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Teheran – Presstv.ir. L’Iran afferma che le truppe criminali israeliane soffrono di una serie di “malattie mentali e morali”, dato che un gruppo di soldati del regime ha recentemente costretto alcune donne palestinesi a spogliarsi per perquisirle.

Secondo il quotidiano in lingua ebraica Haaretz, le forze del regime hanno fatto irruzione nella casa della famiglia Ajluni, nella città di Hebron/al-Khalil, nel sud della Cisgiordania, nella prima mattinata del 10 luglio. Due truppe di donne hanno portato la madre 53enne, la figlia 17enne e le tre nuore, tutte ventenni, nella stanza dei bambini, dove sono state costrette a spogliarsi.

Portando con sé fucili ed un cane d’attacco, i soldati di occupazione hanno anche minacciato di sguinzagliarlo se le donne non avessero rispettato l’ordine di spogliarsi. I soldati hanno condotto perquisizioni corporali sugli uomini mentre erano vestiti.

“L’esercito criminale di Israele non solo soffre di mania di uccidere e di terrorizzare, ma anche di varie forme di malattie mentali e morali croniche”, ha scritto giovedì Nasser Kan’ani sul suo account su X, precedentemente noto come Twitter.
“La spudorata insolenza dell’esercito israeliano nei confronti di alcune donne palestinesi durante un attacco a Hebron è condannata e porterà disonore ai sostenitori del regime”, ha aggiunto.

Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha anche invitato le Nazioni Unite e l’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) a svolgere i loro compiti in merito a questo incidente.

Il comportamento sfacciato di Israele ha già attirato una forte condanna.

Una coalizione di fazioni della resistenza palestinese ha chiesto di intervenire in risposta al degradante comportamento israeliano nei confronti dei palestinesi. “Il regime d’occupazione ha oltrepassato tutte le linee rosse compiendo tali azioni e ha profanato tutte le santità. Ha minato la dignità dell’umanità prendendo di mira l’onore delle donne palestinesi”, hanno dichiarato le fazioni in un comunicato.

L’OCI, da parte sua, ha condannato il fatto, mentre le Nazioni Unite hanno chiesto un’indagine sulla vicenda.

Traduzione per InfoPal di F.H.L.

Tel Aviv. Secondo quanto riportato giovedì dal quotidiano israeliano Maariv, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha emanato delle istruzioni che preludono al riconoscimento di tre avamposti nella Cisgiordania occupata.

Il comandante della regione centrale ha firmato un ordine che definisce l’ambito di applicazione delle autorità per gli avamposti di Asa’el, Avigayil e Beit Hoglah in Cisgiordania, che li riconoscerà e consentirà di insediarsi legalmente.

Il governo guidato dal primo ministro Benjamin Netanyahu e dal ministro Bezalel Smotrich ha accettato di espandere gli avamposti.

Dopo la firma del decreto, Smotrich ha dichiarato: “Nelle colonie stanno accadendo grandi cose ed il governo nazionalista sta portando avanti politiche di destra, sioniste e nazionaliste che vedono lo sviluppo delle colonie in Giudea e Samaria come una risorsa per lo Stato di Israele”, riferendosi alla Cisgiordania con il suo nome biblico.

Secondo il diritto internazionale, sia le colonie che gli avamposti sono illegali, tuttavia Israele fa una distinzione tra i due, con ministri e coloni che chiedono la legalizzazione e la trasformazione in colonie degli avamposti.

(Fonte: MEMO).

(Foto: [Saeed Qaq – Anadolu Agency]).

Tulkarem. Decine di palestinesi sono rimasti soffocati dai gas lacrimogeni tossici durante gli scontri con l’esercito di occupazione, scoppiati venerdì pomeriggio, nel villaggio di Kafr Rumman, a est di Tulkarem, nel nord della Cisgiordania.

Gli scontri sono scoppiati dopo che le forze di occupazione hanno preso d’assalto il villaggio, lanciato gas lacrimogeni contro i residenti e fatto irruzione in diverse case.

Le città della Cisgiordania sono testimoni quasi ogni giorno di incursioni da parte delle forze di occupazione, che di solito finiscono con l’arresto e il ferimento di diversi palestinesi, e talvolta con la morte di altri.

(Fonte: Quds Press).

Cisgiordania. Sabato all’alba, le forze di occupazione israeliane (IOF) hanno lanciato una violenta campagna di incursioni in varie aree della Cisgiordania.

Le IOF hanno arrestato un giovane palestinese nella città di Surif, ad al-Khalil/Hebron, e hanno effettuato violenti incursioni a Nablus.

Le IOF hanno anche lanciato bombe a sud del campo di Aqabat Jabr, a Gerico.

L’esercito di occupazione israeliano conduce regolarmente incursioni, perquisizioni e operazioni di arresto nelle città palestinesi della Cisgiordania occupata, che quest’anno si sono intensificate con palestinesi arrestati quasi ogni giorno.

(Fonte: PIC).

Gaza. Ventitré organizzazioni della società civile hanno messo in guardia da “una devastante crisi umanitaria” se non verrà rimosso il blocco posto dai parlamentari repubblicani sugli aiuti destinati ai palestinesi. Ben 1,2 milioni di palestinesi sarebbero sull’orlo di una crisi alimentare a causa delle lotte interne tra i parlamentari di Washington.

“Si profila una crisi umanitaria devastante, con oltre 1,2 milioni di persone che potrebbero rimanere senza cibo già a metà settembre, tra cui centinaia di migliaia di bambini che rimarranno affamati”, hanno dichiarato i 23 gruppi della società civile, che comprendono organizzazioni arabe, ebraiche, musulmane e cristiane.

“Negare l’assistenza alimentare ai rifugiati palestinesi è incoerente con la vostra annunciata iniziativa sull’insicurezza alimentare e toglierà le ultime vestigia di speranza a persone che desiderano semplicemente un’esistenza dignitosa”, hanno aggiunto.

L’allarme di un’imminente crisi alimentare è arrivato a seguito dell’avvertimento lanciato dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA). Il gruppo ha dichiarato che non sarebbe stato in grado di rifornire i propri magazzini se i fondi non fossero stati forniti entro il 1° settembre.

I principali democratici di entrambe le camere del Congresso hanno recentemente spinto l’amministrazione Biden ed i repubblicani a revocare il blocco degli aiuti, in seguito alle crescenti preoccupazioni per l’incombente crisi umanitaria che potrebbe scatenare ulteriori violenze.

La settimana scorsa, il Dipartimento di Stato degli USA ha dichiarato di voler sbloccare 75 milioni di dollari di aiuti alimentari per i rifugiati palestinesi.

I parlamentari filo-israeliani più accaniti, il senatore Jim Risch ed il deputato Michael McCaul, i primi repubblicani delle commissioni per le relazioni estere del Senato e della Camera dei Rappresentanti, sono stati accusati di giocare con le vite dei palestinesi. Dalla fine di luglio hanno impedito al Dipartimento di Stato di fornire fondi all’organismo delle Nazioni Unite.

L’UNRWA è un bersaglio frequente dei repubblicani e degli israeliani. Dopo aver assunto l’incarico, il presidente Biden ha invertito gli sforzi dell’ex-presidente Donald Trump per ridurre i finanziamenti all’agenzia dell’ONU e ai palestinesi in generale.

I repubblicani hanno cercato di forzare le concessioni dei palestinesi minacciando di trattenere gli aiuti salvavita. Nonostante l’erogazione di 3,8 miliardi di dollari all’anno a Israele, non viene richiesta alcuna concessione allo Stato d’occupazione, nonostante le sue quotidiane violazioni dei diritti umani e la pratica dell’Apartheid.

(Fonte: MEMO).

(Foto: [Ali Jadallah – Anadolu Agency]).

Tel Aviv. Esperti legali israeliani hanno avvertito che tutti i soldati delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) nella Cisgiordania occupata saranno a rischio di arresto nei Paesi europei e altrove, con l’accusa di crimini di guerra, a seguito del piano di “riforma” del governo per indebolire il sistema giudiziario – e la Corte Suprema in particolare – secondo quanto riferito giovedì da Yedioth Ahronoth.

Il giornale ha citato un’e-mail interna di un importante studio legale di Tel Aviv: “A chi può interessare, a seguito del danno arrecato alla Corte Suprema, oggi c’è una grande possibilità che coloro che prestano il servizio militare nei Territori [occupati], e fotografati con il volto scoperto, siano a rischio di arresto in Europa ed altrove per crimini di guerra”.

Se ciò dovesse accadere, ha spiegato l’e-mail, sarà molto difficile fornire assistenza. “Finché tutti i passi che danneggiano la Corte Suprema e il sistema giudiziario non saranno cancellati, questo pericolo sarà presente, tangibile e reale. Si consiglia a tutti di non sottoporsi alla chiamata per servire nella riserva”.

L’e-mail è stata scritta dall’avvocato Ronnie Berkman, che ha perseguito molti casi internazionali ed è un esperto di questioni di diritto internazionale riguardanti il processo di membri delle forze armate di un determinato paese con l’accusa di crimini di guerra. Berkman si oppone al piano del governo israeliano per indebolire il sistema giudiziario. Impedendo alla Corte Suprema di avere un controllo giudiziario sulle decisioni del governo, così come sulle dichiarazioni e le azioni dei ministri, c’è un pericolo molto serio per tutti i soldati regolari dell’esercito israeliano, nel Paese e nella riserva.

I piloti militari israeliani della riserva hanno spiegato il loro rifiuto di presentarsi al servizio di riserva negli ultimi mesi dicendo che è per paura di indagini, azioni legali e procedure legali presso la Corte penale internazionale dell’Aia o in altri tribunali di altri paesi.

Il giornale ha osservato che gli esperti legali hanno confermato che i procedimenti giudiziari non sarebbero solo contro i piloti israeliani, ma contro tutti i soldati israeliani, e che il pericolo è molto più alto per gli ufficiali e i soldati che non lavorano in segreto. Questo personale è esposto a telecamere che non sono controllate dai censori militari.

Queste preoccupazioni hanno portato a deliberazioni segrete in Israele, con la partecipazione dell’Avvocatura generale militare dello Stato Maggiore, di alti funzionari del ministero della Giustizia e dell’Ufficio del Procuratore generale, Ghali Bhairav Mayara, in qualità di responsabile dell’Avvocatura Militare. Le autorità militari hanno descritto questi rischi come la “quarta ora” o “quarta dimensione” che dovrebbe essere esaminata alla luce della crisi politica in Israele e delle sue conseguenze interne ed esterne.

L’ex-direttore del dipartimento internazionale della Procura israeliana, Gal Lavartov, ha recentemente rilasciato una dichiarazione alla Corte Suprema, in cui ha affermato che “in tutti i casi nei quali siamo coinvolti, in cui la Procura centrale ha permesso la loro chiusura o l’interruzione delle procedure legali, ci siamo affidati all’indipendenza del sistema giudiziario israeliano, che può adottare autonomamente misure penali contro i cittadini, non importa quanto siano di alto rango, compresi i comandanti o gli ufficiali dell’esercito, se [questi] violano la legge”.

Il sito web Ynet ha riferito che, dopo l’affermazione dell’ex-capo del Mossad, Tamir Pardo, secondo cui Israele sta praticando l’Apartheid in Cisgiordania, funzionari israeliani ed esperti di diritto internazionale hanno espresso preoccupazione per le dichiarazioni razziste fatte da ex-funzionari della sicurezza e ministri come Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir. Essi avvertono che Israele si sta avvicinando al punto di dover affrontare un procedimento penale nei tribunali internazionali.

“Finché i ministri israeliani parleranno pubblicamente in un modo che può essere interpretato come un sostegno ad una politica consolidata che include atti disumani di un regime oppressivo e razzista”, ha spiegato l’ex-avvocato difensore presso la Corte penale internazionale dell’Aia, Nick Kaufman, “la strada per il processo [legale] dei leader israeliani è chiara”.

(Fonte: MEMO).

(Foto:  [Nedal Eshtayah/Anadolu Agency]).

Traduzione per InfoPal di F.L.

Nablus. Venerdì le autorità di occupazione israeliane (IOA) hanno emesso un ordine di detenzione amministrativa di quattro mesi contro la detenuta Fatima Abu Shalal.

La Società dei Prigionieri Palestinesi (PPS) ha affermato che Abu Shalal, 41 anni, è stata arrestata il 29 agosto al checkpoint militare di Huwwara.

Anche suo figlio, Ahmed Ayman Abu Shalal, 24 anni, è stato arrestato diversi giorni fa al checkpoint di Zaatara.

Nelle carceri israeliane sono attualmente detenuti 5.100 prigionieri palestinesi, tra cui 35 donne.

(Fonte: PIC).

Tel Aviv. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha dichiarato mercoledì che il suo Stato si trova da nove mesi nel mezzo di una “acuta crisi costituzionale e sociale”. Ha esortato i leader politici ad impegnarsi nel dialogo per porle fine.

“La crisi sta scuotendo pericolosamente la società, l’economia e soprattutto la sicurezza dello Stato”, ha dichiarato Herzog, secondo il Times of Israel. Esprimendo “profonda preoccupazione e grande ansia”, ha sottolineato: “Dobbiamo risolvere la difficile e pericolosa crisi tra i rami del governo, e determinare il sano e corretto equilibrio tra di essi”.

“Non c’è modo di arrivare ad una soluzione senza dialogo, senza ascoltare e senza rispetto. Dobbiamo capire che se una parte vince e una parte si arrende, perdiamo tutti”.

Il presidente dello Stato d’occupazione ha sottolineato che tutti devono pensare attentamente alle conseguenze delle loro azioni. “Mi rivolgo ancora una volta ai funzionari eletti: È tempo di mostrare responsabilità, di guardare la realtà negli occhi e di agire in ogni modo da raggiungere un ampio consenso. La stragrande maggioranza dell’opinione pubblica desidera porre fine a questa crisi, buttare fuori dall’agenda questa controversia e iniziare a lavorare insieme sulle cose davvero importanti”.

(Fonte: MEMO).

Lantidiplomatico.it/. In viaggio verso Amman, dopo aver trascorso le vacanze con la famiglia a Betlemme, il ricercatore italo-palestinese Khaled El Qaisi è stato a arrestato dalle autorità israeliane al valico di Allenby, tra Cisgiordania e Giordania, il 31 agosto scorso.

Al controllo di rito dei documenti, il giovane ricercatore è stato ammanettato sotto lo sguardo del figlio di 4 anni.

Lo denunciano la moglie e la madre del ricercatore con una lettera che speriamo possa mobilitare le forze politiche italiane con la stessa energia con cui si sono attivati nel caso del ricercatore italo-egiziano Zaki. 

Di seguito l’appello che vi chiediamo di diffondere il più possibile.


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Lettera aperta per l’immediata liberazione del cittadino italo palestinese Khaled El Qaisi, prigioniero delle autorità israeliane.Il 31 agosto Khaled El Qaisi, rispettivamente marito e figlio delle scriventi, è stato trattenuto dalle autorità israeliane ed è tuttora prigioniero in virtù di una misura precautelare in attesa di verifica di elementi per formulare un’accusa.Lo scorso giovedì Khaled, che ha doppia cittadinanza, italiana e palestinese, attraversava con moglie e figlio il valico di frontiera di “Allenby” dopo aver trascorso le vacanze con la propria famiglia a Betlemme, in Palestina.Al controllo dei bagagli e dei documenti, dopo una lunga attesa, è stato ammanettato sotto lo sguardo incredulo del figlio di 4 anni, della moglie nonché di tutti i presenti che erano in attesa di poter riprendere il proprio percorso.Alle richieste di delucidazioni della moglie non è seguita risposta alcuna, piuttosto le sono state sottoposte domande per poi essere allontanata col proprio figlio verso il territorio giordano, senza telefono, senza contanti né contatti, in un paese straniero.  Nel tardo pomeriggio la moglie e il bambino sono riusciti a raggiungere l’Ambasciata Italiana solo grazie alla umana generosità di alcune signore palestinesi.Khaled, traduttore e studente di Lingue e Civiltà Orientali all’Università La Sapienza di Roma, stimato per il suo appassionato impegno nella raccolta e divulgazione e traduzione di materiale storico palestinese, è tra i fondatori del Centro Documentazione Palestinese, associazione che mira a promuovere la cultura palestinese in Italia.La famiglia, gli amici ma anche chi ha semplicemente avuto occasione di conoscerlo, sono in fremente attesa di avere aggiornamenti.  Al momento ancora non ha potuto incontrare il suo avvocato e sono ancora poche le notizie che si hanno riguardo alla sua incolumità.Dal consolato e dal legale abbiamo saputo solo che affronterà un’udienza giovedì 7 settembre.Immaginiamo intanto Khaled in completo isolamento, senza contatti col mondo esterno, senza percezione reale dello scorrere del tempo, sotto la pressione di continui interrogatori, in pensiero angosciato per la sorte del proprio figlio e di sua moglie lasciati allo sbaraglio con l’unica immagine negli occhi relativa alla sua deportazione in manette.La situazione è dunque gravissima.Attendiamo con grande ansia la risoluzione di questa ingiusta prigionia.Chiediamo a chiunque ne abbia il potere, che si accerti delle condizioni di salute di Khaled e che soprattutto eserciti tutte le pressioni necessarie per la sua celere liberazione.Le scriventi 
Francesca Antinucci, moglieLucia Marchetti, madre 

Il Cairo. Il Kuwait ha riaffermato mercoledì il suo “incrollabile sostegno ai diritti del popolo palestinese”. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Sheikh Salem Abdullah al-Jaber al-Sabah, durante un incontro con il Commissario Generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA), Philippe Lazzarini, a margine della 160ª riunione dei ministri degli Esteri della Lega Araba, al Cairo.

Durante l’incontro, Lazzarini ha passato in rassegna i programmi umanitari che l’UNRWA fornisce per assistere i rifugiati palestinesi in tutto il mondo. Ha elogiato le autorità kuwaitiane per il loro sostegno al popolo palestinese e ha lodato lo Stato del Golfo per i suoi contributi agli sforzi di assistenza ai rifugiati. Secondo i dati ufficiali, nel 2022 il Kuwait ha donato un totale di 12 milioni di dollari per aiutare il lavoro dell’UNRWA.

Sheikh Salem ha ribadito l’impegno del Kuwait nei confronti dell’UNRWA, che svolge un ruolo importante nel fornire servizi fondamentali ai rifugiati palestinesi.

(Fonte: MEMO).

(Foto: il ministro degli Esteri Sheikh Salem Abdullah Al-Jaber Al-Sabah (a destra) durante un incontro con il commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA), Philippe Lazzarini, a margine del 160° incontro dei ministri degli Esteri della Lega Araba al Cairo il 6 settembre 2023 [KUNA]).

Tulkarem. Per il nono giorno consecutivo, agli agricoltori palestinesi del villaggio di Aqaba, a nord di Tulkarem, è stato negato il diritto di raggiungere le loro terre al di là del Muro d’Apartheid, dopo che le forze di occupazione israeliane (IOF) hanno mantenuto la chiusura della barriera di separazione, secondo quanto affermato dal capo del Consiglio del villaggio, Taysir Amarneh.

Amarneh ha dichiarato a WAFA che le forze d’occupazione hanno chiuso il cancello una settimana fa, senza fornire una ragione, impedendo ai lavoratori e ai contadini che dipendono dall’agricoltura di raggiungere le loro terre dietro la barriera, aggravando le loro sofferenze, soprattutto con l’arrivo della stagione della raccolta delle olive.

Ha spiegato che la barriera dell’Apartheid ha divorato 250 ettari di terra del villaggio, mentre le forze israeliane hanno imposto restrizioni irragionevoli agli agricoltori per accedere alle loro terre.

Ha aggiunto che l’anno scorso le IOF hanno posizionato lastre e cubi di cemento lungo la barriera da Aqaba alla vicina cittadina di Qaffin.

(Fonte: Wafa).

(Foto: https://www.welcometopalestine.com/destinations/tubas/aqaba/).

Cisgiordania. Giovedì un gruppo di coloni ha attaccato pastori palestinesi e ha cercato di rubare alcune pecore nel villaggio di Kisan, a sud-est di Betlemme.

In un caso simile, un altro gruppo di coloni ha appiccato il fuoco a terreni agricoli nella cittadina di Madama, a sud di Nablus.

(Fonte: PIC).

Ramallah – MEMO. I dati ufficiali pubblicati dall’Ufficio centrale di statistica palestinese (PCBS) mostrano che il tasso di analfabetismo in Palestina è diminuito dell’84% negli ultimi due decenni. I dati sono stati pubblicati giovedì.

Il tasso di analfabetismo è diminuito in modo significativo dal 1997, passando dal 13,9% dei palestinesi di età pari o superiore ai 15 anni, ad appena il 2,2% nel 2022. Secondo i dati pubblicati dall’Associazione della Galilea, Rikaz, il tasso di analfabetismo tra i palestinesi di 15 anni e oltre, nei Territori occupati del 1948 (Israele, ndr) era del 3,6% nel 2017.

“Il tasso di analfabetismo tra i maschi palestinesi (di età pari o superiore ai 15 anni) in Palestina è sceso nel periodo 1997-2021 dal 7,8% all’1,2% nel 2021, e tra le femmine per lo stesso periodo dal 20,3% al 3,5%”, ha dichiarato il PCBS. “In Cisgiordania, il tasso è sceso dal 14,1% nel 1997 al 2,5% nel 2021, mentre nella Striscia di Gaza assediata è sceso dal 13,7% del 1997 al 2,0% nel 2021”.

Il PCBS ha sottolineato che più della metà degli analfabeti sono anziani. Il livello di analfabetismo più alto è quello degli ultra sessantacinquenni, mentre nel gruppo di età compreso tra i 30 e i 44 anni è quello più basso.

Secondo i dati ufficiali, circa 51 mila analfabeti vivono nelle comunità urbane, mentre il tasso di analfabetismo nelle comunità rurali è del 2,9%, pari a circa 15 mila persone. Nei campi profughi il tasso è del 2,3%, pari a circa 6 mila persone.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) definisce analfabeta una persona che non è in grado di leggere e scrivere e di comprendere una breve e semplice frase sulla vita quotidiana.

Secondo i dati dell’Istituto di statistica dell’UNESCO, nel 2020 il tasso di analfabetismo tra gli individui di età pari o superiore ai 15 anni nei Paesi dell’Asia occidentale e del Nord Africa era del 19,5%. Il tasso era del 25,1% tra le femmine rispetto al 14,2% tra i maschi.

Nello stesso anno, il tasso di analfabetismo globale tra gli individui di 15 anni e oltre era del 13,3%, con un tasso del 16,7% tra le donne e del 9,9% tra i maschi.

L’8 settembre di ogni anno il mondo celebra la Giornata internazionale dell’alfabetizzazione, proclamata dalla 14ª sessione della Conferenza generale dell’UNESCO, il 26 ottobre 1966.

(Fonti: MEMO e Wafa).

(Foto: Wafa).

Traduzione per InfoPal di F.H.L.

Gerusalemme/al-Quds. Giovedì notte, le forze di occupazione israeliane (IO) hanno preso d’assalto Bab al-Rahma, una delle sale di preghiera della moschea di Al-Aqsa, e l’hanno devastata.

Testimoni hanno affermato che le IOF hanno preso d’assalto la sala di preghiera, l’hanno perquisita, distrutto parte del suo contenuto e sequestrato l’altra parte.

Fonti del Dipartimento per le dotazioni islamiche Awqaf (affiliato alla Giordania) hanno riferito che un gruppo di soldati ha fatto irruzione nella sala di preghiera con gli scarponi, dopo aver impedito alle guardie di Al-Aqsa di avvicinarsi al luogo.

Le riprese video hanno mostrato i segni degli scarponi dei soldati sui tappeti della sala di preghiera di Bab al-Rahma e la distruzione del suo contenuto durante le operazioni di perquisizione, prima che alcuni utensili e caffè fossero confiscati.

Da anni le autorità di occupazione prendono di mira la sala di preghiera Bab al-Rahma, per controllarla e trasformarla in una sinagoga ebraica.

Era stata riaperta quattro anni fa, dopo una chiusura durata 16 anni.

I gruppi del “Tempio” si stanno preparando affinché una numerosa folla di coloni partecipi all’assalto alla moschea di Al-Aqsa, approfittando della stagione delle festività ebraiche, che inizierà a metà settembre.

I coloni celebrano la festa del “Capodanno ebraico” il 15 settembre, che dura due giorni, mentre vengono fatti i preparativi per le grandi invasioni nella Moschea di Al-Aqsa e nella Città Vecchia.

Le festività ebraiche continuano dall’8 ottobre, fino alla cosiddetta “Festa delle Luci” dell’8 dicembre, quando i coloni tentano di assaltare Al-Aqsa in massa e di eseguirvi rituali.

(Fonte: Quds Press).

Hebron/al-Khalil-TheNewArab.com. Di Salam Abu Sharar. “La vita qui non è facile, ma cerchiamo di migliorare. Hebron è la mia casa. Anche se qualcuno mi offrisse tutto l’oro del mondo per andarmene, direi di no”. (Da InvictaPalestina.org).

La città palestinese di Hebron è sotto assedio israeliano da quasi trent’anni. I palestinesi che vivono nella Città Vecchia di Hebron devono affrontare minacce da parte dei coloni e violenze militari, ma le donne palestinesi trovano ancora il modo di sostenersi a vicenda.

Nel cortile recintato della sua casa, Huriah Dofesh, 55 anni, raccoglie il timo dal suo giardino per preparare il piatto tradizionale palestinese, lo Za’atar Akhdar, per la cena in famiglia.

Residente a Tel Rumedia, un quartiere della storica città vecchia di Hebron, Huriah racconta a The New Arab di come è cambiata la vita a Hebron e di come la sua vita,  dopo il massacro della moschea Ibrahimi del febbraio 1994,sia  ora definita dalla crescente intrusione dei coloni.

“Viviamo in una prigione costruita dalle nostre mani per proteggere i nostri figli, noi stessi e le nostre case”

Il massacro ha cambiato Hebron.

La città vecchia di Hebron venne divisa nel 1994 con la firma del Protocollo di Hebron tra Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Secondo il protocollo, Israele controlla le aree militari della città vecchia – chiamate H2 – che comprendono il 20% della città di Hebron e 33.000 palestinesi.

“Prima che arrivassero i militari, i palestinesi potevano girare per la città in macchina, le ambulanze potevano facilmente raggiungere il nostro quartiere e le famiglie in visita potevano venire a trovarci senza problemi”, dice.

“Ma dopo il 1994, la vita è diventata molto più dura e pericolosa”, ha aggiunto Huriah, menzionando il periodo in cui soffriva di forti dolori alla schiena e dovette attendere dieci ore prima che i soldati israeliani permettessero all’ambulanza di entrare e portarla in ospedale.

Tel Rumedia è ora circondata da posti di blocco. Ai  palestinesi non è più permesso guidare nella città vecchia e devono coordinarsi con i funzionari israeliani se hanno bisogno di trasportare oggetti pesanti, mobili o elettrodomestici nelle loro case. Nel frattempo, i coloni israeliani che vivono nella stessa zona vivono la loro vita senza alcuna restrizione.

Mentre Huriah cucina, i suoi nipoti superano i posti di blocco per raggiungere casa sua. “Nessuno può venire qui senza passare attraverso i posti di blocco, i soldati controllano le nostre carte d’identità e i nostri effetti personali. La velocità con cui possiamo passare attraverso il posto di blocco dipende dall’umore dei soldati”, spiega Huriah, chiaramente esacerbata, a The New Arab

For the Palestinians, the Cave of the Patriarchs massacre is the foundational ethos of Israel today

@emadmoussa https://t.co/sNOXMQY1wc

— The New Arab (@The_NewArab) February 28, 2022

Huriah, casalinga e insegnante di Corano presso la moschea locale, sogna la ripresa della normalità, la possibilità di aprire le finestre di casa e sentire entrare la brezza senza il fetore delle bottiglie di urina gettate dai coloni o di non dover sopportare recinzioni metalliche per impedire il lancio di oggetti contro la casa.

“Viviamo in una prigione costruita dalle nostre mani per proteggere i nostri figli, noi stessi e le nostre case. I coloni ci lanciano pietre, spazzatura e oggetti metallici, soprattutto durante le vacanze”, ha detto, descrivendo come le violazioni israeliane colpiscono gli spazi palestinesi pubblici e privati

I coloni sono in grado di distruggere le case palestinesi a piacimento [photo credit: Salam AbuSharar]

Huriah ci porta all’ultimo piano della sua casa dove stende la biancheria e ci mostra il punto in cui i coloni israeliani hanno frantumato i suoi pannelli solari con delle pietre. Ci chiede chi porterà i nuovi pannelli e chi li riparerà. Come il resto della casa, anche  i pannelli solari sono ora ricoperti da una rete metallica per evitare che vi vengano lanciati sopra degli oggetti.

“Non è facile trovare un tuttofare che possa venire qui. Cerco anche un falegname, ma il più delle volte non riescono nemmeno a venire.

Huriah è preoccupata anche per la sicurezza della sua famiglia. “Come madre, ho sempre paura che possa succedere qualcosa a mio marito o ai miei figli. Tutto questo è davvero  psicologicamente molto estenuante.”

Per gli abitanti di Tel Rumeidah, le relazioni comunitarie tra vicini sono l’unica rete di sicurezza che li aiuta a sostenersi a vicenda e a rimanere resilienti di fronte alle violazioni israeliane.

A casa di Huriah, le donne della comunità si riuniscono per parlare delle loro lotte quotidiane, speranze, sogni e preoccupazioni. All’interno di questo circolo sociale, le donne hanno trovato il modo di mantenersi, creando una cucina collettiva per preparare e vendere prelibatezze locali nei territori della Cisgiordania occupata. Hanno avuto sufficiente successo da riuscire a esportare i loro prodotti nei paesi arabi circostanti.

“Ci riuniamo più volte alla settimana per preparare il cibo e parlare. Parlare ci aiuta a sentirci sicure e supportate. Condividere storie è fondamentale per allargare la nostra presenza nel quartiere, visitando le donne anziane, i pazienti e qualsiasi altra famiglia che celebra un giorno o un evento speciale”, spiega con orgoglio a The New Arab.

“Il nostro amore reciproco ci aiuta a sopravvivere nonostante le condizioni avverse”, aggiunge.

“La vita qui non è facile, ma cerchiamo di migliorarci. Hebron è la mia casa. Anche se qualcuno mi offrisse tutto l’oro del mondo per andarmene, direi di no.”

Salam Abu Sharar è un farmacista, attivista e blogger palestinese.

Traduzione di Grazia Parolari per Invictpalestina.org.

[Sabaaneh/Middle East Monitor].

C’è preoccupazione e shock a livello politico, in Israele, alla luce della dichiarazione dell’ex capo del Mossad, Tamir Pardo, secondo cui lo stato sta praticando una politica di apartheid in Cisgiordania.

Un ex capo dell’agenzia di spionaggio israeliana Mossad ha affermato che lo stato sta imponendo una forma di apartheid ai palestinesi. Pardo ha paragonato l’occupazione israeliana della Cisgiordania al defunto sistema di oppressione razziale del Sud Africa.

“Qui esiste uno stato di apartheid”, ha spiegato.
Parlando ad AP, Pardo ha affermato che i meccanismi israeliani per il controllo dei palestinesi, dalle restrizioni sui movimenti all’assoggettamento alla legge militare mentre i coloni nei Territori occupati sono governati da tribunali civili, corrispondono a quelli del vecchio Sud Africa.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha nominato Pardo, 70 anni, capo del Mossad nel 2011. Il partito Likud di Netanyahu ha condannato le osservazioni di Pardo, dicendo che “dovrebbe vergognarsi” dei suoi commenti. “Invece di difendere Israele e l’esercito israeliano, Pardo diffama Israele”.

Pardo si è quindi unito a un numero crescente di alti funzionari israeliani che paragonano il trattamento statale dei palestinesi nella Cisgiordania occupata all’apartheid in Sud Africa. Alcune delle principali organizzazioni per i diritti umani hanno dichiarato che Israele ha superato la soglia legale per essere descritto come uno stato di apartheid, tra cui B’Tselem, Human Rights Watch e Amnesty International.

(Fonti: MEMO e Quds Press).

Traduzione per InfoPal di F.L.

Ramallah. Il governo palestinese ha chiesto alla comunità internazionale di fare pressione su Israele affinché riapra il valico di Karem Abu Salem per le merci commerciali e revochi la decisione di sospendere le esportazioni dall’enclave assediata. Il valico è l’unico sbocco per l’esportazione di prodotti da Gaza.

Le autorità israeliane hanno sospeso tutte le esportazioni dalla Striscia di Gaza assediata a partire da martedì, fino a nuovo avviso, con il pretesto di un tentativo di “contrabbando di materiali esplosivi” attraverso il valico. “Durante un controllo di sicurezza di tre camion carichi di merci provenienti dalla Striscia di Gaza, sono stati trovati materiali esplosivi di alta qualità, del peso di alcuni chilogrammi, nascosti all’interno di abiti con marchi di moda internazionali”, ha dichiarato l’esercito israeliano.

Il ministro palestinese dell’Economia nazionale, Khaled Asili, ha invitato martedì la comunità internazionale a “fare pressione sul governo d’occupazione israeliano affinché annulli la punizione collettiva che impedisce la commercializzazione dei prodotti della Striscia di Gaza in Cisgiordania con la chiusura del valico commerciale di Karem Abu Salem, l’unico sbocco disponibile per la Striscia”.

Asili ha definito la decisione israeliana “ingiusta” che “si aggiunge alla politica di punizione collettiva perseguita dal governo di “occupazione israeliano dal 2007”.
In questo contesto, il ministro palestinese ha sottolineato che l’assedio israeliano sulla Striscia di Gaza “ha causato una profonda crisi umanitaria ed economica”.

Il ministro ha ritenuto il governo israeliano responsabile delle “ripercussioni di questa decisione, che infligge pesanti perdite al settore privato e alle sue varie componenti, e priva commercianti, agricoltori e produttori della possibilità di commercializzare i loro prodotti, interrompendo la produzione e l’occupazione”.

Karem Abu Salem è l’unico valico commerciale per Gaza, attraverso il quale entrano materiali da costruzione, merci, carburante e generi alimentari di cui la Striscia ha bisogno. La sua chiusura è un duro colpo per i palestinesi di Gaza.

(Fonte: MEMO, foto:  [Ali Jadallah – Anadolu Agency]).

Riyadh – MEMO. Il consigliere senior del presidente degli Stati Uniti Joe Biden per il Medio Oriente, Brett McGurk, si recherà questa settimana in Arabia Saudita per incontrare alti funzionari palestinesi e discutere il ruolo dei palestinesi in un possibile accordo di normalizzazione sponsorizzato dagli Stati Uniti tra Riyadh e Israele, ha riferito domenica il sito web statunitense Axios.

Axios ha citato una fonte statunitense secondo cui l’amministrazione Biden spera di raggiungere “intese realistiche” con i palestinesi, sottolineando che McGurk incontrerà il segretario generale del Comitato esecutivo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, Hussein al-Sheikh, il capo dell’intelligence palestinese, Majed Faraj ed il consigliere diplomatico di Abbas, Majdi al-Khalidi.

McGurk sarà accompagnato dall’alto diplomatico del Dipartimento di Stato per il Medio Oriente, Barbara Leaf, che ha incontrato i funzionari dell’Autorità Palestinese ad Amman la scorsa settimana, “un incontro che una fonte palestinese ha descritto come teso”, secondo il sito web statunitense.

Durante l’incontro della scorsa settimana, i funzionari palestinesi hanno detto a Leaf che “vogliono che le Nazioni Unite riconoscano la Palestina come Stato membro a tutti gli effetti”, ha riferito Axios, citando una fonte palestinese.

“Leaf ha risposto chiarendo che il riconoscimento da parte dell’ONU non era previsto, deludendo i funzionari dell’Autorità palestinese”, ha aggiunto il sito web statunitense.

[@SAMRIReports/Twitter].

MEMO. Il primo ambasciatore dell’Arabia Saudita in Iran dalla ripresa delle relazioni diplomatiche è giunto a Teheran per assumere l’incarico ufficiale, ha dichiarato martedì il ministro degli Esteri saudita, come riportato dall’agenzia Anadolu.

“Il Regno e l’Iran sono vicini e condividono molte componenti economiche, risorse naturali e vantaggi che contribuiscono a migliorare gli aspetti di sviluppo, prosperità, stabilità e sicurezza nella regione”, ha affermato l’Ambasciatore Abdullah Al-Anzi.

L’ambasciatore iraniano, Alireza Enayati, aveva dichiarato che avrebbe dovuto recarsi a Riyadh per iniziare la sua missione diplomatica.

L’Iran e l’Arabia Saudita hanno interrotto le relazioni diplomatiche nel gennaio 2016 dopo che l’ambasciata saudita a Teheran e il consolato a Mashhad erano stati presi d’assalto da una folla inferocita a seguito all’esecuzione di un religioso sciita saudita.

I due rivali hanno ripreso i rapporti diplomatici dopo la mediazione della Cina, all’inizio di quest’anno.

Traduzione per InfoPal di Edy Meroli

Ramallah. Martedì, le fazioni nazionali e islamiche palestinesi hanno chiesto una rivolta in risposta alle aggressioni israeliane contro le donne palestinesi. Il Comitato di controllo delle fazioni ha condannato, in particolare, l’uso di cani d’attacco da parte delle soldatesse per costringere le donne palestinesi a spogliarsi, a Hebron.

La dichiarazione delle fazioni ha condannato anche il “brutale attacco delle forze d’occupazione contro una donna palestinese a Bab Hatta”, una delle porte della moschea di al-Aqsa.

“Con questo, l’occupazione ha oltrepassato tutte le linee rosse, e non ha lasciato nessuna santità inviolata”, hanno dichiarato le fazioni. “L’occupazione israeliana ha umiliato la sacralità dell’essere umano prendendo di mira l’onore delle donne palestinesi libere”.

Invitando i popoli liberi del mondo, le istituzioni per i diritti umani e tutti gli organismi internazionali ad agire per proteggere i palestinesi dall’aggressione israeliana “fascista” su terre e santità, le fazioni hanno aggiunto che “i criminali di guerra israeliani dovrebbero essere perseguiti per i loro crimini davanti ai tribunali internazionali”.

Hanno sottolineato che “le esecuzioni sul campo, le invasioni e la distruzione che l’occupazione lascia dietro di sé in tutte le nostre città e campi non terrorizzeranno il nostro popolo e non lo dissuaderanno dal resistere all’occupazione finché essa non sarà sconfitta”. Le fazioni hanno salutato gli “eroi della resistenza che martedì mattina hanno coraggiosamente difeso il campo profughi di Nour Shams, a Tulkarm”.

Lunedì, il gruppo israeliano per i diritti B’Tselem ha rivelato che “due soldatesse israeliane armate, con un cane da attacco, hanno costretto cinque donne palestinesi di una famiglia di Hebron, individualmente, a togliersi tutti i vestiti e a camminare nude davanti a loro”. Le donne hanno raccontato che le due soldatesse hanno minacciato di sguinzagliare il cane contro di loro se non avessero obbedito all’ordine.

(Foto: [Nedal Eshtayah – Anadolu Agency]).

(Fonte: MEMO).

Traduzione per InfoPal di F.L.

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Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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