Link e Siti esterni
Informazioni e Notizie
Articoli ed Analisi

Analisi e Articoli

Report: riunione nazionale del Coordinamento Freedom Flotilla Italia

Nonostante le enormi difficoltà, la sinistra palestinese sta sviluppando una mole impressionante di lavoro politico, collocandosi come la più coerente alternativa alla liquidazione della resistenza, all’arretramento sociale e culturale ed alla subordinazione agli interessi dell’imperialismo e del colonialismo.

Firenze, 17.2.2013

Il Coordinamento Freedom Flotilla Italia si è riunito domenica 17 febbraio 2013 a Firenze, nella sede del centro sociale “Camilo Cienfuegos” di Campi Bisenzio. La prima parte della riunione è stata dedicata alla valutazione della delegazione che si è recata nella Striscia di Gaza a dicembre-gennaio e ad un approfondimento sulla situazione palestinese e sulla resistenza. La delegazione ha incontrato numerose realtà sociali della Striscia di Gaza ed ha avuto molti scambi di vedute con  il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e con le sue organizzazioni.

Abbiamo riportato la consapevolezza della forza della sinistra palestinese e della capacità che ha avuto di rinnovarsi profondamente, adeguando i suoi interventi alla nuova realtà della resistenza contro l’occupazione sionista. In particolare, la sinistra palestinese appare come la forza che con più lucidità e coerenza persegue l’obiettivo dell’unità palestinese per la resistenza e, nel contempo, lavora per definire un’alternativa concreta e credibile all’espansione dell’Islam politico nella Striscia di Gaza. L’islamizzazione della Striscia è la diretta conseguenza della corruzione e del fallimento di Fatah e dell’Autorità Nazionale Palestinese, che hanno aperto la strada alla penetrazione dell’Islam politico nella società palestinese, attraverso una vasta ed efficiente rete si servizi sociali ed assistenziali che sono andati a colmare le carenze dell’Autorità Palestinese.

Questa rete sociale ed assistenziale ha potuto costruire un vero e proprio welfare alternativo anche grazie alla enorme disponibilità finanziaria, garantita dall’organizzazione dei Fratelli Musulmani (di cui Hamas è la sezione palestinese) e da Stati come l’Iran, l’Arabia Saudita ed il Qatar. Proprio quest’ultimo è andato affermandosi nell’ultimo anno come il maggior finanziatore del governo islamico di Gaza, contribuendo alla ricostruzione e ponendosi come “garante” di Hamas presso i regimi arabi, gli Stati Uniti e l’Unione Europea. A seguito delle rivolte arabe e del rovesciamento dei regimi arabi reazionari, particolarmente di quello di Mubarak, le potenze occidentali stanno puntando sull’Islam politico e sui Fratelli Musulmani come forza di stabilizzazione e normalizzazione, come la delegazione ha avuto modo di constatare anche in Egitto, dove ha incontrato le compagne ed i compagni che animano l’opposizione popolare al governo del Presidente Morsi, sia al Cairo, a Piazza Tahrir occupata, che ad Al Arish, cuore del Sinai che in gran parte sfugge al controllo delle autorità centrali.

La stessa tregua siglata fra Israele ed Hamas a conclusione dell’ultima guerra conferma la gravità della situazione per la resistenza palestinese: mentre non sono noti i particolari dell’accordo, appare evidente che, per la prima volta, l’organizzazione islamica Hamas ed il governo islamico del Cairo si fanno ufficialmente garanti della tregua con Israele, con conseguenze pesanti nei confronti della resistenza palestinese, di fatto sottoposta al controllo di Hamas e costretta a non poter operare, mentre le violazioni israeliane della tregua si susseguono quotidianamente e le stesse “concessioni” ottenute – in particolare, per i contadini ed i pescatori di Gaza – si rivelano essere ben poca cosa.

In questo contesto, la “presa” di Hamas sulla società civile di Gaza si fa sempre più asfissiante, così come in Egitto il governo dei Fratelli Musulmani va accentuando le sue caratteristiche reazionarie ed autoritarie, a tutto discapito delle aspettative legittimamente sollevate dalla rivoluzione del gennaio 2011.

Nonostante le enormi difficoltà, la sinistra palestinese sta sviluppando una mole impressionante di lavoro politico, collocandosi come la più coerente alternativa alla liquidazione della resistenza, all’arretramento sociale e culturale ed alla subordinazione agli interessi dell’imperialismo e del colonialismo. Questo lavoro si articola su piani diversi, trovando nella costruzione di una nuova rete sociale il suo punto di forza.

Abbiamo potuto constatare l’efficienza e l’importanza delle strutture costruite dai compagni palestinesi sul territorio, dal sistema di centri sanitari e culturali alle strutture educative, come le scuole materne gestite dall’associazione “Ghassan Kanafani”. L’ospedale Al Awda di Jabalia – cui abbiamo consegnato la sottoscrizione raccolta in Italia nelle settimane precedenti – è la punta di eccellenza della rete sociale costruita in questi anni dai compagni della sinistra palestinese. Altrettanto importante, il lavoro di informazione svolto dalla radio del Fronte Popolare, “Voce del Popolo”, che trasmette su Gaza e sulla West Bank, e quello delle associazioni dei pescatori e dei contadini. Addirittura fondamentale, poi, il lavoro delle compagne del Fronte Popolare, anima e motore delle organizzazioni delle donne di Gaza, impegnate nella battaglia contro il ruolo subordinato che vorrebbe assegnare loro l’Islam politico, una battaglia di portata strategica per i diritti umani in Palestina ed in tutto il Vicino Oriente.

Infine – ma non certo per importanza – va segnalata la vitalità della componente armata della sinistra, le Brigate Abu Alì Mustafà, integrate nel coordinamento della resistenza, ma autonome sia politicamente che militarmente. Nonostante non dispongano delle risorse finanziarie dei gruppi islamisti, le Brigate mantengono un altissimo livello di efficienza e di capacità militare, come sono costretti a riconoscere gli stessi comandi militari israeliani.

Partendo da questa “fotografia”, il dibattito si è sviluppato attorno al concetto stesso di resistenza, individuando un punto di grande criticità in quello che potremmo definire come un “eccesso di aggettivazione”. E’ stato rilevato, infatti, come l’enfasi posta in Italia sull’aggettivazione “non violenta” in riferimento alla resistenza palestinese porti in sé una inaccettabile stigmatizzazione delle altre forme di resistenza, rivelando un’attitudine tanto arrogante, quanto stupida.

Non sta certo a noi, che viviamo nelle nostre comode democrazie, salire in cattedra per attribuire patenti di validità o emettere sentenze di condanna sulle forme di lotta di un popolo sotto occupazione e minacciato di estinzione. Per dirla tutta, chi esalta la “resistenza non violenta” lo fa perché quello è lo spettacolo che piace nei nostri teatri, mentre non ha alcun rapporto con l’efficacia. A titolo di esempio, è stato osservato che le azioni armate della resistenza palestinese, negli anni scorsi, avevano ridotto a zero il flusso turistico in Israele e fortemente rallentato l’espansione delle colonie. Ora, dati alla mano, è indiscutibile che il ripiegamento sulla “resistenza non violenta” accompagni una crescita impressionante del turismo in Israele e la frenetica moltiplicazione degli insediamenti coloniali. Dunque, riteniamo giusto sottrarci a questa insensata ricerca dell’aggettivazione, perché la resistenza è una sola e non ha bisogno di aggettivi. Sono i Palestinesi quelli che hanno il diritto di decidere le loro forme di lotta; alla solidarietà internazionale spetta il dovere di sostenerli e quello di non cadere nella trappola della distinzione fra “buoni” e “cattivi” sulla base di categorie che non hanno nulla a che vedere con la realtà sul terreno. Respingendo il ricatto della “non violenza” come determinazione totalizzante, rivendichiamo la nostra autonomia di giudizio e di valutazione, negandoci tanto all’esaltazione della violenza fine a sé stessa, quanto alla sacralizzazione di una “non violenza” assoluta, buona forse per le nostre anime belle, ma ben poco realistica nello scenario di un’occupazione feroce e che si pone l’obiettivo dell’annientamento di un intero popolo.

Nella seconda parte della riunione, ci siamo occupati dei prossimi impegni. In primo luogo, abbiamo deciso di sostenere a tutti i livelli il lavoro degli Internazionali a Gaza, di cui la nostra compagna Rosa Schiano è parte integrante, dando continuità all’operato di Vittorio Arrigoni. Questo riguarderà sia le azioni a sostegno dei pescatori palestinesi e del loro diritto a muoversi entro i limiti marittimi internazionalmente riconosciuti, sia le altre iniziative di protezione e testimonianza nei confronti della popolazione civile: si tratta di un impegno, anche economico, che assumiamo organicamente all’interno del nostro lavoro complessivo di solidarietà. Nei prossimi giorni, Rosa – che ha già partecipato ad una prima iniziativa a Roma – sarà in diverse città per incontrare le compagne ed i compagni e parlare del lavoro degli Internazionali a Gaza.

Abbiamo deciso di dare un obiettivo temporale alla campagna per la realizzazione dell’asilo “Vittorio Arrigoni” a Khan Younis, già avviata, in collaborazione con l’associazione “Ghassan Kanafani” di Gaza. Vogliamo raggiungere l’obiettivo per l’anno scolastico 2013 – 2014. Quando farà ritorno a Gaza, Rosa seguirà personalmente lo stato dei lavori per l’asilo.

Non possiamo non ringraziare i compagni e le compagne che hanno realizzato la compilation “Sounds of the Streets for Gaza”, destinandone il ricavato alla realizzazione dell’asilo “Vittorio Arrigoni”: in pochissimi giorni, la compilation è stata scaricata da più di cento persone, e l’iniziativa continua. A metà aprile, nel secondo anniversario dell’assassinio di Vittorio, costruiamo ed invitiamo a costruire iniziative in tutte le città, destinandone il ricavato alla realizzazione dell’asilo. Manifestazioni-spettacolo, dibattiti, cene sociali: ognuno secondo le proprie disponibilità. Rivolgeremo un appello in questo senso a tutte le realtà di solidarietà con la Palestina ed a tutte e tutti coloro che vorranno impegnarsi per il successo di questa iniziativa.

Per quanto riguarda Gaza’s Ark, la prossima missione internazionale della Freedom Flotilla, siamo ancora in una fase di attesa, perché sono in corso preparativi tecnici a Gaza in cui sono impegnati i compagni della Coalizione. Non appena avremo informazioni più complete, la coalizione italiana si attiverà per sostenere politicamente l’iniziativa.

In relazione alla campagna BDS, proporremo un’iniziativa nazionale in merito ai prossimi Europei di calcio Under 21, che si svolgeranno in Israele il prossimo giugno.

Infine, abbiamo deciso di organizzare nelle prossime settimane un ciclo di incontri con compagni della sinistra rivoluzionaria egiziana, al fine di approfondire le conoscenze ed il dibattito sulla situazione nel Vicino Oriente e sull’influenza degli ultimi avvenimenti rispetto alla questione palestinese.

La lotta continua, con la Palestina nel cuore, fino alla vittoria!

Freedom Flotilla Italia
 

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

PalestinaRossa newsletter

Resta informato sulle nostre ultime news!

Subscribe to PalestinaRossa newsletter feed

Accesso utente