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La vita quotidiana in Palestina

"Per uscire dall'incubo l'unico modo era voltare la faccia dall'altra parte, non vedere". Con queste poche parole Liliana Segre ci mostra e ricorda l'orrenda realtà di Auschwitz.

In Libia, Egitto, Afganistan, Yemen, Palestina, come anche in alcune parti della Siria aggredita, quel male è quotidianamente presente: il male di tutti i giorni, quello per cui ci si libera volgendo lo sguardo dalla parte opposta.

In Palestina centinaia di uomini di mezza età accalcati ad ore impossibili, in attesa in interminabili file che si snodano in corridoi stretti tra muri di cemento, tornelli, torri di guardia e soldati armati.

Ancora oggi, in una Gaza assediata, in una Palestina occupata, decine di migliaia di manifestanti sono scesi nelle strade puntando sulla richiesta del Diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi. Le foto che si riesce ad avere dimostrano meglio di mille parole la natura della concezione genocida dei sionisti nei confronti del popolo palestinese: plotoni d’esecuzione contro i civili che manifestano, vengono individuati, giudicati con sentenza di morte in una manciata di secondi ed uccisi.

Tra venerdì 30 marzo ed il solo venerdì 7 aprile dello scorso anno sono stati oltre 30 i civili assassinati, migliaia i feriti. Il primo è stato un contadino, l'hanno ammazzato con un cannone. Il più giovane è venuto dopo, aveva 16 anni, ci hanno pensato i cecchini.

Come sempre quando gioca Israele, bisogna lasciar fare: essere "equidistanti". Anche se i suoi esperti cecchini sparano sulle famiglie.

“The Guardian” qualche tempo fa pubblicava un’inchiesta dal titolo: “Israele, l’orrore del lager per minorenni palestinesi”. Si riprendeva un’intervista a due bambini che descrivevano l’infame “cella 36” situata nella prigione per bambini di Al Jalame.

«All’interno del carcere Al Jalame, in profondità a tre piani sotto la superficie è localizzata la cella per bambini piccoli, buchi neri, dove i bambini palestinesi, anche a soli 12 anni, sono tenuti in isolamento, alcuni fino a 65 giorni. La cella è lunga 2m e larga 1m, grande come un materasso. Si mette giù il materasso e nella parte anteriore c’è un WC… Non c’è nessuna finestra, manca l’aria, si soffoca.

La stanza è appena più ampia rispetto al materasso sporco e sottile che copre il pavimento. Il materasso è molto sottile, solo 5cm di spessore. Una luce gialla è tenuta accesa 24 ore al giorno per impedire di dormire, mentre le pareti presentano sporgenze taglienti impedendo al bambino di stare appoggiato.

La consegna del cibo avviene attraverso uno sportello ancorato alla porta, è l’unico modo per contare i giorni, dividendo il giorno dalla notte. La colazione è servita alle 4 del mattino attraverso lo sportello della porta situato a 30cm dal pavimento. Se il vassoio della colazione non è preso in tempo il cibo si rovescia sul pavimento, il bambino è punito se non riesce a mangiare tutto.

Dove finisce il materasso c’è un basso muro di cemento e dietro c’è la toilette: un buco nel pavimento. La puzza dal gabinetto invade la stanza senza finestre».

Per i bambini l’unica via di fuga da questa gabbia è la stanza degli interrogatori, dove, incatenati mani e piedi, sono maltrattati dalla polizia segreta israeliana per oltre 6 ore alla volta, fino a confessare. Solitamente lanciare una pietra corrisponde ad una pena fino a 20 anni.

I bambini descrivono le sei ore di interrogatorio: “sul terreno c’è un anello di ferro, dove sono agganciate le manette che bloccano entrambi le mani. Le caviglie sono bloccate alle gambe della sedia, non è possibile spostarsi…come una statua. Minacciano che potrebbero arrestare mio padre e mia madre e portarli qui se non confesso”. I carcerieri ci dicono «Tu ci costringi a portarli qui, cerca di capire che noi abbiamo lo stato di Israele dietro di noi, dietro di te c’è il nulla».

Durante l’interrogatorio in fase di arresto prima di entrare nella struttura, alcuni bambini hanno testimoniato che i soldati israeliani utilizzano anche i cani, aizzandoli contro di loro.

Un ragazzo ha raccontato come dopo essere stato incatenato e immobilizzato da non potersi muovere abbiano versato sulla sua testa cibo per cani ed aizzato il cane che si è a scatenato per mangiargli la testa; ha descritto la paura, la saliva dei cani che colava sul suo viso pieno di terrore. Hanno poi messo cibo per cani anche vicino ai suoi genitali.

Venerdì 8 febbraio 2019 Hmzat Achtioui (17 anni) e Hassan Iyad Chalbi (12 anni) sono caduti in occasione del 45° venerdì di partecipazione alla “Grande marcia per il ritorno”, che ha avuto luogo lungo la barriera detta di “sicurezza” sul limite con lo stato sionista, barriera in corso di costruzione nella Palestina occupata. Hassan è stato colpito in pieno petto, a Est di Khan Younis. Il suo crimine è stato quello di voler protestare contro un blocco che dura da più di 12 anni…Il ragazzino e il blocco avevano la stessa età. Il ragazzino ne è morto, il blocco invece continua ad esistere.

Venerdì 15 febbraio altri ragazzini hanno marciato sulle orme del loro amico caduto. E così ogni sette giorni.

Le bombe al fosforo sono ufficialmente proibite in tutto al mondo, ma non sono proibite per i sionisti che occupano la Palestina. Anzi.…Il regalo di Israele ai bambini palestinesi sono proprio le bombe al fosforo bianco. D’altra parte, i sionisti non hanno nemmeno il pudore di nascondere i loro progetti sapendo di avere la complicità di altri criminali.

“Lavoreremo per applicare la sovranità in tutta la Giudea e Samaria [la Cisgiordania occupata] e rafforzare gli insediamenti”, ha dichiarato il generale israeliano Yoav Gallant, citando una frase usata spesso per riferirsi all'annessione. “Gli insediamenti sono l’unica chiave per salvaguardare sovranità e sionismo”, ha aggiunto. “Gli insediamenti sono il nuovo sionismo del 21° secolo”.

Quello palestinese è un popolo in piedi che avanza di fronte alla repressione sanguinosa di un occupante impunito, ma verrà un giorno in cui la giustizia vincerà come un uccellino sul ramo più alto.

Fino ad allora, noi staremo senza se e senza ma al fianco del popolo palestinese, della giustizia e dell’autodeterminazione.

"Se siete neutrali in situazioni di ingiustizia, avete scelto la parte dell’oppressore".

E noi dalla parte dell’oppressore non ci vogliamo stare.

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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