Caro Stefano Bollani,
non permetta che la sua musica sia usata per coprire violazioni dei diritti dei Palestinesi e del diritto internazionale.
Lo stato israeliano da quarantacinque anni occupa territori palestinesi ed il Golan siriano, accaparrandosene le fonti idriche e portando avanti una politica di appropriazione del territorio palestinese, attraverso la continua costruzione ed allargamento degli insediamenti, non curante delle ripetute esortazioni statunitensi al blocco delle colonie, incurante delle innumerevoli risoluzioni ONU di condanna (l'ultima dello scorso dicembre) e della IV Convenzione di Ginevra, che vieta alla potenza occupante di danneggiare proprietà private o collettive della popolazione occupata, se non per motivi militari.
Incurante della condanna del 2004 della Corte Internazionale di Giustizia, che chiede lo smantellamento del muro di separazione costruito a partire dal 2002 ed il risarcimento dei Palestinesi da esso danneggiati, prosegue nella sua realizzazione, separando case di palestinesi dalle loro terre, terre di palestinesi dai loro pozzi, a scapito di terre fertili e sradicando ulivi secolari.
Quello che si avvantaggerebbe della sua musica è uno stato che discrimina i propri cittadini autoctoni, in un vero e proprio sistema di apartheid al proprio interno.
La cultura è utilizzata dallo stato d'Israele per rafforzare la propria immagine di "paese normale", assestandone la posizione tra le "democrazie" occidentali, mentre è proprio attraverso l'occultamento della realtà delle sue violazioni dei diritti umani a danno dei Palestinesi che queste violazioni trovano alimento.
Si unisca a Roger Waters dei Pink Floyd, Carlos Santana, Bono degli U2, Gil Scott Heron e molti altri, che hanno cancellato i propri concerti in Israele.
Non vada il 23 a suonare all'Opera house di Tel Aviv!
L'appello può essere copiato e inviato a Stefano Bollani attraverso il suo sito www.stefanobollani.com (sez. contatti)