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Returnees, not Refugees

Dai campi profughi libanesi giungono notizie poco rassicuranti: almeno tre giovani palestinesi sono stati uccisi, mentre gli scontri tra gli abitanti e l'esercito libanese continuano.

Per entrare a Nahr el-bared, campo profughi palestinese nei pressi di Tripoli, ogni abitante deve presentare l'unico documento di riconoscimento in suo possesso, quello rilasciato dall'UNRWA, perché i profughi in Libano non hanno diritto alla cittadinanza. Venerdì scorso, a seguito di una discussione tra un ragazzo che voleva rientrare a "casa", nel campo, e l'esercito libanese secondo il quale il documento presentato non era vero, il giovane è stato ucciso a sangue freddo.

Sono quindi iniziate delle proteste organizzate dagli abitanti di quel luogo in cui sono costretti a vivere, chiusi da un check point dopo essere stati cacciati dalle loro abitazioni, senza neppure il diritto a possedere un documento identificativo perché non concesso dal governo libanese. E, naturalmente, senza il diritto di praticare la maggior parte dei mestieri, a possedere una casa o a lasciare in eredità qualsiasi avere.

I palestinesi di Nar el-Bared hanno protestato, contro un'ingiustizia internazionale e locale al tempo stesso, contro la loro condizione di profughi che hanno diritto a ritornare in patria ma a cui non è permesso e contro le condizioni in cui sono costretti a vivere in un paese che non ha intenzione di ospitarli. C'è stato un lancio di pietre contro il check-point e altri due ragazzi sono stati uccisi, mentre anche in altri campi del paese saliva la tensione e un dirigente di Fatah si affrettava a dichiarare che i disordini in corso nei campi profughi libanesi sarebbero fomentati dai gruppi islamisti e non dai palestinesi.

Ma perché cercare di giustificare una situazione come se rivoltarsi in un campo profughi (oltre tutto a seguito di un'uccisione) fosse un'azione che richieda giustificazione? Il campo di Nar el-Bared nel 2007 è stato completamente raso al suolo con la motivazione di voler contrastare un gruppo estremista ispirato ad al-Qaida che avrebbe avuto il suo avamposto proprio nel campo.

Da allora, gli abitanti devono entrare ed uscire mostrando il loro documento di rifugiati, tentando di sopravvivere con i pochi aiuti che arrivano dall'UNRWA ed essendo, per la maggior parte, largamente sotto il livello di povertà, in una condizione in cui nessun essere umano dovrebbe vivere.

E mentre il governo libanese dovrebbe essere sanzionato e monitorato fino a quando non rispetterà i diritti fondamentali dei rifugiati, mentre Israele si annovera il diritto di non rispettare una Risoluzione ONU, l'esercito libanese, incapace di gestire la presenza palestinese nel paese uccide a sangue freddo dei ragazzi e il ministro della difesa libanese dichiara che 'attaccare l'esercito è attaccare il popolo libanese', Abbas invita i rifugiati a disarmarsi perché protetti dall'esercito libanese. Un Abbas, presidente dell'ANP, che ha richiesto al console palestinese in Libano di condurre delle trattative con gli ufficiali libanesi per ripristinare quell'"ordine" che sa di normalizzazione dell'occupazione, permettendosi, se ne deduce, di ignorare i diritti dei suoi connazionali bloccati in terra straniera, preoccupandosi unicamente di far "contenere i disordini".

Se questa è la protezione dei profughi, perché allora non potrebbero armarsi e, unendosi ai palestinesi dei territori occupati, rivoltarsi per ottenere finalmente giustizia, quella che ormai ha perso il suo senso di universalità, viziata dai media che, mentre a Gaza continuano a morire bambini sotto le bombe israeliane, si dimenticano di parlare dei crimini sionisti o, peggio ancora, riportano i pensieri di alcuni ipocriti intellettuali come Gideoon Levy che ha dichiarato, riferendosi ai Gazawi, "questa volta hanno cominciato loro"?

I palestinesi hanno il diritto di combattere l'occupazione con ogni mezzo e modalità, così come sancito dal diritto internazionale [risoluzione ONU 2649], e nessun altro al di fuori dei resistenti palestinesi, comprese le autorità politiche (che rappresentano uno stato occupato), può imporre la strategia da perseguire, ma ha anzi il dovere di condividere e sostenere quella che ritiene più giusta.

La lotta contro l'occupazione resta determinante, affinché lo status di profughi non diventi la carta d'identità dei molti figli della Palestina che prima o poi dovranno ritornare a casa.

Redazione PalestinaRossa
 


Nota della redazione: Riportiamo un commento pervenuto in Redazione a correzione ed approfondimento di questo articolo. Ringraziamo Maria Grazia Imperiale per il prezioso contributo.

Dopo telefonate agli amici di Nahr el Bared, messaggi via facebook, lettura di blog in arabo, in inglese, in dialetto palestinese alla ricerca di informazioni su quanto sta succedendo a Nahr el Bared dai testimoni, ecco cosa ne ho ricavato.

Lasciatemi dire che in italiano ho ritrovato un articolo di 15 righe, con informazioni generiche e non vere. Nessuna pretesa di raccontare la verità, le informazioni sono ancora confuse. E tantomeno di essere neutrale, sapete tutti che non lo sono.

L’ultima settimana ha visto la popolazione di Nahr el Bared scontrarsi con l’esercito libanese, ancora una volta.

Sembra che gli scontri siano incominciati il 15 giugno quando a un checkpoint i militari libanesi hanno chiesto i documenti a un ragazzo palestinese che entrava in motorino. (Per entrare nel campo, i palestinesi che vivono là devono mostrare ai checkpoint i documenti -la carta di rifugiato- tutte le volte che entrano. Questo sistema di controllo è in atto dal 2007, dalla guerra che ha devastato letteralmente il campo.) Un testimone oculare, palestinese, Rabih Salah dice: “They stopped a young man on a motorbike, asked for his papers. Weirdly enough he gave it to them, and told them it was all legal [his papers]. On the spot a military officer shouted at him and told him to respect the officers when they talk to him, he seemed to have answered back; another soldier jumped over him and hit him with the bottom of his rifle.” (articolo di Moe Ali Nayel, su Electronic Intifada).

Il giornale online As-Safir riporta che, in seguito, i militari hanno colpito il ragazzo che è scappato. Lo hanno raggiunto e hanno colpito lui e la madre, e da lì sono iniziati gli scontri. Hanno sparato. E così, nella notte tra il 15 e il 16 giugno è stato colpito Ahmad Qassim, un ragazzo di 16 anni. Le proteste sono state immediate, i ragazzi -shabab- hanno occupato la strada che attraversa il campo da nord a sud, hanno bruciato gomme e lanciato pietre. L’esercito è rientrato nel campo con carri armati. Ci sono video su internet che testimoniano tutto questo. Bilancio del primo giorno di scontri: un ragazzo di 16 anni morto, e una ventina di feriti. I feriti, secondo una testimone, al 18 giugno, erano così smistati: 18 persone all’Ospedale Safad del campo palestinese di Beddawi, 3 persone all’ospedale di Tripoli, e altre 6 a Mina. E un altro uomo è stato ucciso.

In questi giorni l’esercito ha bloccato le entrate del campo, alcuni giovani palestinesi che cercavano di uscire sono stati arrestati. I giornalisti non potevano entrare nel campo, ma questo è così dal 2007 (anche l’estate scorsa, quando ero là, se ci si avvicinava a una zona in cui c’erano i soldati libanesi, le macchine fotografiche dovevano sparire in un attimo. E nessuno di noi era giornalista. A dicembre l’atmosfera era più rilassata. Ero addirittura entrata al campo senza il permesso, anche se mi è stato chiesto più volte ma per ragioni non ben definite, alcuni militari mi avevano fatto entrare solo con il passaporto, mentre altri mi avevano respinta.)

I giovani hanno bloccato le strade in questi giorni, l’esercito ha sparato sulla gente disarmata. Ho sentito un caro amico per telefono, e in sottofondo si sentiva ogni sorta di rumore, tra cui quello di spari, e lui mi ha assicurato che i palestinesi non avevano neanche un coltello. Venivano lanciate pietre.

Tuttora i giovani sono in strada, stanno facendo lo sciopero della fame e continuano con il sit-in. Cantano canzoni palestinesi, sventolano bandiere – video amatoriali testimoniano quanto scrivo. La sera, i giovani si ritrovano, discutono sotto un tendone che è stato piantato per il sit-in, partecipano poeti, politici, per creare cultura, coscienza, per discutere di civiltà e morale.

Ma cosa è stato raggiunto per ora?

Sembra che nel meeting di ieri tra le fazioni politiche palestinesi e l’esercito libanese si sia arrivati a queste conclusioni:

  • dal 16 luglio, il sistema dei permessi e dei controlli ai checkpoint dovrebbe cessare;
  • non dovrebbe essere più richiesto un permesso ai non residenti di Nahr el Bared per entrare nel campo (di conseguenza gli altri palestinesi potrebbero entrare nel campo, e così i volontari o visitatori internazionali)
  • l’atmosfera sembra si sia tranquillizzata, il sit-in e lo sciopero della fame continuano. So per certo che i giovani del PFLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina) stanno conducendo una protesta pacifica e stanno spiegando alla popolazione del campo come manifestare pacificamente, e questo è l’accordo a cui sono giunti con l’esercito libanese. Un amico palestinese, del PFLP mi scrive in privato “sii ahora estamos haciendo mas violincia ya no tenemos razony asi estan caendo los derechos de nosotros. eso es nuestra opinion (pflp)”. Inoltre, si sta cercando di organizzare un comitato che continuerà a trattare con i libanesi.

I palestinesi del campo di Ain Al- Hilweh hanno espresso solidarietà nei confronti dei fratelli palestinesi manifestando pacificamente nel campo libanese.

Concludo con una bellissima testimonianza di un amico, mi ha scritto:

“Hello thank God I am fine and all my family and my friends the situation in the Nahr al-Bared bad situation a lot of crisis between the people of the camp and the Lebanese army. Army besieged all entrances to the camp and no one can enter and even out also the army arrested all the people who are trying to get out of the camp, the problem started because the army hit a woman and her daughter inside their home, prompting the youth camp, engaged with them and they considered the defense of honor, on the first day he died young and aged 16 and fell in many of the wounded after the army fired on the people of the camp, Elena and the second day of the funeral the other fallen man, who was overseeing the policing young people killed by the army and also wounded two of his brothers and father. I'll send pictures to the martyrs and the wounded and Adeilna to dissolve all the problems here in the cold bot sit there open until the army and the government responded with the people of the camp to cancel the permit and give us civil rights to live in dignity, unfortunately, in an Arab country”.

E allora ragazzi, amici, ya shabab, siamo con voi.

Onore al coraggio, alla determinazione, alla forza e al sorriso dei Refugees
(o Returnees, Inshallah)

Maria Grazia Imperiale
 

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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