“Non una lacrima! Perché vedete? Li hanno scacciati dalla loro terra e dal loro sogno li hanno dispersi li hanno rinchiusi nei campi gli hanno messo un numero chiamandoli profughi li hanno venduti su tutti i mercati |
e quando hanno preso il fucile "Banditi!" hanno gridato e li hanno uccisi torturati massacrati divisi e gli hanno detto "Tu non avrai patria!" ed essi in piedi con la loro statura abitano il mondo abitano il mondo abitano il mondo!” |
Cantata Rossa per Tel al Zaatar
Da settimane ormai Napoli risponde all'aggressione militare israeliana nella striscia di Gaza dimostrando una grande forza e solidarietà in sostegno alla popolazione palestinese, nonostante si sia arrivati a fine luglio. Si è provato e si continua a provare a fare qualsiasi cosa pur di denunciare quanto sta accadendo, qualsiasi cosa pur di dimostrare che la Palestina è ormai il simbolo di ogni ingiustizia e che siamo stanchi della cronaca e dell’opportunismo di media e Governo, più impegnati nell'infinito reality della Costa Concordia che a prestare attenzione alla pulizia etnica in atto su un’altra costa del Mediterraneo. E basta ripercorrere brevemente le tappe della piccola mobilitazione napoletana per rendersi conto di quanto sia stata intensa per ciò che è riuscita ad esprimere, non solo per il numero delle iniziative e per la buona partecipazione, ma per la voglia di lottare ancora contro l'ingiustizia e i suoi responsabili, che talvolta prendono nomi e forme diversi, a differenti latitudini, ma che sono frutto dello stesso mondo basato sull'ineguaglianza e l'oppressione dell'uomo sull'uomo.
Il primo presidio, nel cuore del centro storico di Napoli, è messo su in pochissimo tempo, nelle stesse ore in cui l'esercito israeliano porta avanti una vera e propria rappresaglia in Cisgiordania, accusando Hamas di aver rapito e ucciso tre coloni israeliani (accusa rivelatasi poi inconsistente, come si è lasciato scappare, due settimane dopo, uno dei vertici della polizia israeliana). Due giorni dopo, l'aviazione israeliana bombarda pesantemente la striscia di Gaza: è l'inizio dell'operazione “bordo protettivo”, tutt'ora in corso. La risposta ai bombardamenti, che si fanno sempre più intensi, e a una paventata invasione via terra della Striscia non si fa attendere. Il 15 luglio duemila persone sfilano per le strade di Napoli, riempiendole dei colori della Palestina e chiedendo a gran voce la fine della criminale operazione militare israeliana.
Quando il corteo si scioglie, non finisce nulla, e così ci diamo appuntamento al giorno seguente, per un incontro all'Università, perchè tanti sentono l'esigenza di andare oltre la cronaca, oltre il numero dei morti senza storia e senza tempo che la Palestina si porta dentro, e capire realmente cosa sta succedendo a pochi chilometri da qui e, soprattutto, noi cosa possiamo fare.
Dopo quel momento di piazza così intenso e dopo il lungo dibattito del giorno seguente la partecipazione si allarga, le iniziative si moltiplicano: il 16 luglio si tiene un affollato sit-in davanti agli uffici della Rai. L'obbiettivo è quello di denunciare l'ipocrisia e le menzogne di cui sono imbevuti i racconti che televisioni e giornali fanno di quanto sta accadendo in quelle ore a Gaza. Nel frattempo la minaccia dell'invasione via terra prende corpo e i carri armati sionisti entrano nella striscia di Gaza.
Il 19 luglio si torna in piazza, questa volta con la prima massiccia partecipazione delle comunità arabe campane. Siamo di nuovo centinaia, torniamo di nuovo sotto la Prefettura a sottolineare quanto il sangue di cui è macchiata da ormai 66 anni la storia d'Israele venga ripulito dalla complicità del nostro Governo che lo sostiene politicamente ed economicamente, insieme agli altri paesi dell'UE e all'imperialismo statunitense.
E infatti l'appuntamento seguente, quello di venerdì 25 luglio, si rivolge proprio al consolato degli Stati Uniti, primi sostenitori e sponsor a livello globale dello Stato Israeliano e della sua economia di guerra. Anche questa una data estremamente riuscita, la prima ad essere ripresa timidamente da qualche testata giornalistica locale perchè – è bene ricordarlo e sottolinearlo – nessuna delle giornate che abbiamo velocemente riassunto ha attirato l'attenzione di Repubblica, Mattino o qualsivoglia organo d' “informazione”! Non ci riesce neppure una scritta comparsa davanti ai cancelli dello stabilimento dell'Alenia Aermacchi di Pomigliano, azienda che ha fornito, durante quest'ultima operazione militare, ben due velivoli d'addestramento militare di altissima tecnologia all'esercito Israeliano. Azienda statale (del gruppo Finmeccanica, non dimentichiamolo), simbolo perfetto di quella complicità, di quella copertura istituzionale, politica, economica e mediatica che garantisce l'impunità allo stato israeliano.
Il 28 luglio c'è stato l'ultimo importante appuntamento di mobilitazione convocato dalla comunità islamica in occasione dell’ultimo giorno di Ramadan, che, dopo la preghiera in piazza Garibaldi, ha visto sfilare in corteo quasi un migliaio di persone tra napoletani, tunisini, pakistani, palestinesi, algerini, senegalesi…
L’atmosfera era incontenibile e non possiamo fare a meno di notarlo, abituati come siamo ai nostri cortei di movimento spesso spenti, sciatti, stanchi, in cui forse a volte in primis noi stessi ci poniamo di fronte a un rituale più che a una dimostrazione di forza, di organizzazione, di rabbia, di protesta. Ieri, invece, centinaia di persone, quotidianamente messe ai margini nella nostra società, non vedevano l’ora di muoversi in corteo, nonostante il digiuno del Ramadan, e gridare – senza fermarsi un secondo! – la loro rabbia e indignazione rispetto alle politiche israeliane e la loro solidarietà con l’eroica resistenza palestinese.
E infatti a sventolare c’erano quasi solo il verde, nero, bianco e rosso della bandiera della Palestina, una marea insieme ai numerosissimi striscioni e cartelli, mentre si cantava tutti insieme cori e slogan con una sola voce. Tutto, insomma, nella giornata di ieri testimoniava una determinazione senza paragoni, tanto che le macchine e i passanti (normalmente occupati più a suonare clacson e lamentarsi del disagio che a prestare attenzione a quanto gli succede intorno) si fermavano per lo più incuriositi e impressionati nel notare chi di solito quasi non esiste perché relegato ai lavori più umili e sfruttati, ad essere semplicemente per noi un “ambulante” o un “kebabbaro”.
In ogni caso, dopo una veloce tappa al Comune, in tantissimi ci siamo diretti verso la Prefettura. Mentre una delegazione del corteo, con rappresentanti delle comunità e delle istituzioni locali, saliva in quegli uffici per comunicare la contrarietà ai solidi legami che lo Stato Italiano ha con Israele e al modo in cui viene rappresentata l’aggressione nella Striscia, ad ogni piano risuonavano le grida e i cori di solidarietà che hanno poi accompagnato tutto l’incontro!
È questa allora l’integrazione che ci piace, quella delle lotte, che riguarda una strada certo lunga e difficile, ma che arriva a riconoscere passo dopo passo, corteo dopo corteo, picchetto dopo picchetto, assemblea dopo assemblea, contraddizioni e identità tra tutti gli sfruttati e dannati della terra per portare avanti un percorso comune di liberazione e emancipazione contro questo sistema economico che ci affama e ci condanna a una vita in prigione, pur senza sbarre immediatamente visibili.
Sicuramente, se tutto ciò è stato possibile in così pochi giorni, è perché a Napoli da tempo si parla di Palestina. Collettivi interi, singoli compagni, “simpatizzanti” della causa, mettono a disposizione forze e intelligenze e si coordinano per costruire insieme percorsi, iniziative, cortei, campagne, contestazioni, per denunciare le politiche di occupazione, colonizzazione e apartheid israeliane.
Senza cadere nella “trappola” mediatica che vorrebbe ci accorgessimo della Palestina solo quando è “illuminata” dalle luci delle bombe, del fosforo bianco o dei carri armati di Tel Aviv, ma tessendo ogni giorno le fila di questo lavoro all'Università, nelle scuole, sui territori e dovunque si faccia politica, si è riusciti a costruire in città un presidio fisso che tiene costantemente alta l'attenzione su questi temi, li approfondisce, li analizza, ogni volta trova le maniere più opportune per essere incisivi ed efficaci.
Un presidio, dicevamo, non solo esclusivamente militante eppure con una capacità di mobilitazione notevole, che costruisce ogni giorno una sensibilità diversa alle questioni ormai “normalizzate” dal dibattito mainstream che si riduce a parlarne come se in atto ci fosse un conflitto tra due parti eguali, per di più facendolo apparire come talmente complesso e impossibile da risolvere da dover per forza rimanere “equidistanti”.
A noi, invece, l’equidistanza ci ha sempre fatto schifo perché sappiamo che ogni storia, nel nostro mondo basato sul profitto e la sopraffazione, è storia di oppressi e di oppressori e pensiamo, con Ilan Pappe, - storico israeliano praticamente costretto all'esilio - che la storia della Palestina dai suoi inizi fino a oggi non sia stata altro che una storia di colonialismo ed espropriazione.
E a chi pensa che la resistenza palestinese possa terminare a suon di bombe e di stermini, che ormai è tutto inutile perché Israele è troppo forte, rispondiamo, come i palestinesi ci insegnano, che queste “operazioni militari” vanno avanti da più di 66 anni e non hanno mai fermato il popolo palestinese dal resistere con ogni mezzo all'oppressore perché, come ha dichiarato persino un agente dei servizi segreti israeliani in un’intervista, “I Palestinesi non accetteranno mai lo status quo dell’occupazione israeliana. Nel momento in cui perdono le speranze per un miglioramento della loro situazione, si radicalizzano, è la natura dell’essere umano. La striscia di Gaza né un esempio lampante. Ci sono tutte le condizioni per un’ esplosione”.
E allora Israele può cantare vittoria per la distruzione di interi quartieri, per l’uccisione di più di un migliaio di civili, per l’incredibile efficienza dei suoi droni, ma è e rimane una vittoria fasulla che mostra in realtà tutta la loro fragilità perché i morti di oggi sono la ragione della resistenza di domani, perché i nodi di un colonialismo brutale ed elitario dove anche al suo interno Israele presenta grandi diseguaglianze sociali e un razzismo spietato verranno presto al pettine e allora, nel guardare ai martiri di oggi, che nessuno, nessuno pianga, non una lacrima perché sicuramente mancano le speranze e i rapporti di forza sono più squilibrati che mai, ma fermi, apatici e complici non ci avrete mai.
Acqua, terra, liberà per la Palestina!
Con la resistenza palestinese!
CAU Napoli
Fronte Palestina - Napoli
[Guarda qui alcune immagini delle giornate di lotta di questi giorni!]