Introduzione di Silvano Falessi del Fronte Palestina
L'iniziativa dell'assemblea di oggi promossa dal Fronte Palestina va considerata un contributo a quelle già in atto per contestare Expo che si terrà a Milano dal 1° maggio al 31 ottobre del 2015. Ci sentiamo interni al movimento contro l'Expo e vogliamo portare nel dibattito un elemento aggiuntivo: il ruolo di israele nella Kermesse dell'anno prossimo. Con questa iniziativa vogliamo dare inizio a una campagna di mobilitazione e dibattito che si sviluppi in tutta Italia, dai territori alle università.
La nostra posizione contro Expo muove da un punto di vista di classe e antimperialista:
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è un evento che unisce corruzione e devastazione del territorio, basti pensare cha da 1,7 miliardi previsti per svolgerlo si è giunti a 15 miliardi;
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è un'iniziativa al servizio delle multinazionali, mistificatoria e finalizzata agli interessi del grande capitale e di coloro che stanno sfruttando l'intera umanità e devastando il pianeta;
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il titolo “Nutrire il pianeta – energia per la vita” rappresenta un'offensiva mediatica che nasconde la promozione di un modello di società e di produzione che vanno esattamente in senso contrario saranno presenti multinazionali e governi che sono i maggiori sponsor degli OGM, che promuovono e partecipano attivamente alla rapina delle risorse idriche, di quelle energetiche ed alimentari dei paesi e dei popoli più deboli; e anche coloro che producono guerre, armi sempre più sofisticate, che controllano e mantengono subalterna, dal punto di vista economico e politico, grande parte dell'umanità, coloro che con la loro azione e con il loro dominio costringono un terzo del pianeta alla fame;
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l'impostazione dell'Expo rappresenta un modello di sviluppo del pianeta esattamente opposto a quello cui noi aspiriamo e la sua pratica attuazione rappresenta un’ulteriore spinta allo spostamento di risorse dai bisogni sociali a quelli privati e al profitto.
La presenza invasiva dell'entità sionista è l'esempio e la conferma di tutto ciò.
Lo stand di israele, con i suoi 2400 metri quadrati a fianco di quello italiano sul viale principale dell'Expo, e secondo per dimensione solo a quello del paese ospitante è il primo dei sintomi che stanno a dimostrare che la presenza sionista è determinante nella Kermesse.
La sudditanza degli organizzatori è confermata e avvalorata dalla vicenda di “Gerusalemme Capitale”. La contestazione, partita da noi, della menzogna filo sionista e illegittima dal punto di vista del diritto internazionale, avvalorante la tesi di Gerusalemme capitale di Israele, ha portato all’incredibile decisione di cancellare nel sito dell’Expo dalle schede di tutti i paesi partecipanti la loro capitale con l’intento di non offendere lo “stato” sionista. Altro sintomo di sudditanza è l'indicazione della superficie dello stato sionista comprendendo nel calcolo l’intera superficie della Palestina storica con aggiunto anche il Golan siriano. La denominazione dello stand sionista “I campi di domani” nell’intento è becera propaganda, nel risultato è di lugubre effetto richiamando non solo l’odierna situazione di prigione a cielo aperto dei territori palestinesi, ma anche i campi nazisti di triste memoria.
Con questa denominazione vorrebbero far credere che:
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in Palestina i campi siano coltivati dai contadini israeliani da 120 anni facendo finta di ignorare che la risoluzione dell'ONU da cui ha origine l'entità sionista ha solo 66 anni
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prima dei contadini ebrei non vi fosse stato nessuno che coltivava quella terra
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la pulizia etnica sia legittima con la motivazione di aver dato una terra senza popolo ad un popolo senza terra
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il grande ingegno israeliano e la capacità di sviluppo di un'agricoltura siano destinati a sfamare il mondo (il deserto trasformato in giardino) proiettando, anche nel futuro, le menzogne tese ad occultare che la grande capacità di sviluppa dell'agricoltura israeliana si basa sul furto delle terre dei contadini palestinesi (anche attraverso lo sradicamento e la distruzione delle loro coltivazioni) delle loro risorse idriche ed energetiche.
Intervento di Enrico Bartolomei della “Campagna di solidarietà con la Palestina- Marche”
Denuncia che dietro la vetrina di Expo c’è un modello preciso: il modello carcerario di Israele e l'esportazione di questo modello.
Questo modello ha tre aspetti:
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confinamento
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controllo
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dominazione
La colonizzazione ebraica in Palestina è una colonizzazione sostitutiva, ovvero tende a sostituire la popolazione e la società autoctona con altre che giungono dall'esterno e, in questo senso, ha caratteristiche simili alle colonizzazioni avvenute nei secoli precedenti negli Stati Uniti, in Australia e nuova Zelanda che hanno cancellato ogni elemento continuativo delle civiltà preesistenti. Ovviamente, per fattori diversi, innanzi tutto la Resistenza popolare, questo progetto non è riuscito a vincere.
Il progetto di colonizzazione si è sviluppata in fasi diverse: il periodo di incubazione, quello di istituzione e, infine, quello di espansione dell'entità sionista.
Prima del 1948 è la fase della prima colonizzazione ebraica. Giungono in Palestina i coloni ebrei sotto la spinta delle organizzazioni sioniste e costruiscono insediamenti che sono paragonabili a fortezze sulle terre palestinesi, tendendo così a costituire una presenza organizzata finalizzata a rivendicare un diritto su quelle terre.
Tra il 1948 e il 1949 è la fase della pulizia etnica, la popolazione arabo palestinese viene cacciata non solo dai territori che la risoluzione ONU assegnava agli ebrei, ma anche da una parte consistente di quelli assegnati agli arabi. Tale pulizia etnica rappresentava la scelta di costruire lo stato ebraico come stato confessionale basato sull'ideologia sionista, quindi sostitutivo delle comunità preesistenti e, per giunta, su un territorio molto più ampio di quello stabilito dalle nazioni unite.
Dopo il 1949 si sviluppa la lunga fase del confinamento della popolazione palestinese nelle sue diverse forme: apartheid nei territori del '48, campi profughi fuori e dentro la Palestina storica, diversificazione dello status delle diverse fasce di popolazione palestinese nei territori controllati.
La colonizzazione prosegue nei territori occupati attraverso le colonie anch'esse poste come insediamenti fortificati e la continuazione di una politica di espulsione.
Il modello carcerario sionista è diventato un modello che direttamente o indirettamente coinvolge tutta la popolazione dei territori controllati dai sionisti e con gli accordi di Oslo trasferisce la gestione di tale modello anche alla stessa Autorità Nazionale Palestinese che viene così integrata nel sistema repressivo sionista.
Viene istituito un registro dei dati biometrici, riportato tramite microchip sui documenti di identità controlla tutta la popolazione, anche quella ebraico-israeliana.
Il sistema di sorveglianza-repressione israeliano è tra quelli più sviluppati del mondo, è all'avanguardia sia dal punto di vista scientifico che tecnico sul terreno della separazione delle popolazioni, del blocco delle immigrazioni indesiderate, dei sistemi di controllo, del controllo del territorio urbano di grandi città attraverso i droni e i sistemi radar applicati ai movimenti delle persone fisiche.
Il modello “israeliano” è oggi esportato in tutto il mondo:
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per contenere l'immigrazione: al confine fra Stati Uniti e Messico è in costruzione un muro sul modello israeliano per bloccare il passaggio dei migranti dall'America Latina; esportano il modello dei centri di detenzione per infiltrati (così storicamente i sionisti chiamano i Palestinesi che ritornano alla loro terra) e così ora chiamano anche quelli che da noi vengono chiamati clandestini) e sistemi radar anti-immigrati;
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per controllare il territorio urbano nei grandi centri;
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Per uniformare il sistema carcerario su un modello efficiente.
La sperimentazione della repressione sulla popolazione palestinese consente oggi ai sionisti di sionistizzare la repressione a livello planetario.
(Ovviamente una di queste società israeliane all'avanguardia nei sistemi di repressione contro i palestinesi ha in appalto la “sicurezza” di Expo 2015. - ndr)
Manlio Dinucci, giornalista de “Il Manifesto”
Introduce il tema dei rapporti strategici e militari fra israele, Italia e NATO partendo dall'affermazione fatta dalla ministra degli esteri Mogherini, durante l'ultima aggressione sionista a Gaza, secondo cui l'opinione pubblica non deve scegliere la “partigianeria” affermazione che dimostra l'appoggio ai sionisti anche nei loro atti più criminali.
L'alleanza strategico-militare con israele da parte dei nostri governi non è una prerogativa esclusiva di Renzi e non è recente. Con la legge n. 94 del 17 maggio 2005 venivano fissate le coordinate della cooperazione fra i ministeri italiani e israeliani della guerra, della ricerca e dell'Università e, dati gli aspetti strategici contenuti negli accordi, su questi veniva posto il segreto.
Posto che israele possiede un arsenale nucleare (ufficialmente mai confermato né smentito), che non ha mai sottoscritto il trattato di non proliferazione delle armi nucleari non è sottoponibile ad alcuna ispezione internazionale, la cooperazione “segretata” fra i ministeri citati appare ancora più allarmante.
La cooperazione militare fra Italia e israele va comunque collocata in un quadro internazionale che coinvolge l'Unione Europea e, in modo diretto, la NATO.
Vengono citati alcuni esempi:
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L'amministrazione Obama ha sottoscritto nel 2009 un accordo con cui gli USA concedono a israele per il decennio 2009 – 2018 aiuti militari per 30 miliardi di dollari.
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Gli USA possiedono un deposito di emergenza di armi strategiche in israele sempre disponibile per il prelevamento, da parte delle forze armate sioniste per sostituire immediatamente quelle “consumate” nel corso degli eventi bellici.
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La Germania fornisce ad israele sottomarini dotati di sistemi missilistici adattabili al lancio di testate nucleari.
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La Francia ha collaborato alla costruzione dell'arsenale nucleare israeliano.
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Israele ha approntato armi nucleari a bassa intensità radioattiva e ad alta intensità distruttiva e di annientamento, utilizzabili per il lancio verso zone “nemiche” vicine.
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La NATO ha firmato con israele, nel dicembre del 2008, ovvero pochi giorni prima dell'avvio dell' “operazione Piombo fuso”, un patto definito programma di cooperazione che di fatto integra israele nel sistema militare-aggressivo della NATO stessa.
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Nel 2013 si sono svolte esercitazioni militari in israele con le forze armate d’Italia, Grecia e Stati Uniti.
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prima che fosse portato a termine il colpo di stato in Ucraina è stata registrata la presenza di esperti militari israeliani nella piazza Maidan di Kiev.
Da tutto ciò si deduce che, nei fatti, israele è sostanzialmente parte della NATO e del suo sistema militare, senza peraltro rispondere agli obblighi che ne deriverebbero se ne facesse parte ufficialmente.
Un capitolo a parte riguarda un ambito strategico relativo al settore energetico.
Arafat, quando era ancora in vita, nella sua qualità di presidente dell'ANP, aveva sottoscritto con la British Gas e con una compagnia palestinese un accordo per lo sfruttamento di due grossi depositi sottomarini di Gas scoperti in prossimità delle coste palestinesi di Gaza, denominati Gaza Marin 1 e Gaza Marin 2. Il pronto intervento di Toni Blair, al tempo alto commissario della Troika per il Medio Oriente, ha stravolto tale accordo destinando i proventi della vendita del gas non già alla Palestina ma ad un fondo amministrato da USA e Gran Bretagna utilizzabile a loro discrezione.
Archiviato temporaneamente lo sfruttamento dei depositi sottomarini, recentemente è stata prospettata, sempre vicino alle coste di Gaza, ma anche in Cisgiordania l'esistenza di nuovi depositi di dimensioni ancora maggiori.
La primavera scorsa, nel periodo in cui era stato raggiunto l'accordo fra ANP e Hamas per un governo di “unità nazionale” Palestinese, fra il presidente dell'ANP Abu Mazen e quello russo Putin, era stato raggiunto un accordo per l'affidamento a Gazprom dello sfruttamento di tali giacimenti. Pochi giorni dopo venivano “rapiti” i tre coloni a Hebron e successivamente iniziava l'ennesima aggressione a Gaza.
Conclude con parole di apprezzamento rispetto alla decisione di intervenire per denunciare la natura dell'Expo e la presenza di israele e mettendo in guardia rispetto alla durezza dell'offensiva propagandistica e mediatica che ci aspetta segnalando che tale offensiva sarà insidiosa anche perché verrà condotta e sostenuta da “sinistra” e non solo dal PD, ma anche da altre forze ormai segnate dal filo-sionismo. A tal proposito cita le preoccupanti posizioni del “governatore” della Puglia Nicki Vendola.
Intervento di Diana Carminati per ISM Italia
Richiama il suo intervento al convegno sul sionismo di Torino il 1° dicembre del 2013 e fa un aggiornamento sugli accordi istituzionali delle amministrazioni pubbliche, in particolare Regioni e provincie, con israele e anche sulle iniziative culturali. Invita a sviluppare la campagna contro i compili in Italia.
Fa un esame di errori compiuti all'interno del movimento di sostegno alla Palestina compiuti in passato e cita la Freedom Flottiglia.
Con Renzi il sostegno al sionismo da parte del governo italiano non si è ridotto e, anzi, il presidente del consiglio oggi parla non solo di diritto, ma addirittura di dovere di israele di esistere.
Critica la cooperazione italiana e quella europea nel rapporto con la Palestina e fa l'esempio di 85.000 funzionari dell'ANP pagati dalla cooperazione internazionale e le contraddizioni che tutto ciò ha creato in Palestina.
Intervento di Stephanie Westbrook, attivista BDS Italia
Richiama che l'Expo avrà come temi la terra e l'acqua e che a Venezia ci sarà un mini Expo dedicato all'acqua gestito anche dall'autorità israeliana dell'acqua.
Spiega con chi ci sarà all’interno dei padiglioni Expo raccontando come ad es in un villaggio palestinese hanno spruzzato per via aerea i veleni (Monsanto) e distrutto tutto in particolare gli ulivi e poi ripiantato e come tutto questo sia finanziato dal Fondo Nazionale Ebraico che si dichiara una organizzazione caritatevole e ambientalista.
Richiama la questione ACEA di Roma: Acea spa e Mekorot WC ltd hanno sottoscritto, alla presenza dell’allora Primo Ministro italiano Letta e dell’omologo israeliano Benjamin Netanyahu, un accordo che ha come oggetto la collaborazione nel settore delle risorse idriche.
Una compagna del Baraonda
Illustra sinteticamente cos’è il Baraonda e le sue attività tra le quali ha sempre trovato posta la solidarietà con la Palestina. Afferma che la questione per loro principale è quella di unire la questione palestinese alle altre lotte e attività nel territorio.
Intervento di Francesco Giordano di Palestina Rossa
“Nutrire il pianeta”, questo il tema conduttore dell'Expo 2015 che si terrà a Milano il prossimo anno. Sarà, la fiera dell'ipocrisia e della menzogna.
Grandi multinazionali e stati asserviti ai loro interessi che, attraverso guerre di rapina delle risorse dei popoli e di sfruttamento, si presenteranno come “i salvatori” dell'umanità. L'Expo oltre ad essere un'opera già di per sé conveniente alla devastazione dei territori, alla connivenza con le mafie e per lo spudorato ricorso al lavoro precario super sfruttato, lo è ancora di più per l'ulteriore inganno che rappresenta. La presenza in pompa magna di Israele nell'Expo conferma che dietro il tema “nutrire il pianeta” si nascondono coloro che si muovono in senso esattamente opposto, affamano il Pianeta.
Il padiglione dello stato sionista, denominato “Campi di domani”, sarà situato in una posizione privilegiata, a fianco di quello italiano – paese organizzatore, a dimostrazione dei saldi legami tra i due stati. Con una dimensione di 2.400 metri quadrati intenderà propagandare le “eccellenze” dell'Occupazione israeliana, come l'agricoltura e lo sfruttamento delle risorse idriche arabo-palestinesi.
Nel filmato di propaganda di Israele all'Expo si afferma tra l'altro che “i contadini israeliani coltivano con ottimi risultati quella terra da 120 anni”. Considerato che lo stato di Israele esiste da 66 anni, e qui la menzogna è esplicita, non si dice che la terra di Palestina per secoli è stata abitata e coltivata dai contadini indigeni (palestinesi), ai quali è stata depredata mano militari.
Viene occultata una quotidianità fatta di confisca delle terre palestinesi, della sistematica distruzione delle coltivazioni, della rapina delle risorse idriche a favore dei coloni.
Ma soprattutto, fatta di ciclici bombardamenti a tappeto e rappresaglie contro la popolazione civile, per terrorizzarla e costringerla alla resa o all'esilio. Senza vergogna il Comitato Expo, i cui partner sono il Ministero dell'Economia, la Regione Lombardia, la Provincia e il Comune di Milano, sul suo sito pubblica una scheda di presentazione del padiglione dello stato sionista nella quale indica come capitale di Israele Gerusalemme anziché Tel Aviv, soprassedendo spudoratamente sul fatto che la stessa ONU considera la proclamazione di Gerusalemme capitale da parte del parlamento israeliano “nulla e priva di validità, una violazione del diritto internazionale e un serio ostacolo alla pace in Medio Oriente”, tant'è che l'unico stato al mondo che riconosce Gerusalemme quale capitale di Israele è proprio quello sionista.
Perchè siamo contro la presenza di Israele all'EXPO?
Perché non consideriamo Israele come un paese uguale agli altri, alla stregua di Egitto, Turchia ecc..che pure son paesi altrettanto criminali.
Perché abbiamo voluto portare all'interno della rete NOEXPO, con cui condividiamo l’opposizione a questo evento anche NO-ISRAELE?
Israele non è semplicemente il paese che da oltre 66 anni occupa la Palestina. Israele occupa la Palestina perché ha un progetto politico, economico che vuole imporre al resto del mondo, o comunque dove serve, per assicurare i propri interessi economici, strategici, praticamente ovunque. Anche in Italia. Questo progetto si chiama sionismo.
Noi rifiutiamo la presenza di Israele all’expo perché il modello è quello sionista.
Il 10 novembre 1975, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adotta la Risoluzione n. 3379, nella quale si afferma che il Sionismo è una forma di razzismo.
Quando parliamo di sionismo siamo tutti d'accordo almeno su un punto: il movimento che si basa sull’ideologia sionista è l'ultimo anello del fenomeno coloniale. Il sionismo è la rielaborazione del più generale pensiero coloniale, pensiero coloniale e religioso si amalgamano nell’ideologia sionista determinando una miscela che se per la Palestina è stata funesta, lo è anche per altri paesi, o in aspetti della vita in parti della società non facilmente delimitabili.
La realizzazione pratica del sionismo, ossia l’occupazione di un territorio, la creazione di uno Stato nazionale su quel territorio, la pulizia etnica degli abitanti autoctoni, segue esperienze già sperimentate in diverse parti del mondo, nelle Americhe, in Australia o in Sudafrica. Il sionismo è anche una potenza il cui centro geografico, per quanto ristretto, ha interessi e influenze in tutto il mondo, soprattutto in quello industrializzato. Vi sono altre osservazioni che si possono fare.
Una prima osservazione oggetto della nostra riflessione è relativa al fatto che sono le organizzazioni sioniste a disciplinare le attività politiche occidentali.
Una seconda osservazione, inoltre, a proposito del sionismo, è quella relativa proprio all’uso della guerra. Ogni qual volta che la popolazione palestinese resiste e si ribella, il sistema sionista scatena una guerra, ne è esempio quella contro il Libano nel 2006 o quella contro Gaza nel 2008-09, nel novembre 2013 ed a giungo 2014. E la prepara, la guerra, innanzitutto col preparare e manipolare l’opinione pubblica internazionale ad accettare l’uso, mirato e/o indiscriminato che sia, delle armi di sterminio contro la popolazione civile. Per ottenere il consenso si serve di ogni mezzo tra cui campagne mediatiche che demonizzino il mondo arabo e islamico.
Ma lo Stato d’Israele è comunque e sempre in guerra, “guerra giusta” chiamano lo stato di guerra continua richiesto dall’ideologia sionista, sua base e fondamento, che costringe questo Stato a pensare ossessivamente alla guerra, a prepararla e a scatenarla. La pericolosità dell’ideologia sionista risiede nel fatto che non si limita a coinvolgere solo la società israeliana, ma investe tutte le sfere dove gli israeliani hanno interessi, ovunque nel mondo: ne è esempio, ormai divenuto luogo comune, l’amministrazione statunitense che si muove sulla base delle condizioni poste dall’organizzazione sionista americana.
Prendiamo ad esempio l’odierno governo italiano. Il più prestigioso consigliere economico del Presidente del Consiglio, e di cui si fida maggiormente è tale di Yoram Gutgeld, economista israeliano naturalizzato italiano e deputato nelle fila del Pd. E’ stato per anni direttore della multinazionale McKinsey& Company.
Per inciso, la multinazionale McKinsey e company è la società che ha gestito tutte le ristrutturazioni in Italia negli anni ‘70m e ’80, quella che ha eliminato gli operai dell’Alfa Romeo, FIAT, etc.
Oggi sempre più intellettuali israeliani chiedono che si facciano pressioni per porre fine alla politica bellicosa e colonialista di Netanyahu e alla sua coalizione fondamentalista e ultranazionalista, e noi abbiamo il dovere ed il compito di denunciare i crimini sionisti, di contrastare la loro egemonia nel nostro paese. Noi dobbiamo farlo ed a Milano è più che mai necessario.
Giuliano Pisapia prima di essere eletto sindaco nel 2011: “In Israele sono stato più volte e ne ho avuto un grande contraccolpo emotivo. Da Gerusalemme a Nazareth; dal mar Morto al mar Rosso; dal deserto a paesi e città d’arte e di cultura, siamo in presenza di luoghi bellissimi e che creano grandi emozioni, anche nella loro drammaticità. Una terra che trasuda storia, tradizioni e contraddizioni. Milano deve tornare a far politica estera di alto livello e i rapporti -politici ed economici-, con un paese importante come Israele non potranno che farsi sempre più stretti”. E, diciamocelo, su questo, e solo su questo, è stato coerente.
Il connubio e la complicità col sionismo del Comitato Expo e delle istituzioni nazionali e locali italiane sono, quindi, una vergogna manifesta. A dimostrazione ulteriore della sionistizzazione del mega-evento, va aggiunto che la security sarà assicurata dalla Selex, nota multinazionale fornitrice dell'esercito israeliano, che sperimenterà lì nuovi sistemi di sicurezza e controllo, già testati nel laboratorio dell'occupazione della Palestina, tecnologia sempre più spesso presente anche sul nostro territorio. Il ruolo privilegiato assegnato dall'Expo allo stato e al business israeliano conferma l'invasività sionista nelle istituzioni nazionali e locali, che fanno dell'Italia uno dei principali complici della colonizzazione della Palestina e del conflitto mediorientale. Non è più accettabile la politica di complicità col sionismo, che oltraggia i sentimenti di fratellanza e di pace con tutti i popoli, valori affermati dalla lotta di Liberazione dal nazi-fascismo di cui, in concomitanza con l'apertura dell'Expo, ricorrerà il settantesimo anniversario. Invitiamo tutti i movimenti, le associazioni e le persone che si battono contro il sionismo internazionale e per la giustizia in Medio Oriente a mobilitarsi e ad organizzare iniziative di denuncia contro questo ennesimo sopruso e aggressione mediatico-affaristica.
Vive una cultura a Milano che è razzista e noi dobbiamo contrastarla e il NO ad Israele rientra in questo compito.
ISM - Milano
Chiede se ci sono proposte operative e mette a disposizione delle realtà interessate un video.
Un compagno del Fronte Palestina - Torino
Porta l’attenzione sul fatto che elementi come Pisapia o Vendola sono massimamente deleteri perché parlando da “sinistra” puntano solo a portare divisioni e invita a evitare alleanze che possono essere compromettenti e di freno al movimento.
Ribadisce la posizione intransigente del Fronte Palestina.
BDS ITALIA - Bologna
Invita ad attenersi alle indicazioni e alle decisioni del BDS e sviluppare un lavoro di unità e di alleanza con tutto il movimento di solidarietà con la Palestina, superando posizioni politico-ideologiche. In pratica pone il discorso delle alleanze senza porre una discriminante di contenuti, l’importante che si allarghi il più possibile.
Una compagna (Viviana)
Propone che venga elaborato un documento di sintesi.
BDS Milano
Si ribadisce la necessità di sviluppare anche un lavoro “pratico” da oggi al 1° di Maggio, quando ci sarà l’apertura di Expo.
Replica del compagno del F.P. che ha svolto la relazione introduttiva
Chiarisce che il Fronte Palestina opera dentro il movimento in atto contro Expo, e quindi porta avanti le iniziative comuni con tutti gli altri e che, rispetto alla contestazione della presenza israeliana, ha promosso quest’assemblea non per proporre una piattaforma di lavoro già confezionata ma per chiedere a tutti quelli che ci stanno di avviare un lavoro comune e quindi una piattaforma unitaria.
Una compagna del F.P. – Milano
Rispondendo ai compagni del BDS che hanno chiesto se ci sono proposte operative sul che fare quando inizierà Expo dice che la questione è cosa si farà anche prima. L’assemblea è stata promossa per approfondire le motivazioni che ci spingono ad agire e rilanciare una pratica fin da subito per arrivare al 25 aprile e il primo maggio (giorno d’inizio di Expo) con una mobilitazione forte. C’è uno spazio enorme per affermare un punto di vista antimperialista e di classe e la loro vetrina va usata per rovesciarla. Già in varie situazioni locali e regionali si sta discutendo su proposte concrete e con quest’assemblea vogliamo dare un’imput per rafforzarle ed estenderle.
Di seguito illustra un’iniziativa che ci sarà a Milano sabato 25 ottobre a Cadorna promossa dal Fronte Palestina all’interno della campagna a sostegno dei prigionieri palestinesi con il titolo “Non c’è appoggio alla lotta palestinese senza appoggio ai suoi prigionieri” “Libertà immediata per Geroges I. Abdallah, Ahmad Sa’adat e per tutti i prigionieri palestinesi” invitando alla partecipazione.
Un compagno del P.C.D.L
Afferma che lo scopo dell’assemblea è stato pienamente raggiunto, quello di analizzare e informare sulla vera natura di expo e che ciò è importante per iniziare assieme un percorso pratico. Aggiunge che non crede da tempo alle “alleanze” e che chi vuole si unisce su contenuti precisi. Non ci interessa costruire alleanze con forze che stanno su posizioni istituzionali e contrastanti con la nostra.
Intervento conclusivo di Ivo (per il Fronte Palestina - Milano)
Come già chiarito dall'ultimo intervento di Silvano quello che proponiamo con la convocazione di questa assemblea è l'avvio di un processo che vogliamo percorrere e concordare con tutte le realtà e le persone disponibili che ci porti di qui all'avvio e alla conclusione dell'Expo 2015 a denunciare e far prendere coscienza non solo della natura e del ruolo della kermesse ma dentro ad essa del ruolo svolto da israele quale punta avanzata del modello imperialista.
Non ripeto quanto già detto nelle relazioni e negli interventi, estremamente puntuali e documentati e nell'analisi proposta dall'introduzione di Silvano rispetto alla pesante ipoteca posta dai sionisti sull'evento e sul loro stretto condizionamento sugli organizzatori.
Voglio innanzitutto spiegare che la scelta, da parte del Fronte Palestina di Milano di assumersi il compito di proporre a livello nazionale e a tutti gli interlocutori disponibili, una precisa battaglia contro la presenza invasiva del sionismo nell'Expo è nata in concomitanza con l'iniziativa, riuscita, di contestare e contrastare la presenza sionista alla manifestazione del 25 aprile di quest'anno a Milano e non solo a Milano.
La presenza di un manipolo di provocatori autodenominatisi “Brigata Ebraica” e “Sinistra per israele” dietro le bandiere dell'entità sionista, che da sessantasei anni occupa la Palestina, e la promessa che torneranno a vendicarsi il prossimo anno, ci ha posto in evidenza il dato che la concomitanza fra il 25 aprile e l'inaugurazione dell'Expo, evento fortemente utilizzato dai sionisti in termini economici e mediatici, sarà una occasione per israele e i suoi complici per un'occupazione della città come avvenuto alcuni anni fa. Di qui la scelta di avviare un percorso che ci consentisse di arrivare ai due appuntamenti (25 aprile e primo maggio) denunciando apertamente il sionismo quale ideologia reazionaria, colonialista e razzista, punta dello schieramento imperialista, portatore di sfruttamento e guerra.
Nella contestazione a Expo siamo interni al movimento che da tempo si esprime a MI, abbiamo partecipato alla manifestazione di sabato scorso dietro lo striscione “contro l'imperialismo – NO EXPO NO ISRAELE”. Ci siamo per esprimere una sensibilità e portare un tema specifico che, come emerge dalla discussione di oggi, assume una grande valenza generale.
Prendendo spunto da quanto ci ha oggi riferito Manlio Dinucci sulle affermazioni della ministra Mogherini, che sul massacro della popolazione di Gaza invita ad evitare la partigianeria, voglio qui dire che mettere assieme i due appuntamenti significa per noi affermare proprio il contrario.
Significa affermare che, proprio perché stiamo dalla parte dei partigiani italiani di ieri, siamo oggi dalla parte della Resistenza palestinese e siamo contro Expo strumento di israele, punta avanzata dello schieramento imperialista che vuole spacciare una sua immagine mediatica ingannevole, oltre che i suoi progetti di distruzione e apartheid.
Noi riteniamo che la piattaforma NO EXPO NO ISRAELE sia da far crescere a partire da oggi e debba svilupparsi attraverso interventi e confronti nei territori utilizzando i contenuti della discussione di oggi che mettiamo a disposizione di tutti. A questo va aggiunto un lavoro capillare di indagine da promuovere ovunque ve ne siano le condizioni. Un esempio, sappiamo che l'impresa che costruirà lo stand israeliano all'Expo sta a Cremona, qui in Lombardia, l'altra sera eravamo a Cremona a prendere contatti con la realtà locale affinché l'intervento su questo aspetto non sia solo esterno e non sia solo di chi solidarizza con la Palestina ma coinvolga la realtà di movimento locale e si ponga in termini complessivi affrontando contestualmente gli aspetti sociali ed economici del territorio in cui si colloca.
Come è emerso nella giornata di oggi, grande deve essere la denuncia sul coinvolgimento italiano nella politica militare israeliana. Non dobbiamo esimerci di denunciare il ruolo delle produzioni belliche destinate a israele, ma dobbiamo farlo cercando l'aiuto e l'alleanza dei lavoratori e delle popolazioni dove queste produzioni si svolgono.
Noi non pensiamo che tutti coloro che vogliono essere con noi in questa campagna debbano per forza avere la visione politica ed ideologica di cui siamo portatori. Dalla discussione di oggi può crescere una piattaforma comune su una serie di aspetti, liberi tutti, sugli altri di mantenere e far valere le loro posizioni.
Faccio qui un esempio. Nel suo intervento il compagno delle Marche faceva un parallelo fra la colonizzazione del Nord America e quella sionista in Palestina, in quanto entrambe tendenzialmente sostitutive delle civiltà e delle popolazioni preesistenti e del coinvolgimento, attraverso accordi ineguali con le rappresentanze asservite dei colonizzati, nella gestione amministrativa delle scelte fatte dal i colonizzatori. Toro Seduto non fu ammazzato dalle giacche azzurre ma dalla polizia indigena Sioux asservita alle giacche azzurre, Sah'dat segregato nelle galere israeliane non è stato arrestato dai sionisti ma dalla polizia dell'ANP, poi passato agli anglo-americani che a loro volta l'hanno consegnato ai sionisti. Non è necessario che per aderire alla piattaforma NO ISRAELE NO EXPO si debba per forza essere d'accordo con noi, ma è certo che non perderemo occasione per dire che stiamo dalla parte di Toro seduto e quindi non con la polizia Sioux così come siamo e continueremo ad essere dalla parte di Sa'adat e non dalla parte di Abu Mazen.
Fronte Palestina
Milano, 31 ottobre 2014
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