Apartheid israeliana

Un paese, due codici legali

Immaginiamo questa scena: 11 ragazzi  palestinesi, di età inferiore ai 18 anni che dimostrano con bandiere palestinesi e cartelli all’entrata nord-occidentale dell’insediamento di Ariel, per chiedere che venga riaperta la vecchia strada che porta a Salfit. Supponiamo che questi non vengano attaccati dai residenti di Ariel. Dopo tutto non è un insediamento  con gente dalla testa calda, il suo fanatismo è  limitato alla smania di possedere della terra.

Ciononostante In base a procedure militari, i giovani stanno violando i codici di sicurezza riguardanti “una proibizione di un’attività e di istigazione e di  propaganda ostile,” codici che erano stati firmati nell’agosto 1967  dall’allora  GOC del Comando Centrale, generale, Uzi Narkiss.  I divieti vengono applicati a “un gruppo di 10 o più persone che si riuniscono in un determinato luogo per scopi politici, o per scopi che possono essere interpretati come politici,” tipo sventolare una bandiera o distribuire materiali incendiari( di “incitamento”). Anche se hanno un’età compresa tra i 13 e i 17 anni, questi dimostranti immaginari possono essere trattenuti in stato di fermo e interrogati per 8 giorni prima di essere portati davanti a un tribunale militare.

I palestinesi affermano il diritto al ritorno durante l' "Independence Day" israeliano

Nel villaggio di Abu Snan durante la Marcia annuale del diritto al Ritorno, il 26 aprile, i palestinesi ricordano i nomi dei villaggi distrutti durante la Nakba del 1948.

Migliaia di cittadini palestinesi di Israele si sono radunati la scorsa settimana, il 26 aprile, nella Galilea occidentale per la Marcia annuale del Ritorno.

In concomitanza con l'annuale celebrazione dell’ "Independence Day" israeliano, i partecipanti hanno marciato verso le terre di diversi villaggi distrutti durante la Nakba - la catastrofe 1947-1948 durante la quale le milizie sioniste hanno espulso circa 750.000 palestinesi da quello che da allora è diventato Israele. Centinaia di villaggi palestinesi furono fatti saltare e demoliti con la dinamite.

Teatri e Rappresentazioni

Carissimi Luca e Giorgio,

uno dei più importanti e interessanti libri di sociologia è «La vita quotidiana come rappresentazione», di Goffmann. Da lì si può comprendere che i nostri comportamenti di tutti i giorni seguono schemi di rappresentazione, appunto.

Per questo in fondo non mi offende troppo essere inserito nel «teatrino tra gli amici della Palestina che contestano la brigata ebraica...», come scrivete riguardo la manifestazione milanese del 25 aprile.

Le ragioni della Campagna per la sospensione dell'8 per mille alla Chiesa Valdese: risposta alla Moderatora della Tavola Valdese

Riguardo all’articolo della moderatora della Tavola Valdese Maria Bonafede pubblicato il 25 aprile, in merito alla campagna per la sospensione dell’8 per mille alla Chiesa valdese, il Movimento BDS Italia ritiene necessario puntualizzare alcuni aspetti della questione.

Non abbiamo promosso un boicottaggio nei confronti della Chiesa Valdese. Abbiamo promosso una sospensione dell’8 per mille per questo anno semplicemente  perché non vogliamo che i nostri contributi vengano utilizzati per finanziare il Centro Peres e i suoi progetti.

Qualche mese fa abbiamo saputo che la Chiesa Valdese, attraverso i fondi dell'8 per mille, intende continuare a finanziare il progetto del Centro PeresSaving Children” per l’anno in corso, giustificando questa decisione con la volontà di permettere la cura di bambini palestinesi malati in ospedali israeliani. Il progetto sembra del tutto nobile e generoso, ma la realtà si presenta molto differente per le ragioni efficacemente sintetizzate dall’ex vice sindaco di Gerusalemme Meron Benvenisti: “Nell’attività del Centro Peres per la Pace non c’è nessuno sforzo palese compiuto per un cambiamento dello status quo politico e socio-economico nei Territori Occupati, ma proprio l’opposto: gli sforzi sono fatti per addestrare la popolazione palestinese ad accettare la sua inferiorità e prepararla a sopravvivere sotto le costrizioni imposte da Israele per garantire la superiorità etnica degli ebrei”.

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Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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