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APPELLO URGENTE: Mohammed Al Qeeq rifiuta la "sospensione" della sua detenzione e continua lo sciopero della fame

Il giornalista palestinese imprigionato e in sciopero della fame Mohammad Al Qeeq ha rifiutato l’accordo di “sospensione” della sua detenzione amministrativa da parte della Corte Suprema israeliana, avvenuto in seguito al peggioramento delle sue condizioni di salute sempre più critiche.

Resta perciò in carcere, sotto custodia israeliana e gli viene proibito di spostarsi ad un ospedale palestinese o ad un altro ospedale. Al Qeeq, 33 anni, ha annunciato il respingimento di tale proposta, in quanto lui chiede la propria liberazione e la cancellazione del suo ordine di detenzione amministrativa senza né processo né imputazioni – non la sospensione temporanea e la reintroduzione ad una data successiva, mentre continua a restare imprigionato in un ospedale israeliano.

Il suo sciopero della fame continua ed è oggi ormai al 73esimo giorno. La rete di solidarietà ai prigionieri palestinesi Samidoun richiama tutti coloro che appoggiano la Palestina, la giustizia e la libertà ad agire immediatamente in supporto di Mohammed Al Qeeq, in questo momento così critico ed importante, pretendendo la sua immediata liberazione.

Dall’ospedale di Haemek ad Afula ieri Al Qeeq ha emesso una dichiarazione durante la quale ha annunciato di respingere l’ordine e che avrebbe continuato il suo sciopero della fame fino a che non verrà liberato senza condizioni.

Il suo avvocato Hanan Al Khatib riporta qui le sue dichiarazioni:

  • Punto primo: il suo rifiuto assoluto della “sospensione” della detenzione amministrativa, che è un tentativo di indebolire la solidarietà verso lo sciopero della fame ed ingannare il mondo. Rifiuta di essere visitato dalla sua famiglia negli ospedali dell’occupazione; la sua aspettativa è di ricevere cure solo in ospedali palestinesi dopo il termine completo e senza condizioni della sua detenzione; questa decisione è irremovibile.

  • Punto secondo: l’occupazione e i gestori delle prigioni israeliane si sono assunti piena responsabilità della sua vita, mentre questo rappresenta invece un chiaro tentativo di disconoscere le responsabilità degli sviluppi del suo stato di salute.

  • Punto terzo: questo tentativo non indica affatto alcuna intenzione da parte dell’occupazione di risolvere il suo caso: perciò Al Qeeq rifiuta le cure negli ospedali dell’occupazione e conferma di continuare la sua lotta fino a quando non riacquisterà la sua piena libertà.

  • Punto quarto: fa appello a tutte le voci libere nel mondo ad intensificare la loro solidarietà con lui in questo momento, in risposta a questa decisione che equivale solo ad un’esecuzione sotto copertura medica e legale.

Le sue richieste sono state anche riprese dalla sua famiglia che “definisce la sospensione della sua detenzione come un assassinio ed un’esecuzione sotto il pretesto di cure mediche ed un modo di schivare le responsabilità per qualunque cosa gli possa accadere”. La famiglia si è unita a lui nel rifiuto di visitarlo nell’ospedale di Haemek, facendo notare come lui pretenda di essere curato in un ospedale palestinese.

La Commissione degli Affari dei Prigionieri Palestinesi ha indicato come Al Qeeq abbia reiterato il suo rifiuto di ricevere vitamine o qualunque forma di nutrimento o esami medici finché non otterrà la sua libertà e la fine alla sua detenzione amministrativa e afferma di accettare solo cure da ospedali palestinesi. La commissione ha anche ammesso come Al Qeeq abbia detto che la “sospensione” da parte della corte suprema non è che un tentativo di circuire e sabotare la sua legittima resistenza alla pratica disumana, arbitraria ed immorale della detenzione amministrativa e un tentativo di mettere a tacere il movimento internazionale, che è in continua crescita, che si oppone a suddetta pratica, la quale non prevede né processi né regolari condanne.

La dichiarazione ha anche riportato come il protrarsi della detenzione di al-Qeeq sia un attacco alla sua libertà di opinione e di espressione come giornalista, e di come questa decisione sottolinei solamente il ruolo del potere giudiziario di Israele come parte integrante dello stesso sistema di occupazione e di oppressione, come ne fanno parte anche lo Shin Bet e l'esercito israeliano.

Al-Qeeq è uno degli oltre 670 prigionieri palestinesi detenuti in detenzione amministrativa, senza capo d’ accusa né processi, tra i circa 7000 prigionieri palestinesi in totale nelle carceri israeliane.

Nel mese di agosto 2015, l’avvocato palestinese Muhammad Allan che osservò uno sciopero della fame , tenuto come Al-Qeeq senza accusa né processo nelle carceri israeliane, sospese il suo sciopero della fame dopo che a una sentenza simile seguirono le prove di un evidente danno cerebrale avvenuto durante il suo sciopero della fame. Dopo un mese di cure e la sua dimissione dall'ospedale, Allan fu immediatamente ri-arrestato e tenuto in detenzione amministrativa fino alla fine della sentenza originale contro di lui, il 4 novembre. Allan fu poi rilasciato e partecipa ad azioni di solidarietà a sostegno di Al-Qeeq.

La rete di solidarietà ai prigionieri palestinesi Samidoun invita tutti i sostenitori dei prigionieri palestinesi e della libertà di Mohammed al-Qeeq a continuare a far crescere la pressione fino a che al-Qeeq possa aggiudicarsi la propria libertà. Dopo 72 giorni di sciopero della fame, la sua situazione clinica è grave e lo Stato di Israele sta tentando solo nuove manovre al fine di sopprimere la sua lotta per la libertà. E’ urgente, ora più che mai, che ci si organizzi e si agisca al fine di esigere la vera libertà e la giustizia per Mohammed al-Qeeq e per tutti i prigionieri palestinesi.

Vi invitiamo a scendere in piazza in segno di protesta a New York, Berlino, Montreal e in altre città e aumentare la pressione sullo stato di Israele affinchè liberi questo giornalista palestinese detenuto senza capi di accusa né processo, la fine della sua detenzione amministrativa, e la libertà per tutti i prigionieri palestinesi.

Azioni:

  1. Contattare i funzionari di governo e chiedere che venga interrotto il silenzio su Al-Qeeq e anche sul ruolo del governo stesso nel supportare le violazioni israeliane dei diritti dei palestinesi. Negli Stati Uniti, chiamare l’ “Israel Foreign Service Desk” 1-202-647-3672 e la Casa Bianca - 202-456-1111. Richiedere un intervento sul caso di al-Qeeq e la fine degli aiuti a Israele. Nel Regno Unito, chiamare “UK Foreign and Commonwealth Office”, Philip Hammond, MP, +44 20 7008 1500. In Canada, chiamare il ministro degli Esteri Stephane Dion: 613-996-5789.
     
  2. Protestare sotto ad un consolato israeliano o all'ambasciata (o sotto ad un edificio statale, ufficio G4S o in piazza) e chiedere la libertà per Mohammed al-Qeeq. Unirsi alle proteste in programma a New York, Berlino e Montreal o organizzarne di altre. Sollevare la questione di questo caso pubblicamente e distribuire informazioni - questo volantino è disponibile per voi da distribuire durante le proteste nella vostra comunità. Trova il tuo consolato israeliano più vicino: http://embassy.goabroad.com/embassies-of/israel. Scriveteci all'indirizzo samidoun@samidoun.netto per informarci delle vostra iniziative – pubblicheremo e condivideremo le notizie direttamente con i prigionieri.
     
  3. Boicottaggio, disinvestimento e Sanzioni. I palestinesi hanno sollecitato un boicottaggio internazionale di merci e istituzioni israeliane - e le aziende che traggono profitto dall'occupazione, come la G4S, la più grande compagnia di sicurezza privata del mondo, che vende attrezzature di sicurezza alle carceri israeliane, ai checkpoint e nei centri di formazione della polizia - approfittando direttamente dall'occupazione che distrugge le vite palestinesi. Mentre la G4S trae profitto dall’ occupazione, istituzioni come le Nazioni Unite continuano a fare affari con loro. Vai su: addameer.org/UNdropG4S per più informazioni riguardo alle azioni da intraprendere!

Fonte: Samidoun

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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