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Intervento di Francesco Giordano (Rete di Solidarietà con la Palestina - Milano)

Care compagne e cari compagni,

quando abbiamo iniziato questo percorso, anni fa, ne sentivano la necessità assoluta, oggi che pur diversi passi sono stati fatti nella giusta direzione, crediamo ancor di più nella sua urgenza. I fatti spingono più di quanto fanno le nostre soggettività, prendiamone atto, o resteremo al punto di partenza nonostante sappiamo di essere inadeguati.

Quando abbiamo iniziato questo percorso ne abbiamo discusso molto, litigato anche, come si fa tra compagni, ma sotto sotto viveva l’idea che dovevamo convincerci, e dovevamo convincere. Oggi credo che quel tempo sia finito, c’è la assoluta necessità di attiviste/i convinti che il sostegno alla sinistra palestinese, alla resistenza sia l’unica strada percorribile, l’unica di cui c’è bisogno. Parafrasando Brecht: gli altri posti sono occupati: ovvero i paesi arabi moderati e reazionari sostengono Hamas, Stati Uniti ed Europa sostengono l’ANP, la creatura creata ad Oslo, l’unico posto che rimane è appunto quello della resistenza. E noi, noi che abbiamo voluto questo percorso, lì ci collochiamo: senza se  e senza ma.

Oggi questa è la nostra lettura su quanto sta succedendo in Palestina, ci auguriamo che tutte le parti tornino al loro posto naturale, a fianco del popolo palestinese, a difesa dei prigionieri, a difesa della lotta contro l’occupazione. Oggi non è così.

La sinistra palestinese di oggi è marginalizzata, forse manca della capacità di influenzare gli eventi e di affrontare il tentativo di liquidare i diritti nazionali palestinesi, non solo per questo ha la necessità del nostro sostegno, noi abbiamo il dovere di stare al loro fianco perché quello è il luogo più naturale. Quando ci siamo recati a Gaza, quando ci siamo trovati attorno al tavolo per discutere parlavamo la stessa lingua.

Noi, siamo altresì convinti che a causa della crisi della realtà palestinese, stretta tra le divisioni interne Fatah-Hamas e al proseguire dell’occupazione israeliana, il ruolo della sinistra sia più cruciale che mai.

Riuscirà la sinistra a venire incontro alle sfide esterne e interne per trasformarsi di nuovo in una adeguata forza politica?

Questa è la loro sfida ed è anche la nostra, su questo terreno il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina si sta riorganizzando da tempo, e noi ci sentiamo partecipi e solidali in questo loro cammino ed in questa loro sfida.

Tale sfida evidenzia non tanto e non solo l’attuale debolezza delle forze di sinistra palestinesi che, nonostante la loro storia e i sacrifici compiuti nella lotta nazionale, oggi restano apparentemente marginalizzate e comunque non hanno ancora acquisito la loro capacità di influenzare gli eventi e confrontarsi con la liquidazione dei diritti nazionali, ma evidenzia anche due fondamentali dinamiche:

Le politiche aggressive e razziste dell’occupazione israeliana contro il popolo palestinese a livello politico, economico e sociale;
La divisione interna palestinese e la polarizzazione politica e sociale tra Hamas e Fatah. La conseguenza di tale separazione è lo schiacciamento dell’unità palestinese a livello politico, sociale e geografico, oltre all’inefficacia delle istituzioni, sia dell’OLP che dell’Autorità Palestinese.

Noi pensiamo, è l’abbiamo già detto altre volte, che oggi sicuramente è uno dei momenti più difficili per i palestinesi, una notte scura, molto scura, ma sappiamo anche che l’alba è dietro l’angolo e dobbiamo spingere perché arrivi.

Noi pensiamo che questo tempo sia una grande opportunità per la sinistra palestinese, anche perché i rappresentanti della divisione e della polarizzazione (Hamas e Fatah) vivono una profonda crisi: le loro opzioni e le scelte hanno spinto il popolo palestinese e i suoi diritti in un pericoloso angolo. Hamas vive una crisi generata dalla scelta dell’Islam politico e dal suo fallimento in Egitto e Siria, mentre Fatah è in crisi per il fallimento del progetto politico di Oslo e per i suoi legami con l’America, ma anche per il fallimento della strategia economica del neoliberismo e delle condizioni della Banca Mondiale.

Se questo è il momento giusto per la sinistra di rappresentare un’alternativa ed una nuova strategia, dipenderà certo dalla loro capacità di dare una lettura comprensiva dei cambiamenti politici regionali e globali e del loro impatto sulla questione palestinese.

La sinistra deve certo saper anche rinnovare la sua visione socio-culturale e il ruolo di difensore dei diritti della maggioranza del popolo palestinese che oggi paga il prezzo di politiche dei reazionari religiosi e delle forze neoliberiste.

Tutto questo dipenderà anche da quanto sarà precisa, forte, unitaria la solidarietà internazionale, noi siamo chiamati a fare la nostra parte affinché tutti ci sentiamo meno soli.

La sera del 17 agosto mi trovavo a Bergamo perché invitato da Rifondazione per una iniziativa sulla situazione in Palestina e oltre al mio intervento ed a quello di Kutaiba abbiamo avuto collegamenti con Samantha, Rosa e con compagne/i del Fronte Popolare. Più volte quella sera i compagni hanno posto l’accento sulle difficile condizioni di operare non solo a causa dell’occupazione ma perché le loro iniziative venivano represse dai “governi” dell’ANP e di Hamas.

Ora io dico che questa situazione è insopportabile, lo dovrebbe essere per chiunque, ma per noi comunisti, per noi che ci dichiariamo essere di sinistra dovrebbe essere un dovere morale assoluto.

Invece da troppi anni sento silenzio, qualche balbettio, censure, e credo che d’ora in poi questa situazione debba essere per tutti inaccettabile.

Così come abbiamo posto anni fa la discriminante del sionismo, credo che oggi dobbiamo porre come discriminante la collaborazione piccola o grande con lo stato occupante.

Oltretutto mi permetto di osservare che per molto meno palestinesi sono passati per le armi, molto meno che per tradimento, come tranquillamente possono essere accusati i dirigenti della ANP e di Fatah.

Ribadisco che tale approccio non può più essere un’opzione ma deve diventare un obbligo soggettivo e rigoroso, non solo perché la resistenza palestinese è naturale parte del sistema panarabo di resistenza contro il sistema coloniale nel mondo arabo, ma anche perché tale scelta posiziona con forza la lotta palestinese all’interno dei movimenti progressisti e democratici di tutto il mondo.

Sia chiaro che noi vogliamo l'Unità dei palestinesi, non ci interessano i dirigenti che han voluto la divisione, che se ne vadano in Occidente o in Qatar.

Crediamo che i palestinesi abbiano bisogno di una nuova generazione di dirigenti che non sia coinvolta in comportamenti di collaborazionismo o di svendita della terra e del popolo.

La Palestina non è un’isola deserta, la troviamo nel centro di un conflitto ampio, tremendo perché non vi sono possibilità di mediazioni; ed è anche questo che i dirigenti di Hamas e ANP, non capiscono.

Come spesso è capitato nei decenni trascorsi, molte potenze regionali e non, utilizzano la questione palestinese per mantenere un ruolo nei conflitti in atto. Questo purtroppo è stato ed è possibile solo con complici all’interno della Palestina, sia dell’ANP, che di Hamas. Queste parti svendono letteralmente la questione palestinese per soldi che servono a mantenere il potere su pezzi di terra, e per fare gli affari propri o portare avanti le loro politiche, che comunque sono contro gli interessi del popolo palestinese.

Solo la sinistra palestinese, in particolare del Fronte Popolare da sempre prende le distanze dai paesi arabi o dai paesi occidentali, potrei citare scritti del compagno Ghassan Kanafani, quindi di molti decenni fa.

Care compagne e cari compagni, questa serena coerenza ci porterebbe ad una maggiore spinta, cioè guardare a quanto succede in Medio Oriente con capacità diverse, ovvero andando a contattare chi da anni ed anni si muove per costruire quanto abbiamo visto in questi ultimi tempi. Credete che la Tunisia o l’Egitto siano esplose per autocombustione oppure che un lavoro politico è stato condotto anche dalla sinistra tunisina ed egiziana?

Qualcuno di voi forse era presente una decina di anni fa quando, appunto, in un passaggio al Cairo per recarci a Gaza abbiamo partecipato ad un’assemblea con diverse organizzazioni politiche egiziane che rappresentavano diversi settori della società: dagli operai agli avvocati, giornalisti ecc..

Di questo ci parlavano le compagne ed i compagni….di quanto poi è successo.

Ecco, io credo che dobbiamo riprendere ad alzare lo sguardo, guardare davanti a noi, e costruire un pensiero comune con quanti in Europa, ma anche nei paesi arabi, hanno lo stesso orizzonte politico e sociale, gli stessi valori che sono quelli di uguaglianza, di libertà, di rispetto dei diritti per tutte e tutti. La situazione in palestina parla anche a noi, le loro difficoltà sono le nostre difficoltà, occore saper riprendere l’iniziativa, ricostruire luoghi di pensiero e di discussione, di sana critica all’esistente.

Completare tale processo non è semplice. È un processo lungo che segue modelli teorici e pratici e che richiede alle forze di sinistra un percorso di valutazione, critica e analisi al fine di vedere la realtà e i diversi interessi e strategie. Questo processo deve anche includere il rinnovo e l’auto-costruzione delle forze stesse, così che possano riguadagnarsi il proprio ruolo e ricollegarsi alle realtà politiche, sociali e culturali come unico riferimento.

Vogliamo qui ribadire i concetti chiave emersi dal primo incontro:

  • No al progetto sionista di pulizia etnica della Palestina;
  • Unità del popolo palestinese nella lotta contro la colonizzazione sionista;
  • Rigetto degli accordi di Oslo;
  • Sostegno al BDS, applicazione del Diritto al Ritorno, sostegno alla Resistenza ed alle lotte dei prigionieri;
  • Interruzione dei rapporti commerciali ed economici, politici e militari, nonché culturali tra l’Italia e lo stato d'Israele.
     

Francesco Giordano
Retre di solidarietà con la Palestina - Milano

 

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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