In questi 65 anni di occupazione la Palestina ha avuto molti martiri, tra i tanti voglio ricordare Stefano Chiarini, Rachel Corrie, Juliano Mer Kamis, Vittorio Arrigoni e poi tutti gli intellettuali ed i militanti palestinesi. Un caloroso pensiero va ai quasi 5000 prigionieri, alle loro famiglie.
Ricordo che oggi è la giornata nazionale contro la coppa Uefa Under 21 in Israele, in diverse città ci sono iniziative contro questa ennesima provocazione ai danni del popolo palestinese.
Un benvenuto ed un ringraziamento a quante e quanti hanno voluto partecipare a questa iniziativa.
Inoltre un grazie davvero di cuore alle compagne e compagni che hanno organizzato concretamente il convegno: Francesco, Antonio, Valeria, Giuseppe, Rodolfo, Sonia ecc, e a chi ha sostenuto l’iniziativa ma per impegni di varia natura ha potuto partecipare meno.
Questo appuntamento è il risultato di un percorso, durante il quale vi sono state condivisioni e discussioni animate, così come succede quando si tiene a qualcosa e si desidera venga fatta bene.
Un percorso, dicevo, nato nel 2006/2007 con le elezioni in Palestina, che avevano portato al governo Hamas, il quale, indigesto ad Israele e USA, non aveva potuto governare come sarebbe stato legittimo e giusto.
Abu Mazen in quel momento si fece portavoce degli interessi di Israele e USA e tentò di invalidare le elezioni. La conseguenza di questo fu una guerra civile, i morti palestinesi sacrificati al volere dell’imperialismo furono centinaia.
Nel 2008 i prigionieri di tutte le organizzazioni scrissero un documento in cui si diceva:
Dalle nostre celle, richiamiamo i nostri fratelli e sorelle, a ricordare l’importanza dell’unità, alla luce della crescente divisione nel seno del popolo.. In applicazione di questo, noi condanniamo unanimemente, gli atti di assassinio, sequestri e l’abuso di vandalismi verbali. Queste sono le scintille che portano alla catastrofe (NAKBA) e che dobbiamo prevenire a tutti i costi.
O nostro grande popolo, noi chiediamo ai nostri fratelli, agli eroi della lotta armata, di mantenere la purezza delle loro armi. Queste armi sono per la salvaguardia del paese e della sua gente, e devono essere, oggi più che mai, puntate contro l’occupante israeliano. E chi punta la sua arma contro il petto del suo fratello palestinese, dimentica il patto d’onore secondo il quale queste armi devono essere usate per resistere all’occupazione.
Firmavano questo documento: Fatah: Marwan Barghouti, Hamas: Abdul Khalek el-Natche, Fplp: Ahmad Sa’adat, Jihad islamico: Bassam el-Saadi, Fronte Democratico: Mustafa Badarni.
Il 1 giugno 2009 il segretario del FPLP Sa’adat in un documento in cui ricordava il 61° anniversario della NAKBA scriveva: “faccio appello alle masse del nostro popolo nella diaspora affinchè alzino le loro voci per far cessare la divisione palestinese e per ricostruire l’OLP”.
I compagni del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina scrivevano nel comunicato dell’8 luglio 2009, con cui denunciano l’approvazione statunitense di 2500 unità abitative negli insediamenti della West Bank: “mettiamo in guardia contro ogni tentativo Palestinese di contare sull’atteggiamento americano o di accettarne l’interferenza, sottolineando che l’arma più potente per contrastare queste politiche è un fronte nazionale unito, ed urge un serio ed esaustivo dialogo nazionale Palestinese per affrontare la sfida, metter fine alla divisione e costruire un programma politico nazionale unificato”. Non successe nulla a conferma della deriva reazionaria ed antipalestinese della dirigenza palestinese.
Nel febbraio 2010 condivisi con i compagni di allora le mie riflessioni su questi fatti attraverso un documento che titolai: A proposito di Palestina e Palestine. Le prime righe: "La situazione in Palestina si è andata caratterizzando con un doppio tragico “potere”: da una parte quello di Hamas, dall’altra quello dell’ Autorità Nazionale Palestinese. Non ricevetti critiche, ma silenzio. Qualcuno rispose che “erano affari interni palestinesi".
Dopo la morte di Vittorio Arrigoni, come Freedom Flottilla Italia organizzammo una grande manifestazione a Roma, era il 14 maggio. Tra quanti hanno parlato dal palco ci fu Vauro, io ero accanto ed ascoltai bene quanto diceva. In quell’occasione ricordò Vittorio e chiuse il suo intervento dicendo che era stato lasciato solo, e aggiungeva: mai più! Quelle parole non le dimenticai e leggendo e rileggendo gli scritti di Vittorio me ne sono convinto, Vauro aveva ragione, davvero lo lasciammo solo.
Vittorio è stato venerato, consacrato, migliaia di fans, ma non ricordato per le sue scelte, per quanto scriveva, vero che da allora rifiorirono le iniziative, vero che molte/i si sono avvicinati alla causa palestinese, ma con quale consapevolezza? Spesso sono andato a rileggere gli scritti di Vittorio e mi sono soffermato in alcuni suoi articoli del marzo 2011, oltre due anni fa. Vittorio Arrigoni scriveva:
“Scendere in piazza è troppo pericoloso a Gaza, se non piombano bombe dal cielo, piovono manganelli da terra. Fustigati da un governo interno che soffoca i diritti civili basilari, frustrati dal collaborazionismo criminale di Ramallah, che viene a patti coi massacratori di Israele, delusi e defraudati da una comunità lassista e compiacente coi carnefici”. E ancora: "Ieri la Striscia di Gaza si era svegliata sotto un sole splendente, segnale di una nuova stagione alle porte. Stagione politica, più che meteorologica. Quando la sera è andata a dormire si è contata le ossa rotte."
Meno di un'ora dopo Hamas decideva di terminare la festa a modo suo: centinaia di poliziotti e agenti in borghese hanno accerchiato l'area, e armati di bastoni hanno assaltato brutalmente i manifestanti pacifici, dando alle fiamme le tende e l'ospedale da campo. Circa 300 i ragazzi feriti, per la maggior parte donne, una decina con fratture. Per tutta la notte di ieri fuori dall'ospedale Al Shifa, nel centro di Gaza city, poliziotti arrestavano i contusi mano a mano che venivano rilasciati dal pronto soccorso.
Molti gli attacchi ai giornalisti, ai quali sono stati confiscati telecamere e macchine fotografiche. Ad Akram Atallah, giornalista palestinese è stata spezzata una mano. Samah Ahmed, giovane collega di Akram, è stata colpita da un fendente di coltello alle spalle.. Asma Al Ghoul, nota blogger della Striscia è stata ripetutamente percossa dagli agenti in borghese mentre cercava di soccorrere l'amica ferita.
Le forze di sicurezza di Hamas hanno convogliato l'attacco nel centro della piazza Katiba, dove si concentrava il presidio delle donne, figlie e madri di una Gaza che hanno conosciuto la gioia della speranza di un cambiamento, per poi risvegliarsi alla cruda realtà dopo un breve sogno. Restiamo Umani.
Come evidente dalle sue stesse parole Vittorio aveva scelto, anche se qualcuno pensa che siano questioni interne palestinesi. No, Vittorio era un partigiano, nell’accezione gramsciana del termine, lo era di nascita e per scelta. Aveva scelto da che parte stare.
I familiari degli arrestati in Palestina spesso non hanno informazioni sui loro cari, su dove sono stati portati o su quanto a lungo resteranno in prigione.
L'ANP ha arbitrariamente arrestato 755 persone in Cisgiordania nel 2011. Il numero è probabilmente sottostimato, perchè include solo i casi registrati dalla Commissione Indipendente per i Diritti Umani. Il numero delle denunce è spesso minore per il timore di ripercussioni. Nei due anni precedenti al 2011, ci sono state circa 3.045 denunce contro l'AP per arresti arbitrari.
La situazione a Gaza non è meno terribile con 271 denunce presentate contro Hamas nel 2011. Il fatto che i numeri siano significativamente inferiori a quelli della Cisgiordania è probabilmente dovuto al maggior timore di ripercussioni da parte di Hamas. La Commissione ha ricevuto 1.789 denunce per arresti arbitrari a Gaza nel 2009 e nel 2010.
Nel 2011, 112 denunce per torture sono state mosse alla Commissione contro l'AP e 102 contro Hamas. Ci sono cinque morti documentate di palestinesi detenuti da Hamas nel 2011. Senza considerare Vittorio.
Sappiamo che la tortura di detenuti palestinesi è una pratica frequente sia in Cisgiordania che a Gaza. A me non interessa che la legge palestinese proibisca con forza l'uso della tortura così come stabilito dall'articolo 13 della Legge Fondamentale palestinese, ciò che mi sta a cuore è capire come si sia arrivati a questo scempio, ciò che mi chiedo è da quale parte ci dobbiamo porre. Lo dico senza ombra di dubbio: dalla parte dei palestinesi arrestati, torturati da Israele o dai dirigenti che collaborano con Israele.
Marwan Barghouti, da 11 anni prigioniero di Israele, poche settimane fa ha scritto: "Per la prima volta nella storia, i parlamentari di un popolo occupato sono detenuti, vessati e torturati mentre la comunità internazionale e la leadership palestinese restano in silenzio. Qualcosa che non trova spiegazione. E' ingiusto e irrazionale che i combattenti palestinesi restino in prigione per altri vent'anni dopo gli accordi di Oslo. Si tratta di una tragedia dovuta alla negligenza della leadership palestinese".
Proprio ieri in una intervista lo stesso Marwan Barghouti diceva: "Abbas si è anche opposto a tutte le forme di resistenza armata e ha creato un coordinamento senza precedenti sulla sicurezza con Israele. Cosa ha offerto Israele in cambio ai palestinesi? Ha giudaizzato Gerusalemme, espulso i residenti nella città, preso il controllo delle sue terre, arrestato i suoi bambini e chiuso le sue organizzazioni. Contemporaneamente, nella West Bank, ha ampliato la costruzione di insediamenti e l’esproprio delle terre, distrutto più case e operato più arresti … alla fine questo ha distrutto la soluzione a due stati e le successive speranze di pace."
Se questo è il quadro, sappiamo però che il passaggio tra il buio della notte e l'alba del mattino può essere lento, ma è inevitabile. E noi che siamo solidali con la lotta di liberazione dei palestinesi possiamo fare molto per accelerare questo percorso: sosteniamo con più determinazione la resistenza palestinese, i molti comitati popolari che tutti i giorni sono in prima fila contro le politiche espansionistiche e di pulizia etnica degli israeliani, sosteniamo la sinistra palestinese, in particolare i compagni e le compagne del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che sono nella lista nera imposta agli europei da Israele e Stati Uniti, ma sono per noi "partigiani palestinesi", nostri compagni e compagne, e con loro condividiamo la lotta di liberazione dall'occupazione sionista.
A fronte di quanto accaduto negli anni, di cui ho accenato alcuni eventi, non possiamo fare altro che stare dalla parte della popolazione che resiste, dei prigionieri, sostenere la sinistra palestinese (di cui fanno parte anche i comitati di resistenza e le organizzazioni popolari), della quale condividiamo le idee ed i valori, e che richiama all'unità di tutti i palestinesi, laddove le politiche delle fazioni al potere risultano fallimentari alla luce di un progetto di liberazione.
Crediamo che sostenere tale progetto possa essere un sostegno per tutta la sinistra internazionale, che risente sicuramente dell'indebolimento del progressismo arabo, colpito dalle nuove pianificazioni coloniali e imperialiste.
Tuttavia sappiamo che all’interno del movimento di solidarietà con la Palestina vi sono state e vi sono tuttora divergenze politiche rispetto all'analisi della situazione nazionale ed internazionale: per questo crediamo, oggi più che mai, che si possa e si debba lavorare assieme, tralasciando i dissensi derivanti ad esempio da controversie personali e partendo da una piattaforma comune che abbia alla base la condivisione di alcuni elementi cardine come l’antifascismo e l’antisionismo.
Ci auguriamo di condividere la consapevolezza che lavorare per la liberazione della Palestina in maniera frammentata favorisca l’occupazione ed i progetti che vanno contro gli interessi dello stesso popolo palestinese. Al contrario, creare un fronte unito su dei valori che storicamente rappresentano il senso di giustizia di questa lotta (come sostengono la sinistra palestinese e la società civile) può ambire ad ottenere dei risultati concreti che portino vittoria dopo vittoria alla vera liberazione della Palestina.
Noi, pur tardivamente, abbiamo scelto ed abbiamo iniziato questo percorso per la costruzione di questa rete, di un coordinamento che a nostro avviso deve scegliere di stare dalla parte delle legittime aspirazioni del popolo palestinese ed alle loro originarie posizioni: per uno stato unico, laico, libero ed indipendente.
Per questo proponiamo una piattaforma di lavoro condivisa in sostengo alla lotta palestinese che si basi sui seguenti punti:
- l'autodeterminazione dei popoli
- la liberazione di tutti i prigionieri politici, sia in Palestina che in Israele, l'applicazione del diritto al ritorno per tutti i profughi
- la fine dell'occupazione e dell'apartheid israeliano
- il sostegno al boicottaggio, disinvestimento e sanzioni fino al riconoscimento del diritti dei palestinesi
- l'interruzione di ogni trattativa con l'occupante fino a quando Israele non rispetterà tutte le risoluzioni internazionali che continua a violare
- il totale sostegno alla resistenza contro l’occupazione
Francesco Giordano