsi alla volontà del popolo.

“L’anniversario degli Accordi di Oslo passa sullo sfondo di gravi sfide e minacce rappresentate dai continui approcci alle concessioni, alla resa, alla corruzione, all’aumento delle violazioni interne e politiche, al monopolio della dirigenza che ha perso la sua legittimità nella gestione degli affari pubblici e nella mancata adesione alle decisioni del consenso nazionale. Tutto ciò ha permesso di correre verso la normalizzazione delle relazioni con lo Stato d’occupazione”, si legge nella dichiarazione.

(Fonte: MEMO).

Ricordando gli accordi di Oslo.

MEMO. Il capo dell’ufficio di Hamas in diaspora, Khaled Meshaal, ha affermato martedì che il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza “è un risultato storico per la resistenza palestinese”.

In una dichiarazione in occasione del 18° anniversario del ritiro israeliano da Gaza, Meshaal ha dichiarato: “I combattenti della resistenza a Gaza, con il sostegno della resistenza in Cisgiordania, le operazioni di martirio in Israele e i Palestinesi della diaspora hanno registrato questo risultato”.

Meshaal ha aggiunto: “Il ritiro dell’occupazione israeliana da Gaza ha rappresentato un modello per il coinvolgimento globale dei Palestinesi nella battaglia della resistenza dentro e fuori dalla Palestina”.

Ha osservato che i Palestinesi e i musulmani hanno sostenuto la resistenza palestinese e la sostengono ancora allo scopo di liberare la nostra terra, i luoghi santi, Gerusalemme e i prigionieri”.

“In questa occasione, ribadiamo che la resistenza è la scelta giusta e il perno della strategia di liberazione e del progetto nazionale. La resistenza ha ottenuto ciò che assurdi negoziati non potevano ottenere”, ha aggiunto.

“L’anniversario di quest’anno [del ritiro da Gaza] coincide con l’aumento della resistenza nella Cisgiordania occupata, dove i combattenti palestinesi hanno inflitto molte perdite all’esercito israeliano e agli insediamenti israeliani”, sottolineando che “questa è la strada giusta verso la liberazione della Palestina e il ritorno in patria”.

(Foto: wikipedia).

Traduzione per InfoPal di Edy Meroli

Gerusalemme/al-Quds. Un analista politico palestinese e specialista degli affari di Gerusalemme, Jamal Amro, ha messo in guardia martedì dal rischio che l’area intorno alla moschea di al-Aqsa, nella città occupata, venga trasformata in una base militare durante le festività ebraiche, ha riferito l’agenzia di stampa Shehab.

L’osservazione di Amro giunge a seguito della decisione del gabinetto israeliano di aumentare il livello di sicurezza in tutta la Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est durante le prossime festività.

“Il primo ministro Benjamin Netanyahu ed i ministri del Gabinetto hanno approvato il dispiegamento operativo di tutti i servizi di sicurezza in vista delle festività”, ha dichiarato l’ufficio di Netanyahu.

Secondo Amro, l’occupazione israeliana ha rafforzato il dispiegamento delle sue forze armate su tutte le strade ed i vicoli “per garantire la profanazione della moschea di al-Aqsa da parte dei coloni” durante le festività ebraiche. Israele, ha affermato, sta così facilitando l’invasione dei luoghi santi da parte dei coloni, in totale disprezzo delle convenzioni internazionali e della custodia ufficiale della Giordania.

Ordini di deportazione, ha sottolineato, sono stati emessi contro gli attivisti palestinesi che rimangono all’interno della moschea di al-Aqsa per svuotarla prima delle invasioni dei coloni. Ha osservato che le commissioni palestinesi, arabe e islamiche, così come le ONG, continuano a chiedere la protezione internazionale per Gerusalemme e la moschea di al-Aqsa, “ma i loro appelli cadono nel vuoto”.

(Fonti: MEMO e Shehab).

Gaza. Mercoledì sera, le forze di occupazione israeliane (IOF) hanno attaccato giovani gazawi che manifestavano in una zona di confine a est di Gaza: un ragazzo è stato ucciso e altri sette sono rimasti feriti.

Secondo fonti locali, decine di giovani palestinesi si erano radunati in una zona del confine orientale di Gaza per protestare contro i crimini israeliani in corso in Cisgiordania e Gerusalemme e per sostenere i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane.

Le fonti hanno aggiunto che i soldati israeliani hanno sperato proiettili letali e lacrimogeni contro i manifestanti, ferendone molti. Secondo quanto riferito, alcuni dei feriti sarebbero in gravi condizioni.

(Fonti: Quds Press e PIC).

Ramallah. La Società dei prigionieri palestinesi ha dichiarato che il tribunale d’occupazione israeliano nella prigione di Ramla ha deciso di rinviare la sessione del processo del prigioniero Ahmad Manasra al 20 settembre, nonostante il deterioramento delle sue condizioni di salute.

La Società ha spiegato, citando l’avvocato Khaled Zabarqa, che la sessione si è svolta alla presenza della squadra di difesa per il caso di Manasra, di due avvocati del Centro Adalah, della sua famiglia, della Fondazione Physicians for Human Rights e dei rappresentanti dei consolati e delle ambasciate straniere.

Ha sottolineato che le condizioni di salute e psicologiche di Manasra sono peggiorate rispetto ai mesi precedenti, spiegando che all’inizio della sessione, la squadra legale è stata informata che Manasra non poteva essere presente, ma dopo le richieste e le insistenze, è stato portato in tribunale.

I Servizi carcerari israeliani (IPS) continuano a mantenere Manasra, 22 anni, in isolamento dall’ottobre 2021, nonostante le sue gravi condizioni di salute e psicologiche.

Si sono tenute diverse udienze in tribunale, le più importanti delle quali hanno riguardato la classificazione del suo caso come “terrorismo”, che ha ostacolato le modalità per il suo rilascio anticipato.

A causa delle sue condizioni psicologiche, è stata lanciata una campagna internazionale a suo sostegno per chiederne il rilascio, con la partecipazione di molti psicologi e istituzioni internazionali.

Manasra è stato condannato a 12 anni di carcere e ad una multa di 180 mila shekel; la pena è stata ridotta a nove anni e mezzo nel 2017.

(Fonte: WAFA).

(Foto: File/archivio Wafa).

Traduzione per InfoPal di F.L.

Ramallah. L’Autorità per gli Affari dei prigionieri ed ex-prigionieri ha rivelato martedì, citando l’avvocato Heba Agbariya, che l’adolescente prigioniero Muhammad Salaymeh (16 anni), della città di Silwan, nella Gerusalemme occupata, è stato duramente picchiato durante il suo arresto da parte delle forze d’occupazione israeliane.

La Commissione ha dichiarato in un comunicato che “erano in atto scontri tra i giovani ed i soldati di occupazione, e all’improvviso diversi agenti sotto copertura hanno attaccato Salaymeh, gettandolo a terra, per poi iniziare a picchiarlo violentemente con le mani e la le scarpe, su tutto il corpo e la testa. Poi gli hanno legato le mani e lo hanno bendato”. Hanno continuato a picchiarlo ed un soldato lo ha strangolato”.

Ha aggiunto: “Salaymeh soffre di forti dolori in tutto il corpo a causa delle percosse subite durante l’arresto. Lamenta un dolore molto forte al piede sinistro e non riesce a muoverlo, oltre ad aver riportato una profonda ferita alla mano ed il naso rotto”.

La Commissione ha proseguito: “Tre degli agenti sotto copertura lo hanno trascinato a terra e lo hanno violentemente gettato nella loro auto, dove uno di loro lo ha afferrato per il collo e gli ha sbattuto la testa sull’acciaio dell’auto più volte. Poi è stato trasferito in un vicino campo militare, dopodiché è stato consegnato alla polizia e messo in una stanza”.

Lo hanno costretto a inginocchiarsi, nonostante il forte dolore al ginocchio. Lo hanno interrogato, ma il ragazzo non era in grado di rispondere alle domande a causa delle sue difficili condizioni di salute. L’inquirente ha quindi chiamato un’ambulanza e quando i paramedici sono arrivati, sono entrati nella stanza delle indagini e si sono limitati a prestargli il primo soccorso, nonostante il suo urgente bisogno di cure immediate.

“L’interrogatorio è andato avanti e il prigioniero è stato interrogato tre volte nello stesso giorno, poi è stato trasferito al centro interrogatori di al-Maskobiyya, dove è rimasto per 8 giorni […]. Ha cercato più di una volta di spiegare ai carcerieri che aveva bisogno di cure e che stava soffrendo molto, ma loro non se ne sono interessati”.

L’autorità ha indicato che dopo otto giorni è stato trasferito in detenzione domiciliare. È rimasto ai domiciliari per circa 3 mesi, dopodiché è stato trasferito in detenzione effettiva, per poi essere trasferito nel carcere di “Damon”, nella sezione Cubs.

(Fonte: Alquds).

Tel Aviv. Il gabinetto politico e di sicurezza israeliano si è riunito martedì mattina per una discussione sui preparativi dell’esercito a una guerra su più fronti contemporanei.

Secondo la radio Hebrew Kan, la riunione del gabinetto ha discusso diversi scenari relativi ad una guerra globale su più fronti a cui Israele potrebbe essere esposto, “alla luce dei tentativi iraniani di creare un fronte da diverse regioni contro Israele”.

Secondo la radio, il gabinetto di sicurezza presenterà ai ministri diversi scenari sul quadro previsto per la prossima guerra.

Si terranno anche discussioni sulla sicurezza relative ad alcune questioni specifiche.

(Fonte: Alquds.com).

Gaza. Decine di case palestinesi sono state allagate, mentre molte strade sono state chiuse, oggi, mercoledì, in diverse zone della Striscia di Gaza, a causa delle forti piogge. Il Dipartimento Meteorologico ha avvertito che le piogge possono continuare, accompagnate da temporali.

Sono decine le case sommerse dalle acque, a Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza, e in diversi quartieri della città di Gaza, così come nel campo profughi di ash-Shati’, a ovest della città, soprattutto nelle zone basse. I negozi sono stati danneggiati a causa delle forti piogge, provocando gravi danni.

Molte strade sono state chiuse a causa dell’allagamento, che ha reso difficile lo spostamento dei cittadini e dei veicoli, in mezzo ai forti venti, che hanno causato la caduta di alberi e cartelloni pubblicitari.

Ogni anno si verificano inondazioni di case e di vari quartieri nelle zone basse della Striscia di Gaza, a causa di forti piogge che impattano sulle infrastrutture logore e sui condotti di drenaggio dell’acqua piovana usurati che necessiterebbero di periodici lavori di manutenzione a seguito dei ripetuti attacchi israeliani sulla Striscia.

(Fonti: Wafa, AlQuds, MEMO e Quds Press).

Gerusalemme/al-Quds. Mercoledì mattina, decine di coloni hanno invaso il complesso di al-Aqsa, a Gerusalemme Est, dalla direzione della Porta al-Maghariba, sotto stretta sorveglianza della polizia di occupazione israeliana.

Il Dipartimento per le dotazioni islamiche, Awqaf, nella Gerusalemme occupata (affiliato alla Giordania) ha dichiarato che “decine di coloni hanno preso d’assalto la moschea di Al-Aqsa, organizzato visite provocatorie nei suoi cortili ed eseguito rituali nell’area di Bab ar-Rahma”.

Il rabbino ultra-ortodosso, Yehuda Glick, era tra la folla di coloni che ha invaso il luogo sacro islamico.

La polizia di occupazione continua a limitare l’ingresso dei musulmani provenienti da Gerusalemme e dall’interno occupato (Territori palestinesi occupati del 1948, ndr), controllandone l’identità, detenendone alcuni ai cancelli esterni e tenendone a decine lontano dalla moschea.

Ogni giorno, tranne il venerdì e il sabato, la moschea di Al-Aqsa è testimone di una serie di violazioni e incursioni da parte dei coloni, con la protezione della polizia d’occupazione, nel tentativo di imporvi il pieno controllo e di dividerla temporalmente e spazialmente.

(Fonti: Qudspress, Wafa e PIC).

Gerusalemme/Al-Quds – Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno condannato lunedì un piano israeliano per la costruzione di una colonia all’interno di un quartiere palestinese, a cavallo tra la Cisgiordania e Gerusalemme Est. Le condanne di Washington e Bruxelles sono state diffuse mentre il Comitato di pianificazione distrettuale di Gerusalemme si riuniva per far avanzare il piano verso le fasi finali di approvazione, prima che la costruzione possa iniziare nei prossimi mesi. Durante l’udienza di lunedì, il comitato distrettuale ha accettato di far avanzare il progetto, ma ha chiesto ai suoi promotori di risolvere alcuni problemi minori prima che il comitato si riunisca una seconda volta per approvare il piano.

Alla richiesta di un commento sugli sviluppi, durante un incontro con la stampa, il portavoce del Dipartimento di Stato, Matt Miller ha dichiarato: “Le nostre opinioni sono state chiare e coerenti: L’espansione delle colonie mina la fattibilità geografica della soluzione a due Stati, esacerba le tensioni e danneggia ulteriormente la fiducia tra le due parti”. “Ci opponiamo fermamente all’avanzamento delle colonie ed esortiamo Israele ad astenersi da quest’attività. Prendiamo la questione molto seriamente, in quanto incide sulla fattibilità di una soluzione a due Stati”.

Il Comitato di pianificazione distrettuale si è riunito poco dopo l’arrivo in Israele dell’Assistente del Segretario degli Stati Uniti per gli Affari del Vicino Oriente, Barbara Leaf, che ha informato i funzionari governativi dei suoi colloqui a Riyadh su un potenziale accordo di normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita. Si prevede che tale accordo richieda importanti iniziative israeliane per portare avanti la soluzione a due Stati – un quadro che, come ha sottolineato Miller, è ostacolato da progetti come quello di Abu Dis.

Un portavoce dell’UE ha dichiarato, in un comunicato separato, che la sua posizione sulle colonie, compresa la costruzione nella Gerusalemme Est annessa a Israele, è da tempo dichiarata “illegale secondo il diritto internazionale e un ostacolo importante al raggiungimento di una soluzione a due Stati”.

“L’UE ha sempre chiarito che non riconoscerà alcuna modifica alle linee pre-1967, anche a Gerusalemme, che non sia stata concordata dalle parti”, ha aggiunto il portavoce, esortando Israele a cessare le costruzioni oltre la Linea Verde.

(Fonte: Alquds.com).

Libia. È salito a 23 il numero delle vittime palestinesi a seguito delle torrenziali inondazioni nella Libia orientale causate dal recente uragano.

Secondo il ministero degli Affari Esteri e degli Espatriati, sono stati ufficialmente informati dall’ambasciata in Libia e dal consolato generale a Bengasi della morte della famiglia del cittadino Nasser Attia Dohan, composta da 5 persone, e della famiglia del cittadino Mahmoud Ahmed Shamiya, quattro dei suoi fratelli e sua madre.

Il consigliere del ministro degli Affari esteri, l’ambasciatore Ahmed Al-Deek, ha affermato che il ministero sta seguendo il disastro e ha confermato le informazioni sulla perdita di decine di famiglie palestinesi.

Il numero delle vittime delle inondazioni che hanno colpito le città della Libia orientale è salito a oltre 10.000, tra morti e dispersi.

(Fonti: Alquds e Quds Press).

(Foto: https://www.facebook.com/qabas2022).

Ramallah. Lunedì, una squadra ministeriale palestinese ha discusso con la Sottocommissione delle Nazioni Unite per la prevenzione della tortura l’istituzione di un meccanismo nazionale per impedire la tortura in Palestina, e uno studio sulla situazione nelle strutture di detenzione e sull’attuazione, da parte delle autorità, delle norme anti-tortura e maltrattamenti, e condizioni di detenzione adeguate.

Il ministero dell’Interno, presso la sua sede nella città di Ramallah, ha organizzato questo incontro ministeriale, a cui hanno partecipato i seguenti Ministri: Interno, Maggiore Generale Ziad Hab al-Rih, Giustizia, Muhammad al-Shalaldah, Lavoro, Nasri Abu Jaish, Salute, Mai al-Kaila, Affari Femminili, Amal Hamad, e un rappresentante del ministero degli Affari esteri, alla presenza di un coordinatore.

La visita del Comitato delle Nazioni Unite, attualmente in visita nello Stato della Palestina, ha lo scopo di valutare le misure adottate per proteggere le persone, private della libertà, dalla tortura e dai maltrattamenti, e di fornire consigli alle autorità in merito al meccanismo da istituire.

La visita prevede incontri con le autorità ai più alti livelli e con gli organi giudiziari, amministrativi e di sicurezza, a condizione che il comitato presenti le sue osservazioni preliminari riservate al governo della Palestina.

La delegazione del CICR è composta dal capo della delegazione svizzera, Daniel Fink, dal marocchino Abdallah Onir, dalla spagnola Mata Mira e dalla tunisina Hamida Dridi, oltre ad accompagnare due responsabili dei diritti umani presso la segreteria del Sottocomitato per la prevenzione della tortura.

(Fonte: Alquds.com).

Traduzione per InfoPal di F.H.L.

Ramallah. La detenuta Fatima Amarneh, 41 anni, proveniente da Jenin, nel nord della Cisgiordania, è stata sottoposta ai peggiori tipi di abusi e torture quando è stata arrestata dalla polizia israeliana nella Gerusalemme occupata, secondo quanto dichiarato lunedì dalla Commissione per gli Affari dei prigionieri ed ex-prigionieri.

Durante la visita dell’avvocato della Commissione, Hanan Khatib, nella prigione di Damon, Amarneh ha raccontato che quando è stata arrestata, il 4 settembre, alle 21:00, mentre usciva dalla moschea di al-Aqsa, uno dei poliziotti l’ha presa a calci, sostenendo che avesse cercato di accoltellarlo. Poi altri poliziotti l’hanno attaccata e picchiata duramente fino a farle perdere i sensi. Quando si è svegliata, si è trovata incatenata all’interno di una jeep della polizia.

Amarneh è stata poi trasferita alla stazione di polizia al-Qishleh, alla Porta di Jaffa, dove è stata interrogata, torturata e picchiata. È stata anche terrorizzata e violata, mentre le poliziotte l’hanno spogliata più volte.

“Mi hanno messo nell’autobus per il trasporto dei prigionieri e mi hanno pestato duramente. A volte l’autobus andava veloce e poi si fermava all’improvviso. Mi hanno trasferito da un posto all’altro per mettermi sotto pressione e farmi infuriare. Le poliziotte mi hanno stretto le manette per farmi male, mentre mi spingevano, mi prendevano a calci e mi picchiavano. Mi hanno strappato l’indumento esterno e poi mi hanno trasferito nella prigione di Ramleh, dove ho dormito senza mangiare nulla. Mi hanno poi messo in isolamento in una cella squallida e rozza con un letto e un materasso di pelle sottile, senza cuscini e con una coperta sporca e puzzolente. Il bagno aveva un buco nel pavimento e puzzava molto. Poi sono stata trasferita nel carcere di Damon”, ha raccontato Amarneh al suo avvocato.

L’avvocato Khatib ha aggiunto che sul corpo della prigioniera erano visibili i lividi causati dalle violente percosse ricevute al momento dell’arresto e che alcuni vestiti erano macchiati di sangue.

(Fonte: WAFA; immagine: samidoun.net/).

Traduzione per InfoPal di F.L.

Nablus. Due coloni sono rimasti feriti, martedì sera, da combattenti della resistenza palestinese a Huwwara, a sud di Nablus.

Fonti dei media israeliani hanno affermato che due coloni sono stati leggermente feriti in un attacco a fuoco a Huwwara, aggiungendo che gli aggressori sono fuggiti dalla scena.

Secondo il canale israeliano Reshet Kan, la sparatoria è stata effettuata da un veicolo in corsa contro un’auto di coloni vicino alla rotonda di Beita, provocando il lieve ferimento dei due coloni.

Uno di loro è stato ferito alla testa da un frammento di vetro.

Le fonti hanno sottolineato che rinforzi militari israeliani sono stati schierati nella zona per condurre un’operazione di ricerca.

I palestinesi hanno intensificato le loro attività di resistenza in risposta ai ripetuti crimini israeliani contro il popolo, le terre e i luoghi santi palestinesi.

(Fonti: PIC, AlQuds e Quds Press).

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Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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