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Perché "il giorno dei rifugiati" in Israele è una cortina fumogena per negare i diritti dei palestinesi

All'ombra della teatralità del primo ministro Benjamin Netanyahu alle Nazioni Unite, armato del suo cartone animato sulla bomba iraniana, i funzionari israeliani hanno lanciato una più tranquilla, ma altrettanto combattiva, iniziativa per spegnere tutte le ultime speranze di rilanciare il processo di pace.


La preoccupazione di Israele per gli ebrei arabi è in realtà un cinico tentativo
di minare i diritti dei rifugiati palestinesi.

Per la prima volta nella sua storia, Israele sta cercando di equiparare milioni di palestinesi nei campi profughi in tutto il Medio Oriente, con milioni di cittadini israeliani discendenti di ebrei che, prima della fondazione di Israele nel 1948, hanno vissuto nei paesi arabi.

Secondo il vice ministro degli Esteri israeliano, Danny Ayalon, i cui genitori sono originari dell'Iraq e che ha guidato la campagna del governo, quasi un milione di ebrei erano fuggiti da paesi come l'Iraq, Egitto, Marocco e Yemen ("Israele chiede risarcimento per gli ebrei che fuggirono dai Arabi paesi," Globes, 23 settembre 2012).

Tale cifra supera il numero generalmente accettato di 750.000 rifugiati palestinesi, sradicati durante la Nakba (catastrofe), l'ondata di pulizia etnica che ha portato alla fondazione di Israele nel 1948.
 

Obiettivo trasparente

L'obiettivo di Israele è trasparente: la speranza è che  la sofferenza dei profughi palestinesi venga cancellata dalla presenza dei "profughi ebrei". Se non può essere fatto nulla per gli ebrei arabi dopo tutti questi anni, i palestinesi non dovrebbero aspettarsi alcun risarcimento.

Nel corso delle ultime settimane  è stato lanciato il messaggio implicito in una campagna di social media chiamata "Io sono un rifugiato", che include video su YouTube in cui gli ebrei dicono di essere terrorizzati a vivere nei paesi arabi dopo il 1948.  Ayalon ha anche annunciato piani per un nuovo giorno di commemorazione nazionale: il giorno dei rifugiati ebrei.

Il ministero degli Esteri israeliano e le organizzazioni ebraiche degli Stati Uniti hanno di recente avviato formalmente l'iniziativa, mettendo in scena una conferenza a New York pochi giorni prima delle sedute di apertura dell'Assemblea Generale. Il terreno scelto da Israele  - Nazioni Unite - non è casuale. La campagna è progettata principalmente per soffocare la mossa annunciata dal presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas  nel suo discorso all'Assemblea Generale di tentare di dare uno status alla Palestina all'interno delle Nazioni Unite come Stato non-membro.

Dopo l'opposizione degli Stati Uniti che ha costretto l'Autorità Palestinese ad interrompere l'anno scorso il suo tentativo di vedere la Palestina riconosciuta come stato al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, si presume che Abbas aspetterà a riproporre nuovamente la richiesta fino a novembre, dopo la campagna elettorale presidenziale degli Stati Uniti per evitare di imbarazzare il presidente Barack Obama.
 

Cinico

La mossa di Abbas ha spinto Israele ad iniziare l'offensiva.

Chiunque metta in dubbio che la preoccupazione del governo israeliano per gli ebrei arabi è del tutto cinica deve solo tracciare la provenienza della campagna. E' stata presa in considerazione per la prima volta nel 2009, quando Netanyahu è stato costretto - sotto la pressione di Obama – a fare un discorso a sostegno uno Stato palestinese. Subito dopo, Netanyahu ha chiesto al Consiglio di Sicurezza Nazionale, il cui ruolo include anche la valutazione delle minacce strategiche palestinesi, di dare peso e considerazione ai meriti nel sostenere e supportare la causa degli ebrei arabi nei forum internazionali.

Il parere del Consiglio di Sicurezza Nazionale è che gli ebrei arabi, noti in Israele come mizrahim e che compongono una piccola maggioranza della popolazione ebraica totale, dovrebbero essere una questione centrale nel processo di pace. Come Israele sa, questo crea un ostacolo permanente ad un accordo.

Il Consiglio di Sicurezza Nazionale ha avanzato richieste impossibili: la contrizione di tutti gli Stati arabi prima che venga raggiunto un accordo di pace con i palestinesi, un disaccoppiamento tra lo status di rifugiato e il diritto al ritorno, e il diritto degli ebrei arabi ad un maggiore risarcimento rispetto ai palestinesi, in base alla loro maggiore ricchezza.

Israele sta lavorando anche su altri fronti per indebolire il caso dei rifugiati palestinesi

I suoi lobbisti americani chiedono che l'UNRWA, l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, venga smantellata.

La pressione bipartisan sta montando nel Congresso degli Stati Uniti per considerare come rifugiati solo i palestinesi effettivamente sfollati dalle loro case nel 1948, spogliando così milioni di discendenti del loro status. Intanto un' altra - e apparentemente contraddittoria - mossa legislativa avrebbe insistito affinchè gli ebrei arabi ottengano lo stesso status di rifugiato dei palestinesi.

I palestinesi sono profondamente contrari a qualsiasi legame tra ebrei arabi profughi palestinesi. Non solo, sostengono, non possono essere ritenuti responsabili per ciò che è avvenuto in altri paesi, ma la giustizia per i rifugiati palestinesi è completamente separata dalla giustizia per gli ebrei arabi.

Inoltre, molti, se non la maggior parte, degli ebrei arabi hanno lasciato la loro patria volontariamente, a differenza dei palestinesi, per iniziare una nuova vita in Israele. Anche quando le tensioni hanno costretto gli ebrei a fuggire, come per esempio in Iraq, è difficile sapere chi stava dietro il conflitto etnico. C'è una forte evidenza che il Mossad israeliano -agenzia di spionaggio- conduca delle operazioni sotto falsa-bandiera a favore di Stati arabi per alimentare la paura e l'ostilità necessarie per guidare ebrei arabi nei contro Israele.
 

Trafiggere i miti sionisti

Allo stesso modo, l'affermazione di Israele di avere la facoltà di rappresentare la collettività degli ebrei arabi e pretendere dei risarcimenti per loro, ignora il fatto che Israele è stato ricompensato profumatamente per avere accolto e assorbito gli ebrei, sia attraverso massicce riparazioni nel dopoguerra da parte di paesi come la Germania che attraverso miliardi di dollari dispensati ogni anno dagli Stati Uniti.

Ma c'è una ragione più grave per essere scettici di questa campagna. Classificare gli ebrei arabi come "rifugiati" centra la motivazione fondamentale usata dai sionisti per la creazione di Israele: che è la patria naturale per tutti gli ebrei, e l'unico posto dove si può essere sicuri. In qualità di ex parlamentare israeliano, Ran Hacohen, una volta osservò: "Sono venuto per volere del sionismo, per l'attrazione che esercita questa terra, e per l'idea della redenzione. Nessuno mi definirà rifugiato."

Il governo Netanyahu sta portando avanti un dibattito profondamente anti-sionista, costretto ad adottarlo proprio per la sua intransigenza nel processo di pace.

Il suo rifiuto di appoggiare un piccolo stato palestinese nei confini del 1967 significa che la comunità mondiale si sente in dovere di rivalutare gli eventi del 1948. Per la maggior parte degli ebrei arabi, questo periodo è ormai un capitolo chiuso. Per la maggior parte dei rifugiati palestinesi, è ancora una ferita aperta.

Jonathan Cook *
 


* Ha vinto il 2011 Premio Speciale Martha Gellhorn per il giornalismo. I suoi ultimi libri sono Israel and the Clash of Civilisations: Iraq, Iran and the Plan to Remake the Middle East  (Pluto Press) e Disappearing Palestine: Israel’s Experiments in Human Despair (Zed Books). Il suo sito è www.jkcook.net. Una versione di questo articolo è apparso in The, Nazional, Abu Dhabi.
 

Fonte: Electronic Intifada
Traduzione a cura di PalestinaRossa
 

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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