Proprio in questi giorni il ministro della Difesa italiano, in vista del cosiddetto “Decreto Missioni 2020”, ha fatto pubblico appello alle istituzioni e all’opinione pubblica per la conferma della “presenza dei nostri militari nei teatri operativi di Libia, Iraq, Afghanistan, Libano". L'obiettivo, ha detto Guerini, è "tutelare gli interessi nazionali", rispondere agli "obblighi internazionali" e a "specifiche richieste di assistenza"” e per l’incremento della “nostra presenza in Sahel" ma anche in regioni quali lo "stretto di Hormuz..." .
Nel primo caso confermando la fedeltà alla politica di Occupazione dell’area mediorientale da parte dell’Alleanza USA-NATO, volutamente ignorando i ripetuti avvisi lanciati dalle forze della Resistenza indigene, attivatesi a partire dalla prima “raccomandata” iraniana sparata in risposta all’assassinio del Comandante della “Brigata Gerusalemme” proprio in Iraq. Nella seconda ipotesi, invece, auspicando un maggiore e più aperto coinvolgimento italiano al fianco del colonialismo francese, nell’area subsahariana, nel tentativo di conquistarsi “un posto al sole”, in una reminiscenza da basso impero di mussoliniana memoria.
Ovviamente un interventismo internazionale, orwellianamente pacificatore e “auto-difensivo”, invocato a tutto vantaggio delle multinazionali italiane degli idrocarburi che stanno facendo affari d’oro nel mattatoio mediterraneo-mediorientale e del complesso militare-industriale nostrano, sempre più legato a quello, gigantesco, del Sionismo internazionale, di cui l’ultima commessa, verosimilmente scambiata con l’accondiscendenza italiana sulla strategia USA-israele, ha ricevuto l’ultimo “zuccherino” proprio in questi giorni.
Di fronte a questo inequivoco posizionamento con la cordata neocolonialista della NATO, fatta di tracotante miscela di Conquista, Occupazione, Terrorismo di Stato, Colonie e Basi militari, non è difficile prevedere che verrà opposta una certa “Resistenza” dalle forze “indigene” presenti in quei territori, che da aggredite non avranno altra scelta che sottomettersi o arrecare il maggior danno possibile alle forze occupanti. Una “strategia del caos controllato” a matrice sion-imperialista da cui il proletariato internazionale e le masse oppresse del mondo dovrebbero prendere decisamente le distanze, anziché rimanere passive.
Con la pena di essere ritenute complici di una tale politica guerrafondaia e di non poterne evitare le conseguenze. Non restandoci, dopo, altro che “piangere”...