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Considerazioni sulla mobilitazione proposta contro il piano di annessione della Valle del Giordano allo Stato israeliano

Da circa un paio di settimane circola un appello in cui si propone una mobilitazione pro Palestina in tutte le città, dove è possibile, contro il progetto israeliano di annettere altre parti della Palestina, come avviene dal 1948 ad oggi.

I promotori più precisamente scrivono: “Il primo luglio il governo Netanyahu–Gantz presenterà al parlamento israeliano la legge per l’annessione delle terre palestinesi, da approvare per perseguire il disegno della grande Israele”. Nulla di nuovo a nostro avviso, ma riteniamo giusto esprimere un dissenso ed eventualmente solidarizzare e dare sostegno alle mobilitazioni che i palestinesi metteranno in campo ad impedire che ciò accada.

Dunque secondo i promotori gli israeliani hanno uno scopo ben preciso, ovvero “perseguire il disegno della grande Israele”, che se le parole hanno un senso, vuol dire perseguire un progetto che non prevede neanche l’ombra di uno stato palestinese.

Altro passaggio da ritenersi significativo è il seguente: “Come è illegale il perdurare dal 1967 dell'occupazione dei Territori palestinesi a seguito della “Guerra dei sei giorni”, di cui oggi ricorre il 53° anniversario”. A nostro avviso l’occupazione della terra palestinese ha una data ben precisa e risale ad oltre 72 anni fa, ben prima del 1967...ma tant’è che ancora una volta si lascia spazio a narrazioni che “dimenticano” la Nakba, i profughi, i prigionieri e i martiri che hanno dato la loro vita per la Liberazione della terra e del popolo palestinese. Senza considerare che si depotenzia ancora una volta la visione del sionismo che nasce alla fine dell’800 come movimento colonialista d’insediamento e che prevedeva la pulizia etnica dei palestinesi.

Ogni iniziativa, sempre a nostro avviso, comporta impegno e fatica, tanto nell’organizzazione quanto nella partecipazione. Vediamo quali sono gli obiettivi proposti nell’appello per cui scendere in piazza:

  • impedire l’annessione ad Israele dei Territori palestinesi
  • l'invio di una forza ONU di interposizione che si faccia carico anche della difesa dei cittadini e delle cittadine palestinesi dagli attacchi dei soldati e dei coloni israeliani
  • riconoscimento dello Stato di Palestina da parte del governo italiano e dell'Unione Europea
  • convocazione di una Conferenza internazionale per la pace in Medio Oriente, sotto l'egida delle Nazioni Unite, con la partecipazione di tutte le parti interessate, sulla base delle risoluzioni Onu e nel rispetto della legalità internazionale, a partire dalla Convenzione di Ginevra.

A nostro avviso le prime quattro richieste ci sembrano le solite decennali “suppliche” rivolte a chi da sempre ha manifestato disinteresse verso i palestinesi e complicità con l’occupazione. Le evidenze sono sempre state palesi sia per gli obiettivi sempre ben esplicitati da parte dei colonizzatori sionisti sia per la loro coerente pratica nel perseguirli. Lo stesso vale per il resto dei paesi occidentali imperialisti che non propendono semplicemente dalla parte del colonizzatore perché sono invece intimamente connessi ed in alcuni casi allineati.

Dobbiamo essere noi a ricordare che la Francia, la Germania e la stessa Italia...oltre a dare soldi ed armi hanno promosso leggi infami contro chi si batte per il BDS? Dobbiamo essere noi a ricordare che gli stessi governi di tali stati finanziano l’occupazione con milioni di euro, stringono accordi bilaterali, cooperano in svariati settori etc etc...?

Noi vogliamo ricordare, oltre alle parole di Mandela: “Non saremo mai liberi fino a che i Palestinesi non saranno liberi”, anche quelle di Marwan Bargouthi: “L’ultimo giorno di occupazione sarà il primo giorno di pace”, e di Ahmad Sa'adat: “Mi rifiuto di essere rilasciato sulla base di una trattativa e non accetto che il prezzo della mia libertà siano dei metri di terra di Palestina, la terra per la quale abbiamo combattuto e per la quale siamo stati imprigionati. Rifiuto che la condizione per la mia libertà sia l'espansione degli insediamenti. Rifiuto questa offerta, nemmeno una casa per i coloni sionisti sarà costruita come prezzo della mia libertà”. Importanti leader storici palestinesi che oggi si trovano nelle prigioni israeliane perché hanno combattuto contro il sionismo per la Liberazione della Palestina. Eppure la loro vera condanna è quella di essere stati marginalizzati dall’attuale dirigenza palestinese, dalla loro politica di profitto e dalla loro collaborazione con l’Occupazione, anche e soprattutto nella repressione della Resistenza, dopo aver ormai sepolto ed abbandonato definitivamente ogni idea o sogno di Liberazione.

Ci sembra un aspetto grave il fatto di non considerare per nulla il popolo palestinese (esattamente come vorrebbero fare i colonizzatori) e la sua quotidiana resistenza (con la quale invece hanno a che fare da oltre 72 anni), a cui i sionisti rispondono con arresti, uccisioni, torture. Questo ci pare particolarmente grave e troviamo in quelle parole, ma anche in quelle lacune, l’ombra di una “visione colonialista occidentale” o come direbbe Edward Said “orientalismo”.

Anche se tutto questo sarebbe da ritenersi sufficiente per non aderire alla giornata del 27 giugno 2020, così come proposta, troviamo ancora più grave l’ultima parte...quella che proferisce: “Lasciare (come sostengono alcuni governi europei) che le due parti in causa riprendano trattative dirette significa semplicemente lasciare i Palestinesi soli di fronte al Paese occupante e colonizzatore, perpetuando l'errore, protrattosi per 27 anni, di una trattativa in balìa di una disparità di forze che ha portato alla totale disapplicazione dell’accordo di Oslo del 1993”.

Anche dopo 27 anni non si ammette l’errore e l’orrore degli accordi di Oslo. Non si ammette né l’uno né l’altro perché non si può abbandonare quel processo, essendo ormai legati mani e piedi. Eppure, quantomeno tali orrori, sono presenti materialmente in una Palestina sempre più frammentata in tutti i sensi, che vede generazioni di profughi susseguirsi senza alcuna giustizia e prospettiva per il loro futuro.

Oramai, chi ha scritto queste parole, chi ha difeso gli accordi di Oslo fino ad oggi, ammette che l’applicazione di quegli accordi è unilaterale, ovvero vengono rispettati solo dalla cricca di Abu Mazen, impegnati a difendere la sicurezza di Israele a scapito di quella palestinese.

Si capisce bene perché nelle quattro richieste iniziali non si fa cenno alla Resistenza palestinese, ma si supplica la benevolenza dei sostenitori dell’occupazione sionista e si mendica il sostegno delle agenzie internazionali e nazionali che finanziano l’occupazione sionista della Palestina.

Edward Said, in risposta alla domanda “quale alternativa?” posta dalla dirigenza palestinese che siglò gli accordi agli oppositori e ai critici, in un articolo denominato “Oslo: il giorno dopo”, asseriva che: “Per avanzare verso l’autodeterminazione palestinese – che ha senso soltanto se il suo obbiettivo sono la libertà, la sovranità e l’uguaglianza, invece del perpetuo asservimento a Israele – abbiamo bisogno di riconoscere onestamente la nostra situazione”. Mentre nel suo libro “La fine del processo di pace” l'intellettuale palestinese scriveva: “Non c’è negoziato peggiore di concessioni senza fine che non fanno che prolungare l’occupazione israeliana. Israele è sicuramente felice di potersi attribuire il merito di avere fatto la pace e al tempo stesso di continuare l’occupazione con il consenso dei palestinesi”.

Da un’intervista a Jacob Cohen: “Secondo lei, gli Accordi di Oslo non erano una grande truffa che ha danneggiato i palestinesi privandoli dei loro diritti?

Gli accordi di Oslo sono stati una delle più belle truffe diplomatiche del secolo. Con il consenso dei palestinesi. In un rapporto sadomaso (sadomasochistico), il padrone e lo schiavo assumono liberamente il loro ruolo. Il padrone sionista trovava in Arafat lo schiavo ideale per interpretare il ruolo”.

Post Scriptum: la storia è questa, non vogliamo dare giudizi, mentre ci auguriamo che anche in Italia emerga quanto sta avvenendo in altre parti dell’Europa, dove si stanno cercando percorsi nuovi affinché si ritrovi l’unità tra tutte le componenti palestinesi e affinché s’interrompa ogni forma di collaborazione con l’occupazione. Crediamo ed auspichiamo un fronte unito che sappia difendere i prigionieri ed ogni singolo palestinese. Infine ribadiamo quanto abbiamo già scritto all’inizio: “riteniamo giusto esprimere un dissenso ed eventualmente solidarizzare e dare sostegno alle mobilitazioni che i palestinesi metteranno in campo ad impedire che ciò accada”.

Sempre al fianco della Resistenza palestinese contro il sionismo!

Collettivo Palestina Rossa
 


In allegato il volantino che distribuiremo.
 

AllegatoDimensione
PDF icon volantino contro annessione 27062020 def.pdf199.72 KB

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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