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I tentacoli sionisti nelle "stanze dei bottoni" italiane

La “Casa della Memoria” di Roma ha deciso di bloccare la presentazione della mostra “Notte molto nera – Sabra e Chatila, una memoria scomoda” (mai titolo fu più indovinato), sul massacro voluto dai sionisti nei campi profughi del Libano di Sabra e Chatila.

Da questa decisione emergono due elementi: in primis la subalternità del Comune di Roma e di chi gestisce la “Casa della Memoria”, che forse sarebbe bene rinominare “dell’oblio”, unita al potere della lobby sionista romana e della sua ambasciata e all'elevato numero di persone che ingiustificatamente si schiera a favore dello stato occupante anche quando questi commette crimini contro l’umanità, perpetuati da prima del 1948 fino ad arrivare ad alcuni dei più gravi delitti contro la dignità umana, come il massacro di Sabra e Chatila e l'aggressione al popolo palestinese di Gaza a cavallo tra il 2009 e il 2010 (testimoniata con grande coraggio dal quotidiano “Il Manifesto” attraverso gli occhi e le parole di Vittorio Arrigoni).

La seconda questione riguarda l’ipocrisia di quanti hanno voluto esporsi, anche sul sopraccitato “Il Manifesto”, per difendere l’indifendibile: nella frase di un pannello introduttivo della mostra il (peraltro assodato) coinvolgimento di Israele è definito in maniera generica "storicamente errato”. Di più non è dato sapere.

Che la strage avvenuta 30 anni fa nei campi di Sabra e Chatila sia stata voluta, organizzata, perpetrata da Israele accanto ai fascisti libanesi è fuori discussione, con l'ulteriore complicità dei governi di quei paesi che avrebbero dovuto difendere i campi ed invece hanno scelto di allontanarsi lasciando via libera agli assassini israeliani e libanesi.

Il presidente Pertini nel Dicembre 1983 ha commentato: “io sono stato nel Libano. Ho visto i cimiteri di Sabra e Chatila. E’ una cosa che angoscia vedere questo cimitero dove sono sepolte le vittime di quell’orrendo massacro. Il responsabile dell’orrendo massacro [Sharon] è ancora al governo in Israele. E quasi va baldanzoso di questo massacro compiuto. E’ un responsabile cui dovrebbe essere dato il bando dalla società”.

Ancora, lo scrittore francese Jean Genet autore di "Quattro ore a Shatila": “dal mio appartamento all’ottavo piano, con un binocolo, li ho visti arrivare in fila indiana: un’unica fila. Li precedeva la loro ferocia”.

L’avanzata dell’esercito israeliano fu lenta, metodica, spietata, condotta a colpi di cannone: la responsabilità degli israeliani emerge con chiarezza anche nel film Valzer con Bashir, scritto e diretto da Ari Folman, ex soldato dell’esercito sionista che ha partecipato alla strage di Sabra e Chatila.

Il massacro compiuto non è stato casuale, ma si è trattato di una delle pedine del progetto sionista, che prevede la pulizia etnica dei palestinesi così come chiaramente annunciato dai padri storici dello stato di Israele e i loro successori:

David Ben-Gurion, 1948: «Dobbiamo usare il terrore, l'assassinio, l'intimidazione, la confisca delle terre e l'eliminazione di ogni servizio sociale per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba»; «i villaggi ebraici sono stati costruiti al posto dei villaggi arabi. Voi non li conoscete neanche i nomi di questi villaggi arabi, e io non vi biasimo perché i libri di geografia non esistono più. Non soltanto non esistono i libri, ma neanche i villaggi arabi non ci sono più. Nahlal è sorto al posto di Mahlul, il kibbutz di Gvat al posto di Jibta; il kibbutz Sarid al posto di Huneifis; e Kefar Yehushua al posto di Tal al-Shuman. Non c'è un solo posto costruito in questo paese che non avesse prima una popolazione araba».

Golda Meir, 1969: «Non esiste una cosa come il popolo palestinese. Non è come se noi siamo venuti e li abbiamo cacciati e preso il loro paese. Essi non esistono».

Menachem Begin, 1982 :«[I palestinesi] sono bestie che camminano su due gambe»; «determinare la terra d’Israele è l’essenza del sionismo. Senza determinazione, noi non realizziamo il sionismo. E’ semplice».

Yitzhak Shamir, 1988: «(I palestinesi) saranno schiacciati come cavallette... con le teste sfracellate contro i massi e le mura».

Ehud Barak, 2000: «Se pensassimo che invece di 200 vittime palestinesi, 2.000 morti metterebbero fine agli scontri in un colpo, dovremmo usare più forza...»

Ariel Sharon, 1998: «E' dovere dei dirigenti d’Israele spiegare all’opinione pubblica, chiaramente e coraggiosamente, un certo numero di fatti che col tempo sono stati dimenticati. Il primo di questi è che non c'è sionismo, colonizzazione, o Stato Ebraico senza lo sradicamento degli arabi e l'espropriazione delle loro terre»; «tutti devono muoversi, correre e prendere quante più cime di colline (palestinesi) possibile in modo da allargare gli insediamenti (ebraici) perché tutto quello che prenderemo ora sarà nostro... Tutto quello che non prenderemo andrà a loro».

2001: «Ogni volta che facciamo qualcosa tu mi dici che l’America farà questo o quello... devo dirti qualcosa molto chiaramente: non preoccuparti della pressione americana su Israele. Noi, il popolo ebraico, controlliamo l'America, e gli americani lo sanno»; «Israele può avere il diritto di mettere altri sotto processo, ma certamente nessuno ha il diritto di mettere sotto processo il popolo ebraico e lo Stato d'Israele».

Riccardo Pacifici, rappresentante della più pericolosa comunità ebraica di Roma, 2012: «...perciò ringrazio l’assessore Gasparini per avermi informato di questa pericolosa iniziativa [riferendosi alla mostra “Notte molto nera – Sabra e Chatila, una memoria scomoda”]».

Ma ancora più gravi potrebbero risultare le dichiarazioni di Abbas, presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, (maggio 2012), che sostiene: «i palestinesi in Libano non si armino, in quanto sono sotto la protezione dello Stato libanese e dei suoi militari». (per leggere l'articolo completo: http://www.palestinarossa.it/?q=it/content/blog/abbas-i-palestinesi-libano-si-devono-disarmare).

I palestinesi in Libano sono stati privati della loro terra, delle loro case, della memoria del loro popolo: hanno il diritto, e forse il dovere, di resistere in qualsiasi forma ritengano giusta o necessaria e che andrebbe sostenuta, non contrastata.

Anche i familiari delle vittime della strage di Sabra e Chatila continuano a resistere e a chiedere giustizia: dopo trent'anni non hanno potuto neppure vedere condannati i mandanti di quell'atrocità, grazie, soprattutto, all'omertà della maggioranza della comunità internazionale che, di fronte ad Israele, abbassa il capo e tace.

Di fronte a tale gravissima ingiustizia abbiamo il dovere di parlare, denunciare, condannare chi si è annoverato il diritto di commettere questa violazione contro l'umanità: è nostro dovere fare da eco ai palestinesi che, dopo essere stati cacciati dalle loro case, si sono visti uccidere a sangue freddo la famiglia, con l'unica colpa di essere persone scomode a quel disegno coloniale, razzista e profondamente ingiusto chiamato sionismo.

Redazione PalestinaRossa
 


nota della redazione: ci è appena giunta voce che forse la mostra ci sarà, di seguito riportiamo la notizia come pervenutaci dal "Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila":

Abbiamo appena parlato - seppur velocemente - con la curatrice della mostra, convocata questa mattina dall'assessorato competente del comune di Roma, la quale ha comunicato che si stanno aprendo serie possibilità che la mostra venga alla fine realizzata. Se ci riuscirà questo sarà una piccola ma importante vittoria contro l'arroganza e la prepotenza.

I prossimi giorni saranno quindi determinanti per capire bene come andrà a finire. Per quanto ci riguarda continueremo a vigilare e ad informarvi sulle eventuali novità che si dovessero produrre.

Il Comitato Per non dimenticare Sabra e Chatila
 

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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