La distanza tra Milano ed il Cairo risulta 2.618.26 km. Il tempo stimato del volo è di circa 4 ore, poca cosa si potrebbe pensare. In realtà la distanza tra questi due paesi è ancora inferiore, i governi italiani (sia quelli precedenti sia quello attuale) fanno affari con il governo golpista egiziano. Nonostante tutto, nonostante le torture e le persecuzioni.
Il golpe del 2013, e poi il rapimento, la tortura e l’assassinio di Giulio Regeni scoperto il 03 febbraio del 2016 non sono serviti a prendere le distanze da questo governo criminale, anzi, l’Egitto è diventato molto più vicino all’Italia.
Sono novanta milioni gli abitanti dell’Egitto, è un paese di importante collegamento tra Africa e Medio Oriente, di notevole interesse per quanto avviene in Libia, in Giordania e nell’intera penisola arabica, ricopre un ruolo di grande complicità con Israele per quanto riguarda l’occupazione della Palestina, in particolare per mantenere nel “carcere a cielo aperto” i palestinesi di Gaza.
L’Italia si è macchiata di vergogna per essere stato il primo paese europeo a ricevere il generale Al Sisi dopo il golpe nel luglio 2013, e Matteo Renzi del Partito Democratico tre anni fa è stato il primo capo di governo europeo a visitare l’Egitto.
Ma non solo: anche l’AD dell’Eni Claudio Descalzi si incontra spesso con il dittatore Al Sisi. L’ENI è presente in Egitto con investimenti per quasi 14 miliardi di dollari; estrae gas dal giacimento di Nooros nel delta del Nilo e petrolio nel deserto occidentale.
Solo alcuni esempi della feroce e vile collaborazione tra i due paesi.
Da Il Manifesto dell’8 febbraio 2018:
«Tre prigionieri politici egiziani sono stati giustiziati ieri. Condannati un anno fa per l'uccisione del figlio di un giudice. I due universitari Ahmed Hindawi e Almotaz Ghanem e l'informatico Abdel Metwalli sono stati impiccati ad Alessandtria. Le famiglie sono state informate solo dopo l'esecuzione. I tre, sostenitori dei Fratelli musulmani, avevano partecipato alle proteste contro il golpe del 2013. Uno di loro, in una lettera fatta uscire di nascosto dal carcere, aveva detto di aver confessato sotto tortura l'omicidio pur non avendolo commesso.
Dal 2014, quando Al-Sisi è diventato presidente, sono state comminate oltre 1400 condanne a morte, di cui almeno 131 eseguite, contro le 12 dal 2007 al 2013».
«Quattro anni dopo il massacro dei manifestanti a piazza Rabaa Adawiya al Cairo, la polizia massacrò 800 manifestanti, la vendetta del regime è completa e senza misericordia. I giudici egiziani ieri hanno condannato a morte 75 persone, tra cui alcuni leader dei Fratelli musulmani, e a pesanti pene detentive oltre 600 per il lungo sit in del 2013 contro il colpo di stato realizzato dalle Forze Armate, con a capo Abdel Fattah el Sisi, che il mese prima aveva rovesciato il presidente islamista Mohammed Morsi. Decisi anche 47 ergastoli. Uno di questi per il capo della Fratellanza, Mohammed Badie, già condannato a più sentenze a vita.
Gli imputati al processo in totale erano 739. Tra i condannati c’è anche il fotoreporter pluripremiato – di recente anche dall’Unesco - Mahmoud Abu Zeid, più noto come “Shawkan”, che comunque dovrebbe lasciare la prigione entro pochi giorni perché la sua condanna a cinque anni di carcere corrisponde al periodo di detenzione preventiva che ha già trascorso dietro le sbarre.
In sua difesa in questi anni sono scesi i centri internazionali per i diritti umani e per la libertà di stampa. Ma il regime è stato ugualmente inflessibile con ”Shawkan” accusato di far parte di un “gruppo terroristico” e di possesso di armi da fuoco. Accuse che il fotoreporter ha sempre negato con forza».
Inutile sottolineare che nessun membro delle forze di sicurezza è stato mai condannato, e forse neppure indagato, per il massacro dei civili riuniti nella piazza che Sisi e gli altri generali golpisti decisero di “evacuare” ad ogni costo.
Queste condanne a morte vanno a sommarsi alle altre centinaia decise dai giudici egiziani in questi cinque anni. Mai l’Egitto negli ultimi decenni aveva vissuto un periodo così nero per il rispetto dei diritti fondamentali. Neppure ai tempi di Anwar Sadat che pure colpì senza pietà personalità laiche e progressiste che avevano sostenuto il suo predecessore Gamal Abdel Nasser e contestato la sua svolta filo americana.
Ovviamente il sanguinario presidente ed i suoi complici hanno giustificato la repressione con la necessità di combattere il “terrorismo”. Loro, proprio loro, che sono i maggiori complici del più pericoloso terrorismo: quello sionista.
La repressione del regime sì è abbattuta senza pietà in particolare sui Fratelli Musulmani ma anche sugli oppositori laici, di sinistra, su stampa, sindacati, blogger e attivisti dei diritti umani.
Nell’Egitto del torturatore el Sisi è soprattutto vietato ricordare piazza Tahrir: chiunque lo faccia può essere ammazzato come Shaimaa El-Sabbagh (32 anni, una vera martire degli operai e dei lavoratori egiziani).
Il criminale regime di el-Sisi è impegnato da anni in una vera e propria crociata contro piazza Tahrir, detenendo con pene carcerarie pesantissime i suoi attivisti, estromettendola nel giugno 2017 dai libri scolastici e impedendo celebrazioni.
Dopo ogni celebrazione per ricordare gli eventi la polizia compie irruzioni nelle case dei membri di partiti progressisti e li arrestano. La mannaia governativa contro la sinistra egiziana non conosce tregua.
A vergogna dei politici italiani ricordiamo che persino Macron in un incontro con el-Sisi ha chiesto maggior rispetto dei diritti umani e criticato l’elevato numero di prigionieri politici (60mila stimati), giustificati dal Cairo con la scusa della “stabilità”.
Durante il recente vertice tra l'Unione europea e la Lega Araba, che si è recentemente tenuto a Sharm el Sheikh, il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi non ha esitato a difendere l'applicazione della pena di morte in Egitto sostenendo che è radicata nella cultura del Paese, come la sua abolizione è cara agli europei. Ed ha aggiunto: “l’Egitto non accetta lezioni sui diritti umani dall'Europa”. L’arroganza di chi sa di avere il potere sugli europei.
Facciamo nostre le parole di David Hearst, giornalista di fama internazionale: «Andando a Sharm el Sheikh (i leader europei) hanno approvato, consapevolmente o meno, il peggior dittatore che l’Egitto abbia visto nei tempi moderni…Tusk, Juncker e i 20 capi di Stato che hanno aderito all’evento, non sono altro che gli utili idioti di el Sisi». Hearst ha ricordato il recente emendamento alla Costituzione egiziana che farà di el Sisi un faraone, al potere a tempo indeterminato.
Riceviamo e riportiamo inoltre da un comunicato di Samidoun:
«Condanniamo le esecuzioni effettuate dal regime egiziano contro nove giovani egiziani, chiediamo la fine della repressione e degli omicidi sistematici del regime fascista del generale Abdel-Fattah Sisi. La tortura nelle carceri egiziane è sistematica e documentata. “Anche se questo è ampiamente noto non riceve sufficiente attenzione da organismi dei diritti umani internazionali e dalle istituzioni legali”, ha dichiarato Mohammed Khatib, coordinatore europeo di Samidoun. Ha fatto riferimento alla “collaborazione vergognosa tra la cosiddetta comunità internazionale e i generali del Cairo”.
Khatib ha lanciato un feroce attacco al regime egiziano ed ha denunciato il silenzio dei partiti egiziani e arabi. Dicono a parole che si oppongono al regime di Camp David ma restano in silenzio sulle violazioni quotidiane dei diritti di decine di migliaia di prigionieri nelle carceri egiziane. Egli ha denunciato gli autori di torture e uccisioni che hanno avuto luogo nella prigione conosciuta come 'Scorpio' (il complesso prigione di Tora) e di altri carceri. Il silenzio degli altri stati di conseguenza ha incoraggiato il terrorismo di stato da parte dei generali.
La fermezza dei prigionieri politici nelle carceri dei regimi arabi reazionari deriva dalla profonda e assoluta convinzione che via sia interdipendenza e collegamento tra la lotta dei movimenti nazionali e sociali nel mondo arabo con la lotta del popolo palestinese e i prigionieri palestinesi, che sono la punta di diamante della causa di liberazione.
I crimini perpetrati dal regime di Camp David contro i poveri e gli oppressi in Egitto non possono essere separati dai crimini del nemico sionista e dalle potenze imperialiste nel mondo, a causa della dipendenza dello Stato egiziano da queste stesse forze imperialiste. Questi poteri vedono i regimi reazionari come uno strumento per distruggere i movimenti popolari, al fine di saccheggiare ulteriormente e rubare le risorse dei popoli arabi.
Samidoun ha invitato attivisti e amici della Rete internazionale di sostenere i prigionieri politici nelle carceri egiziane e di organizzarsi contro le esecuzioni mentre ci si impegna per la liberazione di tutti i prigionieri egiziani».
LIBERTÀ PER TUTTI I PRIGIONIERI POLITICI NELLE CARCERI IMPERIALISTE!
Collettivo Palestina Rossa