Egitto

Il BDS nel 2015: sette modi in cui il nostro movimento ha aperto nuove strade contro il colonialismo e l'apartheid israeliano

Il 2015 sarà ricordato come l'anno in cui la resistenza popolare palestinese si è diffusa in tutta la Palestina storica e che ha visto decine di migliaia di palestinesi scendere in piazza per resistere e contrastare il regime israeliano di occupazione, colonialismo e apartheid.

Le manovre del governo israeliano e il silenzio sulla Palestina

COMUNICATO STAMPA ISM-Italia
Una tappa ulteriore della pulizia etnica della Palestina

È passato oltre un anno dalla fine dell'operazione Margine Protettivo e sulla ricostruzione della Striscia di Gaza è sceso il silenzio. Il generale al Sisi ha terminato il lavoro di distruzione dei tunnel e di centinaia di case nella città di Rafah egiziana al confine con la Striscia, un contributo all'obiettivo occidentale e israeliano di smilitarizzare la Striscia e riportarla completamente sotto il controllo israeliano e dei collaborazionisti dell'ANP. Il discorso di Abu Mazen all’Assemblea Generale dell’ONU il 30 settembre, è stato un elenco puntuale dei crimini israeliani (si è solo dimenticato di citare l'operazione Piombo Fuso, l'operazione Margine Protettivo e le altre), ma non ne è seguita nessuna decisione operativa, per l'incapacità di uscire dai limiti imposti dagli accordi di Oslo, dopo esserne stati gli artefici e i beneficiari. Il discorso è stato definito non “una bomba” ma “un petardo bagnato”.

Barakat: Gli accordi di Oslo sono stati la dichiarazione di bancarotta e fallimento della borghesia palestinese

“Coloro che sono stati coinvolti nella firma dell’accordo di Oslo dopo le dimissioni dalle loro posizioni nella Organizzazione per la Liberazione della Palestina e le istituzioni ufficiali palestinesi, devono chiedere scusa al popolo palestinese e comparire davanti a un tribunale palestinese sotto il controllo popolare”, ha dichiarato Khaled Barakat, coordinatore della Campign a Free Ahmad Sa’adat, in una videoconferenza con i sostenitori della causa palestinese.

“Tuttavia, non hanno il coraggio o la coscienza – perché non rappresentano il popolo palestinese. Perché sono la rappresentanza politica di una classe, è non solo una organizzazione individuale”, ha detto Barakat. “Oslo è stato un crimine, uno scandalo e un disastro. Ciò che è stato firmato alla Casa Bianca 22 anni fa come la “Declaration of Principles” era, in sostanza, la dichiarazione della borghesia palestinese del loro fallimento e il fallimento nella direzione della rivoluzione del popolo palestinese per la liberazione, il ritorno, l’auto-determinazione e la vittoria.”

In partenza le delegazioni della missione "Per non dimenticare il Diritto al ritorno"

L’occupazione ha mille facce, mille sfumature, che si incuneano nella quotidianità della vita rendendola disumana. L’occupazione non è mai un qualcosa di astratto, di indefinito, ma si sostanzia con soprusi e privazioni, con l’obiettivo di spezzare la resistenza e la volontà del popolo che la subisce. Ed è precisamente questo che sta accadendo in Palestina, dove Israele impone a uomini e donne, colpevoli solo di rivendicare la propria dignità, una segregazione razziale intollerabile. E lo fa con la complicità di stati e governi che ora con aiuti diretti e ora con silenzi colpevoli sostengono nei fatti l’Occupazione.

L’Occupazione è quindi negazione della vita: impossibilità di lavorare, curarsi, studiare, avere affetti e l’elenco potrebbe continuare, lunghissimo. L’Occupazione è anche pulizia etnica, volontà deliberata di sradicare un popolo dalla sua terra per renderlo altro, un qualcosa di indefinito, un nulla. Il sionismo questo lo ha messo in pratica da sempre, fin dai quei drammatici giorni dopo la seconda guerra mondiale, quando centinaia di migliaia di palestinesi furono cacciati dalle loro case attraverso il terrore e la devastazione. Da lì inizio la diaspora di questo popolo, campi profughi senza diritti ospitati malvolentieri dagli stati limitrofi, ignorati da un Occidente opulento e egoista, condannati a non poter ritornare nelle loro case da una comunità internazionale sorda, cieca e muta. In poche parole: complice del crimine che si stava perpetuando.

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Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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