Alternative Information Center
Voci dalla Palestina Occupata
Alternative Information Center - Italia

Articoli AIC

L’Europa sostiene le colonie israeliane

L’Unione Europea importa quindici volte di più dalle colonie israeliane nei Territori Occupati Palestinesi di quanto non importi dalla Palestina stessa, spiega un nuovo rapporto di una coalizione di 22 organizzazioni non governative, comprese l’International Freedom for Human Rights, la Christian Aid UK and Ireland e Diakonia.


Palestinesi raccolgono datteri nella colonia di Tamer nella Valle del Giordano
(Foto: Jean-Paul Perrin)

Il rapporto, intitolato “Trading away peace: How Europe helps sustain illegal Israeli settlements”, è il primo a paragonare le esportazioni dalle colonie israeliane e dalla Palestina, sottolineando l’inconsistenza della politica europea. La UE dichiara che “le colonie sono illegali secondo il diritto internazionale, costituiscono un ostacolo alla pace e rendono la soluzione a due Stati impossibile”, ma continua a rappresentare un mercato primario per i prodotti delle colonie. La maggior parte degli Stati membri hanno fallito nel garantire che tali prodotti siano correttamente etichettati nei negozi, lasciando i consumatori all’oscuro sulla reale origine, contrariamente alle direttive stesse dalla UE.

“L’Europa dice che le colonie sono illegali secondo il diritto internazionale ma continua a fare affari con loro. I consumatori contribuiscono senza saperlo a questa ingiustizia acquistando prodotti che non sono etichettati correttamente: provengono da Israele quando in realtà sono prodotti nelle colonie in Cisgiordania”, spiega William Bell, membro della Christian Aid UK and Ireland.

Il rapporto, con la prefazione dell’ex commissario europeo alle relazioni internazionali, Hans van den Broek, chiede ai governi europei di adottare una serie di misure concrete per fermare il sostegno all’espansione delle colonie e per porre fine al gap tra teoria e pratica. La coalizione chiede linee guida chiare per l’etichettatura per permettere ai consumatori europei di riconoscere i prodotti delle colonie. Tali linee guida esistono già in Danimarca e Regno Unito e altri Stati membri – tra cui Svezia e Finlandia –  le stanno prendendo in considerazione.

Il commercio con le colonie è nell’agenda dell’Unione Europea da maggio, quando i ministri degli Esteri della UE criticarono duramente “l’accelerazione marcata della costruzione delle colonie” e per la prima volta chiesero l’applicazione totale della legislazione europea esistente in merito ai prodotti delle colonie.

Il governo israeliano stima che il valore dell’importazione verso la UE dalle colonie si aggiri sui 230 milioni di euro l’anno, contro i 15 milioni dei prodotti palestinesi. La discrepanza è parzialmente dovuta alla politica israeliana di sussidi ai coloni, tra cui infrastrutture, sviluppo al commercio e all’agricoltura, mentre impone dure restrizioni ai palestinesi nell’accesso al mercato e alle risorse.

I coloni godono di un accesso facilitato ai mercati internazionali e hanno dato vita a zone industriali e agricole moderne. Al contrario, l’economia palestinese è “severamente contrastata da un sistema di restrizioni a più livelli”, imposto da Israele e che comprende blocchi stradali, checkpoint e accesso limitato a terra, acqua e fertilizzanti. La conseguenza è il crollo delle esportazioni palestinesi: rappresentavano la metà del PIL negli anni Ottanta, oggi sono crollate a meno del 15%, rendendo nullo nella pratica l’accordo di commercio preferenziale della UE con la Palestina.

“L’Unione Europea spende centinaia di milioni di euro in aiuti ogni anno per sostenere la creazione di uno Stato palestinese, ma allo stesso tempo mina questo sostegno facendo affari con le colonie israeliane e contribuendo alla loro espansione”, spiega Phyllis Starkey, ex parlamentare inglese e amministratore di Medical Aid for Palestinians.

Tra i beni delle colonie venduti in Europa ci sono datteri, uva, agrumi, erbe, vino, cosmetici prodotti da Avaha, dispositivi di carbonatazione di SodaStream e mobili da giardino di Keter.

“I beni dalle colonie in Cisgiordania sono prodotti grazie alla demolizioni di case, alla confisca di terre e all’occupazione militare. I governi devono passare da una retorica condanna delle colonie ad un’azione concreta a favore dei consumatori, informandoli sui prodotti che trovano nei negozi”, conclude Souhayr Belhassen, presidente dell’International Freedom for Human Rights.
 

Coalizione di 22 Ong
 

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

PalestinaRossa newsletter

Resta informato sulle nostre ultime news!

Subscribe to PalestinaRossa newsletter feed

Accesso utente