Infopal

News agency on Palestine and Middle East
Subscribe to feed Infopal Infopal

Washington. Centinaia di dipendenti di Google e di attivisti e sostenitori dei diritti dei palestinesi hanno partecipato ad una manifestazione a San Francisco, in California, in solidarietà con il popolo palestinese e per protestare contro lo svolgimento della conferenza annuale Google Cloud Next.

I partecipanti alla manifestazione, organizzata mercoledì da un’ampia coalizione di diverse organizzazioni che sostengono i diritti dei palestinesi, hanno usato bandiere palestinesi e striscioni che chiedevano di porre fine al contratto dell’azienda con il governo e l’esercito israeliani.

Alcuni manifestanti si sono incatenati fuori dalla conferenza, nel centro di San Francisco, come gesto di disobbedienza civile pacifica.

In una dichiarazione rilasciata dagli organizzatori della manifestazione si legge che “la tecnologia di Google non viene utilizzata per ispirare e innovare. Al contrario, alimenta i servizi di sicurezza israeliani, consente e rafforza l’Apartheid, la violenza di Stato, l’occupazione e la confisca delle terre, attraverso un contratto molto lucrativo del valore di miliardi di dollari con il governo e l’esercito israeliani”.

“Sono molto preoccupato che Google non abbia scrupoli a lavorare con il governo israeliano”, ha dichiarato Joshua Marxen, un ingegnere software di Google Cloud che ha contribuito all’organizzazione della protesta. “Google non ci ha dato alcun motivo per fidarci”.

(Fonte: WAFA).

Traduzione per InfoPal di F.H.L.

Valle del Giordano. Mercoledì, un gruppo di coloni israeliani ha recintato una strada agricola e ha brutalmente aggredito un contadino palestinese nella Valle del Giordano settentrionale, secondo quanto riferito da fonti locali.

Mutaz Basharat, un alto funzionario che monitora le attività coloniali israeliane, ha dichiarato che decine di coloni hanno recintato una strada agricola che collega Khirbet Umm Zuqah all’autostrada.

Ha spiegato che quest’area, che si trova in cima ad una montagna nella Valle del Giordano, è stata un bersaglio regolare delle incursioni e degli attacchi dei coloni, che impediscono ai pastori di pascolare in quella zona.

Nel frattempo, i coloni hanno brutalmente aggredito l’agricoltore palestinese Mohib Daraghme, lasciandolo con lividi su tutto il corpo.

Basharat ha osservato che un gruppo di coloni ha circondato le tende dei residenti dell’area di Dra Awwad, causando il panico tra i bambini e le donne.

I contadini palestinesi della Valle del Giordano settentrionale subiscono quotidianamente violazioni, incursioni e attacchi da parte dei coloni e delle forze di occupazione, che mirano a cacciarli dalle loro terre in favore dell’espansione delle colonie.

(Fonte: WAFA).

Traduzione per InfoPal di F.L.

Cisgiordania. Nell’ultima settimana, le forze di occupazione israeliane (IOF) hanno arrestato circa 200 palestinesi provenienti da diverse aree della Cisgiordania.

Sono stati eseguiti tra i 30 e i 50 arresti al giorno, registrati principalmente a Nablus, Ramallah e Hebron/al-Khalil, e sono stati accompagnati da violente campagne di incursioni e perquisizioni, oltre che da attacchi brutali.

Gli arresti hanno preso di mira i parenti dei palestinesi uccisi, studenti universitari e persino i bambini.

Circa 5.100 palestinesi sono attualmente rinchiusi nelle carceri israeliane, tra cui più di 1.200 detenuti amministrativi, 32 donne e 160 bambini.

(Fonti: PIC e Quds Press).

(Foto: archivio).

Ramallah. Giovedì mattina, un colono israeliano è stato ucciso e altri sono rimasti feriti, dopo essere stati travolti da un camion ad un posto di blocco militare a ovest di Ramallah, nella Cisgiordania centrale.

Il Canale TV 14 israeliano ha riferito: “Un palestinese ha investito diversi israeliani con un camion su cui stava viaggiando ad un posto di blocco militare vicino a Beit Sira, uccidendo un colono e ferendone altri”.

L’ambulanza israeliana aveva descritto le condizioni di due feriti come “gravi”, prima di annunciare la morte di uno di loro, mentre le condizioni del terzo erano state classificate come “moderate”.

Fonti israeliane hanno sottolineato che l’esercito di occupazione ha aperto il fuoco sull’autore dell’operazione, dopo averlo inseguito vicino a un posto di blocco militare, ferendolo gravemente.

(Fonte: Quds Press).

Cisgiordania. L’autorità d’occupazione israeliana (IOA) ha intensificato la costruzione di colonie, confiscando ampie aree delle città e dei villaggi in Cisgiordania.

Il ricercatore sugli affari coloniali israeliani, Muhammad Sobha, ha affermato che i ministri del governo avevano preparato i progetti coloniali prima di salire al potere.

Sobha ha chiarito che l’IOA ha lanciato progetti coloniali senza precedenti, con l’obiettivo di intensificare il numero di coloni in Cisgiordania.

Ha sottolineato che il ministro israeliano Bezalel Smotrich ha preparato un piano per sviluppare e stabilire 155 progetti coloniali entro due anni.

Smotrich ha presentato un progetto coloniale integrato per impadronirsi di vaste aree della Cisgiordania, ha aggiunto.

Anche il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha preparato un progetto a lungo termine che mira a raggiungere una popolazione di un milione di coloni nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme.

Il governo Netanyahu ha stanziato 3,2 milioni di shekel per confiscare migliaia ettari di terra palestinese per il progetto coloniale, ha dichiarato Sobha.

Dall’inizio dell’anno, il governo israeliano ha fatto avanzare i piani per stabilire 12.885 unità coloniali in Cisgiordania.

(Fonti: PIC e Quds Press).

Tulkarem. I residenti di Tulkarem e del suo campo, nel nord della Cisgiordania occupata, hanno partecipato al funerale di Abdul Qadir Zaqdah, morto mercoledì mattina a causa delle gravi ferite riportate durante l’assalto dei servizi di sicurezza dell’Autorità Palestinese (ANP) per rimuovere barricate e barriere poste da parte della popolazione locale contro l’occupazione israeliana.

Il corteo funebre, al quale hanno partecipato centinaia di persone, è partito dall’ospedale Thabet, nella città di Tulkarem, verso il campo profughi, al suono di canti rabbiosi che chiedevano di punire i responsabili della morte del giovane.

Il caso ha scatenato una diffusa condanna da parte delle fazioni palestinesi e delle organizzazioni per i diritti umani, tra gli appelli a formare comitati indipendenti e a perseguire i responsabili dell’uccisione di Zaqdah.

Da parte sua, Talal Dweikat, portavoce dell’organismo di sicurezza dell’Autorità Palestinese, ha dichiarato: “I servizi di sicurezza hanno aperto un’indagine sulle circostanze della morte del cittadino Abdul Qader Zaqdah, del campo di Tulkarem, per scoprire l’origine della sparatoria, e hanno chiesto alle autorità competenti di eseguire l’autopsia sul corpo, per accertare i fatti”.

(Fonte: Quds Press).

Gerusalemme/al-Quds. Mercoledì sera, nella Gerusalemme occupata, la polizia israeliana ha sparato a un giovane palestinese dopo un presunto attacco con il coltello, uccidendolo.

Fonti dei media israeliani hanno affermato che il giovane è stato colpito da proiettili in una stazione ferroviaria vicino a una caserma della polizia, nel quartiere al-Musrara.

I video di sorveglianza hanno mostrato un giovane palestinese steso a terra mentre sanguinava dopo essere stato colpito dalla polizia israeliana.

Fonti israeliane hanno affermato che nell’attacco è rimasto lievemente ferito un colono di 25 anni.

Attivisti hanno diffuso un video sui social media, dal luogo in cui è stata effettuata l’operazione, mostrando un gruppo di coloni che applaudono in una scena provocatoria, durante l’uccisione del palestinese.

Israele occupò e annesse la parte orientale di Gerusalemme nel 1967, contravvenendo al diritto internazionale. La maggior parte dei paesi considera Gerusalemme territorio occupato e non riconosce la sovranità israeliana né gli insediamenti illegali.

(Fonti: PIC e Quds Press).

InfoPal. Di Lorenzo Poli. Dal 22 al 24 agosto, a Johannesburg, in Sudafrica, si è svolto il XV vertice dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Il vertice, per nulla indebolito dall’assenza del Presidente russo Vladimir Putin in quanto oggetto di un mandato di cattura internazionale, e rappresentato dal ministro degli Esteri Sergey Lavrov, ha discusso della richiesta di allargamento dei BRICS medesimi ad altri 23 paesi: Algeria, Arabia Saudita, Argentina, Bangladesh, Bahrein, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Honduras, Indonesia, Iran, Kazakistan, Kuwait, Marocco, Nigeria, Palestina, Senegal, Thailandia, Venezuela, Vietnam. Stiamo parlando di Paesi molto differenti tra loro, molto divisi per questioni ideologico-politiche, ma uniti da interessi geopolitici: porre fine all’unipolarismo occidentale fondato sull’atlantismo e dare inizio all’alba di una nuova era fondati sul multipolarismo. Il segnale è chiaro ed evidente: i Paesi del Sud del mondo, molti di loro aderenti ai Paesi Non-Allineati, non sono più disponibili a farsi strangolare dai Paesi occidentali e dalle loro istituzioni (Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Troika e NATO), ritenendo che il loro sviluppo economico e sociale possa essere indipendente da loro. Come ha ben scritto Paolo Ferrero: “La varietà politica che caratterizza i governi che guardano ai Brics come ad una possibile rete di relazioni alternative è un fattore di forza e non di debolezza, e sottolinea come i Brics siano in grado di avanzare una proposta politica concreta e non ideologica di cooperazione mondiale alternativa alla globalizzazione dominata dagli Usa e a loro favorevole”.

Stiamo parlando di Paesi emergenti, nuove potenze economiche e Paesi in via di sviluppo che spesso e volentieri sono stati vittime dell’imperialismo USA, sostenuto anche dall’UE, attraverso guerre, sanzioni, politiche neo-coloniali e rapine economiche che, oggi, non hanno nessuna paura di affrontare il blocco occidentale. E’ bene ricordare che proprio in seguito al rifiuto degli Stati Uniti di cedere una parte del potere nella gestione del Fondo Monetario Internazionale, i BRICS dettero vita, nel 2014, alla Nuova Banca di Sviluppo – un Istituto finanziario non solo autonomo, ma alternativo al FMI.

Nonostante i mass media occidentali continuino a minimizzare e snobbare ciò che è avvenuto a Johannesburg, i BRICS hanno cominciato a dar luogo a scambi economici senza passare attraverso la mediazione del dollaro già da più di 10 anni e proprio in questo vertice hanno discusso della possibilità di dar vita ad una moneta che sia in grado di regolare gli scambi internazionali senza passare per il dollaro. La proposta arriva dal Brasile del socialista Lula che ha affermato: “Questa valuta consentirà maggiori scambi tra paesi come il Brasile e il Sudafrica senza dipendere da quella di un paese terzo”. La moneta, che non sostituirà le valute locali, permetterà “maggiori relazioni commerciali, ad esempio fra Brasile e Sudafrica, senza dipendere dalla valuta di un paese terzo come il dollaro” – ha rimarcato Lula.

La cooperazione tra i Paesi del sud del mondo è essenziale per affrontare le disuguaglianze, la crisi climatica e per un mondo più equilibrato ed equo”, ha aggiunto il presidente del Brasile, che ha proposto, inoltre, l’adesione nei BRICS di altre nazioni tra cui Arabia Saudita e Argentina, mostrandosi inoltre favorevole anche all’ingresso dell’Iran.

La nuova valuta potrebbe chiamarsi R5, dalle iniziali delle cinque valute dei Paesi che fanno attualmente parte dei BRICS: real, rublo, rupia, renminbi e rand. Si discute su come incrementare la raccolta fondi e i prestiti in valuta locale all’interno della Nuova Banca per lo Sviluppo (Ndb), o la cosiddetta banca Brics. Secondo Enoch Godongwana, ministro delle Finanze sudafricano, l’uso della valuta locale aiuterà a ridurre il rischio dell’impatto delle fluttuazioni dei cambi.

Dagli accordi di Bretton Woods del 1944 fino ad oggi, la moneta utilizzata per gli scambi economici è stata il dollaro e questa moneta ha anche avuto la funzione di valuta di riserva a livello internazionale. Questa situazione che ha visto il dollaro assumere una funzione dominante a livello mondiale si è accentuata dopo il 1971, quando il governo statunitense ha unilateralmente deciso di abolire la convertibilità del dollaro con l’oro secondo un rapporto di scambio fisso. In pratica dopo il 1971 gli Usa hanno goduto di una posizione di rendita che ha dato loro tutti i vantaggi di stampare la moneta che veniva poi usata a livello mondiale, senza essere chiamati ad avere alcun tipo di responsabilità per lo svolgimento di questo ruolo particolare e unico a livello mondiale. Gli Usa hanno potuto spendere quanto volevano e non sono stati chiamati a pagare i loro debiti, questo perché i loro debiti con gli altri Paesi del mondo sono in dollari e, allo stesso tempo, di dollari ne stampano quanti ne vogliono. Dal 1971 ad oggi, gli USA non hanno più dovuto pagare i loro debiti: hanno vissuto regolarmente al di sopra delle loro possibilità consumando merci prodotte da altre parti del mondo (Cina, Giappone ed Europa principalmente) che venivano pagate in dollari prontamente stampati dalle rotative statunitensi. A tal proposito è interessante capire questo meccanismo imperialista leggendo il libro “Confessioni di un sicario dell’economia. La costruzione dell’impero americano nel racconto di un insider” dell’economista John Perkins.

Tutto questo, compresa la dollarizzazione imperialista del mondo, sta finendo.

“Il lancio di una moneta comune da parte dei Brics potrebbe significare il crollo del dollaro. Uno dei più grandi cambiamenti nella storia del mondo avverrà il 22 agosto 2023. Le nazioni Brics stanno tenendo una conferenza a Johannesburg per creare la propria valuta d’oro. Cosa significa questo per il dollaro Usa?”, si era chiesto il co-fondatore di Rich Dad Company, Robert Kiyosaki, secondo quanto riporta la piattaforma finanziaria Investing.com. Per Kiyosaki – che aveva previsto il tracollo di Lehman Brothers nel 2008 – se i Paesi BRICS “adotteranno una criptovaluta lastricata in oro il dollaro sarà fritto”.

Il processo di de-dollarizzazione del mondo, secondo il presidente russo Vladimir Putin, – in videoconferenza al vertice dei BRICS, secondo quanto riportato da Tass è un segnale della fine del neocolonialismo: “Un processo equilibrato e irreversibile di de-dollarizzazione dei nostri legami economici sta prendendo piede, con sforzi intrapresi per sviluppare meccanismi efficienti di accordi reciproci, nonché di controllo monetario e finanziario. Di conseguenza, la quota del dollaro nelle esportazioni e importazioni delle transazioni all’interno dei Brics sta diminuendo poiché l’anno scorso ammontava solo al 28,7%”.

La de-dollarizzazione del mondo era già stata ideata nel 2009 dal presidente libico Muammar Gheddafi quando, allora Presidente dell’Unione Africana, propose che il continente economicamente depresso adottasse il “dinaro d’oro panafricano”. Negli anni e mesi precedenti la decisione degli Stati Uniti di effettuare un regime change (cambio di regime) contro Gheddafi – con il sostegno inglese e francese per una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affinché la NATO avviasse l’operazione – Muammar Gheddafi aveva predisposto la creazione del dinaro che sarebbe stato utilizzato dagli Stati africani produttori di petrolio e dai Paesi arabi dell’OPEC per vendere petrolio sul mercato mondiale senza prezzarlo in dollari. In quel momento Wall Street e la City di Londra stavano attraversando la crisi finanziaria del 2007-2008, e la sfida al dollaro quale valuta di riserva l’avrebbe aggravata.

Superare il mondo unipolare è decisivo, su tutti i piani, per creare un mondo multipolare in dialogo di pace e di fratellanza tra popoli.

Lavrov sul Summit BRICS: https://www.youtube.com/watch?v=B-vi5vws9QM

Ramallah. Gli apparati di sicurezza dell’Autorità Palestinese (ANP) hanno continuato a portare avanti la campagna di arresti politicamente motivati in Cisgiordania, persistendo nel contempo a detenere illegalmente decine di cittadini nelle loro carceri.

Secondo fonti locali, lunedì e martedì le forze di sicurezza dell’Autorità palestinese hanno rapito tre cittadini in Cisgiordania, di cui uno dopo averlo convocato per un interrogatorio.

Il prigioniero Osama Salatneh, ingegnere, uno dei detenuti in sciopero della fame nelle carceri dell’Autorità Palestinese, sarebbe stato trasferito in ospedale dopo che la sua salute era peggiorata. È in sciopero della fame da 25 giorni.

I servizi di sicurezza dell’Autorità palestinese si rifiutano, inoltre, di liberare decine di detenuti politici, tra cui studenti universitari, personalità accademiche e nazionali, sebbene alcuni di questi detenuti abbiano ricevuto verdetti del tribunale che ne ordinavano il rilascio.

(Fonti: PIC e Quds Press).

Tel Aviv. Lunedì, il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich ha dichiarato che il suo ministero sbloccherà i fondi per le comunità arabe che aveva sospeso dopo aver affermato che il denaro alimentava la criminalità, secondo quanto riportato da Reuters.

All’inizio del mese, Smotrich ha dichiarato che alcuni dei fondi di bilancio destinati ai consigli locali arabi erano una bustarella politica del precedente governo che poteva finire nelle mani di “criminali e terroristi”.

La settimana scorsa i consigli locali arabi hanno scioperato per protestare contro questa mossa e i leader delle comunità hanno manifestato davanti agli uffici del governo. Il Comitato nazionale dei consigli locali arabi in Israele ha accusato Smotrich di “razzismo”.

In una dichiarazione rilasciata lunedì, Smotrich è sembrato fare marcia indietro e ha affermato che è stato creato un meccanismo di controllo per trasferire i fondi alle comunità arabe.

“Stiamo impedendo alle organizzazioni criminali di appropriarsi dei bilanci destinati alle autorità arabe”, ha dichiarato Smotrich.

I cittadini arabi di Israele, discendenti dei palestinesi rimasti in Israele dopo la guerra del 1948, rappresentano circa un quinto della popolazione del Paese. Sono i più colpiti dall’aumento dei tassi di povertà in Israele, a causa degli sforzi intenzionali del governo di non fornire finanziamenti sufficienti alle loro comunità e delle norme che li discriminano a livello razziale.

(Fonte: MEMO).

(Foto: Bezalel Smotrich [Social media]).

Traduzione per InfoPal di F.H.L.

Tel Aviv. Il capo dello Shin Bet israeliano, Ronen Bar, ha avvertito che il sovraffollamento delle carceri impedirà alle forze dell’ordine di effettuare “arresti più importanti” nella Cisgiordania occupata.

L’avvertimento giunge in concomitanza con l’entrata in vigore, venerdì, della legge introdotta dal ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, che blocca il rilascio amministrativo dei “prigionieri di sicurezza”. Il rilascio amministrativo consente di liberare i prigionieri con pene relativamente lievi verso la fine del loro periodo di detenzione, per fare spazio nelle carceri.

Questa politica, hanno avvertito i media locali, influirà negativamente sugli arresti effettuati dall’esercito israeliano e dallo Shin Bet, in particolare in un momento in cui le tensioni sulla sicurezza sono al massimo nella Cisgiordania occupata.

I membri della Knesset hanno affermato che la decisione di Ben-Gvir è irresponsabile perché non prevede opzioni per le strutture carcerarie. Questo, hanno avvertito, potrebbe significare che non ci sarà posto per detenere prigionieri più pericolosi.

(Foto: Ronen Bar [@DaysOfPal/Twitter].

(Fonte: MEMO).

Traduzione per InfoPal di F.L.

Ramallah. La Conferenza Popolare per i Palestinesi all’Estero (PCPA) ha condannato lunedì le autorità olandesi per la detenzione del capo dell’organizzazione, Amin Abu Rashed, sottolineando che la sua detenzione “manca di prove legali”.

In una dichiarazione, il PCPA ha affermato che Abu Rashed “è soggetto ad una detenzione arbitraria che costituisce una violazione del diritto internazionale”.
L’APC ha affermato che la detenzione di Abu Rashed “sta prendendo di mira l’attivismo palestinese in Europa, il lavoro umanitario e il suo ruolo nel rafforzare la resistenza dei palestinesi in Palestina e nei campi profughi della diaspora”.

Secondo il PCPA: “Abu Rashed è stato imprigionato su pressione della lobby israeliana che diffama i palestinesi e tutti coloro che lavorano per la sua causa”.

Il PCPA ha chiesto alla magistratura olandese di “rilasciare immediatamente Abu Rashed per problemi di salute, poiché ha bisogno di cure speciali”.
Abu Rashed, che è stato arrestato a giugno, ha un passaporto olandese e lavora per rendere nota la condizione dei palestinesi che vivono sotto occupazione.

(Foto: Amin Abou Rashed [@aminabourashed_/X]).

(Fonte: MEMO).

Gerusalemme/al-Quds. Amnesty International (AI) ha condannato la decisione di un tribunale israeliano di demolire la casa del bambino palestinese Mohammed al-Zalbani, detenuto da sei mesi.

Martedì, in un comunicato stampa, AI ha affermato che la decisione israeliana di demolire la casa di al-Zalbani costituisce una grave violazione delle leggi e delle convenzioni internazionali e costituisce un crimine di guerra.

Lunedì scorso, la Corte Suprema israeliana ha deciso di demolire la casa di al-Zalbani nonostante una petizione presentata dall’organizzazione israeliana per i diritti umani, HaMoked, contro la decisione.

Nel febbraio 2023, Mohammed al-Zilbani, 13 anni, ha effettuato un’operazione di accoltellamento contro un ufficiale israeliano all’ingresso del campo profughi di Shufat, a nord della Gerusalemme occupata.

A seguito dell’operazione, l’esercito israeliano ha ordinato la demolizione dell’appartamento residenziale della famiglia di Mohammed, dove vivono i suoi genitori e tre fratelli.

Dall’inizio del 2023, Israele ha demolito 15 strutture palestinesi a Gerusalemme o in Cisgiordania che appartengono a famiglie di martiri o prigionieri.

(Fonte: PIC).

Gaza – The Palestine Chronicle. 625 mila studenti della Striscia di Gaza hanno iniziato la scuola sabato 26 agosto.

Questo numero comprende 305 mila studenti che frequentano le scuole governative, 300 mila che frequentano le scuole dell’UNRWA e 21 mila delle scuole private.

“Ci congratuliamo con i nostri studenti e le loro famiglie per l’inizio del nuovo anno accademico 2023/2024”, ha dichiarato Salama Maarouf, capo dell’ufficio stampa del governo a Gaza.

“Salutiamo i nostri professionisti dell’istruzione, che hanno la responsabilità di educare il nostro popolo e di promuovere valori nobili e morali”, ha aggiunto Maarouf.

Nella Striscia di Gaza vivono oltre 2 milioni di palestinesi, la maggior parte dei quali sono rifugiati.

Israele ha imposto un assedio ermetico nel 2007, pochi mesi dopo la vittoria elettorale del Movimento di resistenza islamica Hamas.

Da allora, Israele ha lanciato diverse offensive micidiali a Gaza, nel mezzo di un blocco economico incessante.

Il settore dell’istruzione è stato uno dei più colpiti dall’assedio israeliano, poiché molte università, scuole e asili sono stati bombardati da Israele e a causa della mancanza di rifornimenti e della crescente povertà.

Secondo Maarouf, a Gaza ci sono in totale 803 scuole, distribuite come segue: 448 scuole governative, 288 scuole UNRWA e 67 scuole private.

Foto di Mahmoud Ajjour.

Gaza – MEMO. Gli studenti di Gaza hanno iniziato il nuovo ciclo scolastico domenica, ma non è chiaro se saranno in grado di completare l’anno senza interruzioni, a causa di una crisi di finanziamenti dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, secondo quanto riporta Reuters.

L’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) gestisce 288 scuole nel territorio palestinese, tra le 700 che finanzia in tutta la regione del Medio Oriente, oltre a 140 cliniche mediche.

Tuttavia, mancano circa 200 milioni di dollari per pagare gli stipendi del personale e mantenere i servizi in funzione fino alla fine del 2023.

“Non abbiamo ottenuto tutti i finanziamenti necessari per garantire che le nostre scuole possano rimanere operative fino alla fine di quest’anno, quindi stiamo lavorando per ottenere i fondi necessari per mantenere aperte le scuole a Gaza”, ha dichiarato Thomas White, direttore degli affari dell’UNRWA a Gaza.

White ha spiegato che alcuni Paesi donatori discuteranno i finanziamenti per l’UNRWA a settembre.

“Nel caso in cui non ottenessimo i fondi, 298 mila studenti potrebbero non andare a scuola. A Gaza, 1,2 milioni di persone potrebbero non avere accesso all’assistenza sanitaria”, ha dichiarato White a Reuters durante una visita ad una scuola gestita dalle Nazioni Unite nella città di Gaza.

In aggiunta ai 200 milioni di dollari per sostenere il suo bilancio operativo nella regione, l’UNRWA ha bisogno anche di 75 milioni di dollari per gli aiuti alimentari a Gaza.

Circa due terzi dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza sono rifugiati, principalmente i discendenti di coloro che sono fuggiti o sono stati costretti a fuggire dalle loro città e villaggi nel 1948, che ha visto la nascita dello Stato di Israele.

Le scuole dell’UNRWA istruiscono poco meno della metà dei giovani di Gaza, mentre circa 300 mila studenti frequentano le scuole gestite dal governo e altri quelle private.

Nel campo profughi di Nusseirat, nella Striscia di Gaza centrale, il rifugiato palestinese Sami Abu Mallouh, 47 anni, ha affermato che la sua famiglia, composta da 12 persone, dipende dall’UNRWA per l’istruzione, le cure mediche e gli aiuti alimentari.

“Senza l’UNRWA non valiamo nulla”, ha detto Mallouh.

(Foto: il direttore UNRWA a Gaza, Thomas White [Mohammed Asad/Middle East Monitor]).

Traduzione per InfoPal di F.H.L.

Gerusalemme/al-Quds. Nelle due settimane tra l’8 e il 21 agosto, le autorità di occupazione israeliana hanno demolito una scuola finanziata da donatori nel governatorato di Ramallah e altre 33 strutture palestinesi nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme Est, lo ha dichiarato il 28 agosto l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) nei Territori Palestinesi Occupati nel suo Rapporto quindicinale sulla Protezione dei Civili.

Il rapporto afferma che il 17 agosto, le autorità israeliane hanno demolito una scuola finanziata da donatori che serviva agli studenti della comunità di pastori sfollati di ‘Ein Samiya, vicino a Ramallah. La scuola serviva a 17 bambini, di età compresa tra i sei e i 12 anni. All’inizio di maggio, i membri della comunità, composta da 132 persone, tra cui 68 bambini, si sono trasferiti in zone dove, secondo quanto riferito, si sentivano più sicuri, citando la violenza dei coloni come ragione principale della loro partenza.

Secondo il rapporto, dal 2010, le autorità israeliane hanno effettuato 41 demolizioni/confische di 22 scuole dell’Area C della Cisgiordania e di Gerusalemme Est, citando la mancanza di permessi di costruzione.

Oltre alla scuola di cui sopra, le autorità israeliane hanno demolito, confiscato o costretto le persone a demolire altre 33 strutture a Gerusalemme Est e nell’Area C della Cisgiordania, comprese 10 case, citando la mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, che sono quasi impossibile da ottenere. Di conseguenza, 22 Palestinesi, tra cui 10 bambini, sono stati sfollati e i mezzi di sussistenza di oltre 100 altri sono stati colpiti.

Tre delle strutture colpite sono state fornite da donatori in risposta a una precedente demolizione nella comunità di Isteih a Gerico e nella comunità di Humsa al-Farsheh nel distretto di Nablus. 29 delle strutture colpite sono state demolite nell’Area C, tra cui quattro strutture demolite a ‘Ein Shibli, vicino a Nablus, situata in quella che Israele dichiara riserva naturale, dove le costruzioni palestinesi sono vietate.

Altre due strutture sono state demolite nella comunità di Humsa al-Farsheh, situata in un’area chiusa per l’addestramento militare, una zona di tiro, dove le costruzioni palestinesi sono vietate. Questa designazione si applica a circa il 18% del territorio della Cisgiordania, principalmente nella Valle del Giordano.

Altre quattro strutture sono state demolite a Gerusalemme Est, provocando lo sfollamento di due famiglie, composte da nove persone, tra cui tre bambini. Due delle strutture demolite a Gerusalemme Est sono state distrutte dai loro proprietari per evitare il pagamento di multe alle autorità israeliane.

L’8 agosto, le forze israeliane hanno fatto irruzione nel campo profughi di Askar a Nablus, nell’Area B, e hanno demolito, per motivi punitivi, la casa di un membro della famiglia accusato di aver ucciso due coloni israeliani a febbraio. Una famiglia composta da quattro persone, tra cui un bambino, è stata deportata. Durante la demolizione, durata più di sei ore, 197 Palestinesi sono rimasti feriti dalle forze israeliane, tra cui 75 bambini.

Dall’inizio del 2023, 16 case e una struttura agricola sono state demolite per motivi punitivi, rispetto alle 14 strutture del 2022 e alle tre del 2021. Le demolizioni punitive sono una forma di punizione collettiva e come tali sono illegali secondo il diritto internazionale, ha affermato OCHA.

Oltre alle demolizioni, il 22 agosto, le forze israeliane hanno sparato a un ragazzino palestinese di 17 anni durante un’operazione di ricerca e arresto nella città di al-Zababida, nel distretto di Jenin, e lo hanno ucciso.

Le forze di occupazione israeliana hanno ucciso sei Palestinesi, tra cui un bambino, durante le incursioni dell’esercito israeliano in Cisgiordania, alcune delle quali hanno comportato  scontri a fuoco con i Palestinesi.

Il numero di Palestinesi uccisi in Cisgiordania e in Israele dalle forze israeliane nel 2023 è stato finora di 172 persone e ha superato il totale degli uccisi nel 2022, pari a 155, che è stato il numero più alto di vittime in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, dal 2005.

Durante il periodo in esame, 559 Palestinesi, tra cui almeno 148 bambini, sono stati feriti dalle forze israeliane in tutta la Cisgiordania, tra cui 21 persone con proiettili. La maggior parte dei feriti (192) sono stati segnalati durante una demolizione punitiva durata più di sei ore nel campo profughi di Askar, durante la quale le forze israeliane hanno utilizzato proiettili letali, proiettili metallici rivestiti di gomma e lacrimogeni, mentre i Palestinesi lanciavano pietre.

Dall’inizio dell’anno, 705 Palestinesi sono stati feriti con armi da fuoco dalle forze israeliane in Cisgiordania, quasi il doppio dello stesso periodo del 2022 (411).

Quattro Palestinesi sono stati feriti da coloni israeliani che hanno anche danneggiato proprietà palestinesi in altri 19 attacchi in tutta la Cisgiordania.

Secondo il rapporto dell’OCHA, le forze israeliane hanno limitato il movimento dei Palestinesi in varie località della Cisgiordania, interrompendo l’accesso di migliaia di Palestinesi ai mezzi di sostentamento e ai servizi.

(Foto: scuola elementare di Ain Samiya prima della demolizione da parte di Israele).

Traduzione per InfoPal di Edy Meroli

Ramallah – MEMO. Un rapporto di Human Rights Watch (HRW) pubblicato lunedì ha rivelato un’enorme crescita nell’uccisione di bambini palestinesi da parte di Israele nella Cisgiordania occupata.

Il rapporto ha sottolineato che, sebbene il 2022 sia stato l’anno più letale per i bambini palestinesi negli ultimi 15 anni, il numero di morti nel 2023 sta già per superare i livelli del 2022. Fino ad agosto 2023, sono stati uccisi 34 bambini.

Il direttore associato dei diritti dell’infanzia di HRW, Bill Van Esveld, ha dichiarato che “le forze israeliane stanno sparando con sempre maggior frequenza ai bambini palestinesi che vivono sotto occupazione”. Ha avvertito che “a meno che gli alleati di Israele, in particolare gli Stati Uniti, non esercitino pressioni su Israele per cambiare rotta, saranno uccisi altri bambini palestinesi”.

HRW ha chiesto alle forze israeliane di porre fine al loro uso sistematico ed illegale della forza letale contro i palestinesi, inclusi i bambini.

L’organizzazione ha esortato il segretario generale delle Nazioni Unite a includere le forze armate israeliane nel suo rapporto annuale sulle gravi violazioni contro i bambini nei conflitti armati per il 2023.

“I bambini palestinesi vivono una realtà d’Apartheid e violenza strutturale, dove potrebbero essere uccisi in qualsiasi momento senza prospettive serie di responsabilizzazione”, ha detto Van Esveld. Ha aggiunto che “gli alleati di Israele dovrebbero affrontare questa brutta realtà e creare una vera pressione per una responsabilizzazione”.

(Foto:  [Mohammed Asad/Middle East Montiror]).

Traduzione per InfoPal di F.H.L

Ramallah – MEMO. In seguito alle minacce israeliane di assassinare l’alto dirigente di Hamas Saleh al-Arouri, domenica, i gruppi di resistenza palestinesi hanno messo in guardia Israele dal prendere di mira i loro leader.

Il Movimento della resistenza palestinese, Hamas, ha condannato la minaccia israeliana di assassinare i suoi leader, classificandola come “minacce vuote che non intimidiranno la resistenza”.

In una nota, Hamas ha avvertito che qualsiasi attacco israeliano contro i leader della resistenza nella Striscia di Gaza affronterà una reazione “forte”.

La dichiarazione di Hamas è arrivata dopo che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha minacciato di assassinare il vice-capo dell’Ufficio politico di Hamas, Saleh al-Arouri, e altri leader della resistenza in risposta ai crescenti attacchi nella Cisgiordania occupata.

“Saleh e tutti i suoi fratelli ed il nostro […] popolo palestinese continueranno con determinazione e certezza nella loro resistenza contro l’occupazione fino al ripristino di tutti i diritti legittimi, in cima ai quali c’è la libertà di Gerusalemme e della moschea di al-Aqsa”, si legge nella dichiarazione.

La dichiarazione ha aggiunto: “Il nemico sionista, che è confuso dagli attacchi della resistenza, deve essere consapevole che qualsiasi danno causato a qualsiasi leader della resistenza sarà accolto con una forte reazione”.

Nel frattempo, il Movimento del Jihad Islamico in Palestina ha avvertito che prendere di mira i leader della resistenza “è una linea rossa”, sottolineando che le minacce israeliane “sono state prese sul serio”.

Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP) ha dichiarato: “Una maggiore resistenza scoraggerà questo brutale occupante, e una vera unità gli impedirà di danneggiare i palestinesi. Qualsiasi attacco ai leader della resistenza palestinese è un attacco a tutto il popolo palestinese. In caso di attacco, la rappresaglia sarà pesante”.

Da parte sua, il portavoce dei Comitati di Resistenza Popolare, Mohammad al-Braim, ha avvertito: “Il nemico israeliano pagherà il prezzo di ogni crimine commesso contro i leader della resistenza”.

(Foto: ApaImages).

Traduzione per InfoPal di F.L.

La Commissione per gli Affari dei prigionieri ha affermato che 22 palestinesi nel centro di detenzione di Hawwara si trovano in condizioni estremamente dure e miserabili.

Dopo la visita dell’avvocato Anan Khader ai prigionieri, la Commissione ha precisato, in un comunicato stampa pubblicato oggi, 28 agosto, che il centro di detenzione di Hawwara non dispone del minimo necessario per la vita umana e che l’amministrazione carceraria non fornisce acqua per la doccia da più di due settimane, oltre alla mancanza di coperte sufficienti per i detenuti.

Ha aggiunto che l’amministrazione penitenziaria dà ai detenuti coperte sporche e puzzolenti, non dà loro vestiti, oltre ad ignorare deliberatamente le loro malattie e dolori, e non fornisce alcun trattamento medico.

La Commissione ha invitato le istituzioni giuridiche e dei diritti umani, compresa la Croce Rossa Internazionale, ad effettuare una visita urgente, per verificare le condizioni sanitarie e disumane a cui sono esposti i detenuti all’interno del carcere e per ritenere le autorità occupanti responsabili delle violazioni e dei crimini che commettono infrangendo tutte le convenzioni e le leggi internazionali sui diritti dei prigionieri.

(Fonte: Wafa, Wafa).

Tel Aviv – MEMO. Venerdì, il ministro d’estrema destra israeliano della Sicurezza nazionale ha litigato con la super-modella statunitense Bella Hadid per i commenti classificati come razzisti dai Palestinesi, secondo quanto riportato da Reuters.

In un’intervista rilasciata mercoledì a N12 News, Itamar Ben-Gvir ha affermato che il diritto alla vita e al movimento dei coloni ebrei nella Cisgiordania occupata prevale sul diritto al movimento dei Palestinesi.

I Palestinesi protestano da molto tempo contro le restrizioni agli spostamenti, compresi i posti di blocco, imposti loro da Israele in Cisgiordania, un’area in cui esercitano un limitato autogoverno e che vogliono far diventare parte di un futuro Stato.

Ben-Gvir, che vive nella colonia di Kiryat Arba, vicino alla città cisgiordana di Hebron/al-Khalil, ha dichiarato nell’intervista che le restrizioni sono necessarie per proteggere la sicurezza della sua famiglia.

“Il mio diritto, quello di mia moglie e dei miei figli di viaggiare sulle strade della Giudea e della Samaria, è più importante del diritto di movimento degli arabi”, ha dichiarato, riferendosi alla Cisgiordania con il suo nome biblico ebraico.

La super-modella Bella Hadid, il cui padre è palestinese ed è un’accesa sostenitrice dei diritti dei palestinesi, ha criticato il commento di Ben-Gvir su Instagram, dove ha quasi 60 milioni di seguaci.

“In nessun luogo, in nessun momento, specialmente nel 2023, una vita dovrebbe essere più preziosa di un’altra. Soprattutto semplicemente a causa della loro etnia, della loro cultura o del loro puro odio”, ha scritto giovedì in un post.

Ben-Gvir ha risposto venerdì con una dichiarazione in cui definiva Hadid una “odiatrice di Israele” e affermava di aver condiviso solo un segmento dell’intervista sul suo account di social media per ritrarlo come un razzista.

Il ministero degli Esteri palestinese, giovedì, ha condannato l’osservazione di Ben-Gvir come “razzista ed esecrabile” e ha affermato che “non fa altro che confermare il regime d’Apartheid di Israele, che prevede la supremazia ebraica”.

Israele respinge ogni accusa di mantenere un sistema d’Apartheid sui palestinesi.

La violenza in Cisgiordania si è intensificata negli ultimi 15 mesi, con frequenti incursioni militari israeliane e assalti illegali di coloni ai villaggi palestinesi. Da gennaio, almeno 188 palestinesi e 35 israeliani sono stati uccisi durante le ostilità.

Ben-Gvir, membro della coalizione religioso-nazionalista del primo ministro Benjamin Netanyahu, è stato condannato in passato per sostegno al terrorismo e incitamento anti-arabo. Ha dichiarato che le sue opinioni sono diventate più moderate da quando è entrato nel governo, senza entrare in ulteriori dettagli.

Israele occupò la Cisgiordania nella guerra del 1967. Ha continuato a espandere decine di colonie che sono considerati illegali dalle Nazioni Unite e dalla maggior parte dei Paesi, una posizione che Israele contesta.

(Foto: Wikipedia).

Traduzione per InfoPal di F.L.

Pagine

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

PalestinaRossa newsletter

Resta informato sulle nostre ultime news!

Subscribe to PalestinaRossa newsletter feed

Accesso utente