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"Dove stanno i «veri» partigiani": ovunque si organizzi la resistenza palestinese

Il 25 aprile, anche dopo 72 anni, riesce a smuovere le acque limacciose della consuetudine facendo riemergere un po’ di tutto: dal letame convintamente sionista a qualcosa di meno sgradevole alla vista, ma altrettanto negazionista.

L’articolo pubblicato su Il Manifesto del 21 aprile 2017 “dove stanno i «veri» partigiani” si porta dietro tutta la retorica ed i luoghi comuni che compongono la narrazione sionista, quella narrazione che vuol far credere che sia possibile “una soluzione democratica del conflitto”, come pare ami sperare Alessandro Portelli, e per questo a lui piacciono molto gli “ebrei contro l’occupazione”, che noi rispettiamo, pur non condividendone alcuni aspetti.

Poche chiacchiere, l’occupazione vive in maniera feroce da oltre 70 anni, se i sionisti volessero davvero risolvere il “conflitto” lo si potrebbe risolvere in 2 giorni, anzi, in uno solo, che l’altro sarebbe il primo giorno di pace. Ma non è così, e loro, i sionisti, lo ripetono da decenni e decenni in tutte le salse.

Alcune perle:

Iniziamo con il “padre della patria”:

«Noi dobbiamo espellere gli arabi e prenderci i loro posti». David Ben Gurion, 1937, Ben Gurion and the Palestine Arabs, Oxford University Press, 1985.

«Dobbiamo usare il terrore, l'assassinio, l'intimidazione, la confisca delle terre e l'eliminazione di ogni servizio sociale per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba».

«I villaggi ebraici sono stati costruiti al posto dei villaggi arabi. Voi non li conoscete neanche i nomi di questi villaggi arabi, e io non vi biasimo perché i libri di geografia non esistono più. Non soltanto non esistono i libri, ma neanche i villaggi arabi non ci sono più. Nahlal è sorto al posto di Mahlul, il kibbutz di Gvat al posto di Jibta; il kibbutz Sarid al posto di Huneifis; e Kefar Yehushua al posto di Tal al-Shuman. Non c'è un solo posto costruito in questo paese che non avesse prima una popolazione araba».

E proseguiamo con Ariel Sharon, il genocida di Sabra e Chatila:

«Tutti devono muoversi, correre e prendere quante più cime di colline (palestinesi) possibile in modo da allargare gli insediamenti (ebraici) perché tutto quello che prenderemo ora sarà nostro... Tutto quello che non prenderemo andrà a loro».

«Israele può avere il diritto di mettere altri sotto processo, ma certamente nessuno ha il diritto di mettere sotto processo il popolo ebraico e lo Stato d'Israele».

L’articolo pubblicato in prima pagina da Il Manifesto non è mostruoso perché cerca di mettere tutti sullo stesso piano, oppressi ed oppressori, non è sgraziato perché non segue il consiglio di Antonio Gramsci, che invitava tutti ad essere partigiani, ovvero a schierarsi; l’articolo è brutto perché falsifica la realtà, almeno quella dentro cui ci muoviamo noi che contestiamo la Brigata Ebraica.

Israele non è quello che ognuno ci vuole leggere, ad essere onesti non si può negare che lo stato sionista è: genocidio pulizia etnica dei palestinesi, razzismo, “Piombo Fuso”, i quotidiani assassinii mirati, i 7000 palestinesi sequestrati, le torture di uomini, donne e bambini che hanno una sola colpa, ovvero essere palestinesi. E ci permettiamo di dire che a voler continuare ad essere onesti questo ci ricorda un’altra tragedia, quella dove gli ebrei venivano arrestati, torturati, uccisi solo perché ebrei.

L’articolo contiene diversi “gioielli”, sarebbe davvero interessante che potesse spiegarci cosa sia “il giusto e logico legame emozionale con lo stato ebraico”, oppure che ci aiutasse a capire meglio per cosa lottavano i “combattenti ebrei” di allora. Stato ebraico? “combattenti ebrei” termini che persino Netanyahu si vergognerebbe a pronunciare.

Infine, e questo dimostra la malafede, diciamolo che l’articolo è anche un tantino vile: neanche la destra sionista pronuncia cosi superficialmente l’accusa di antisemitismo. Ma non finisce qui. Anzi il surreale "dibattito" su Il Manifesto a proposito del 25 aprile ed Israele è proseguito.

Abbiamo detto del penoso articolo di Portelli, il giorno dopo è sceso in campo Massimo Villone con questa perla: "La comunità ebraica non può non sapere che a sinistra il legame con il popolo di Israele è stato ed è forte e radicato, mentre tale non è l'apprezzamento per le politiche dello stato d'Israele".

Villone, come tanti altri, le spara senza spiegare quale sia questa differenza tra "popolo d'Israele" e "stato d'Israele". Se sulla Terra c'è un paese dove il "popolo" si identifica con lo "stato" questo è proprio Israele. Dal 1948 ad oggi abbiamo visto tutti, tranne Villone, che i governi di destra, centro e "sinistra" hanno riservato ai palestinesi lo stesso trattamento: genocidio, arresti, torture.

Durante le vili aggressioni, tipo Piombo Fuso, il 96% del "popolo d'Israele" ha plaudito alla mattanza di uomini, donne e bambini palestinesi.

Per finire: in una intervista Bruno Segre ci ricorda i cartelli nella Torino delle leggi razziali: “Qui gli ebrei non sono graditi”. Esattamente quello che ha detto la Comunità Ebraica romana e milanese in questo bel 25 Aprile 2017: “Qui i palestinesi non sono graditi”.

I fatti, ancora una volta, hanno mostrato che a non essere graditi non sono i palestinesi o gli ebri ma i terroristi sionisti, hanno potuto sfilare solo protetti da centinaia di squadristi del PD e dei City Angels, oltre a centinaia di poliziotti, carabinieri e DIGOS, mentre il Mossad indisturbato fotografava i volti delle centinaia di contestatori.

Palestina Rossa
26 Aprile 2017

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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