Egitto

La società civile palestinese a Gaza denuncia il fallimento di far rendere conto Israele per il massacro

Nel giorno [della memoria] della Nakba: la società civile palestinese nella Gaza assediata denuncia il fallimento generale di [costringere] Israele a rendere conto dei [propri] massacri.

Mentre i palestinesi commemorano la Nakba, la catastrofe del 1948, quando più di 700.000 palestinesi autoctoni furono espulsi dalle loro case dalle milizie sioniste e poi dallo Stato di Israele con un'azione di pulizia etnica, la vita nella Striscia di Gaza, occupata e assediata, sta raggiungendo un punto di svolta fatale, come hanno avvertito le Nazioni Unite.

Per non dimenticare... il Diritto al Ritorno. I luoghi della diaspora palestinese - Viaggio in Palestina 2015

Siamo donne e uomini che ritengono che il diritto al ritorno sia un punto irremovibile e centrale per il futuro del popolo di Palestina. Nessun risarcimento potrà mai ripagare le sofferenze e le privazioni di decenni di diaspora, ma il riconoscimento di questo diritto è l’unico modo per dare una soluzione all’occupazione delle terre palestinesi.

Crediamo perciò che si debba ricordare a noi e al mondo che l’occupazione ha generato un esodo forzato del popolo di Palestina e che oggi ci sono palestinesi in Libano, come in Giordania, Siria, Iraq e altri Paesi – non ultimo il nostro Occidente - ma che ci sono palestinesi rifugiati nella stessa Palestina. Partendo da queste considerazioni stiamo organizzando per il prossimo mese di agosto una iniziativa internazionale per portare contemporaneamente quattro missioni a Gaza, Cisgiordania, Libano e Giordania. L’obiettivo è la riaffermazione del diritto al ritorno.

L’ombra dei due stati

Era marzo 2009 quando alla conferenza  internazionale di Sharm el Sheikh si annunciava l’ammontare stanziato per la ricostruzione a Gaza, collegando l’azione alla ripresa del processo di pace. Quasi 4,5 miliardi di dollari la somma raccolta alla conferenza. Un impegno concreto chiarito dagli 87 tra Paesi e organizzazioni finanziarie presenti al vertice.

Il segretario di Stato americano, H. Clinton affermava: “La risposta alla crisi di Gaza non può essere disgiunta dai più ampi sforzi per arrivare a una pace complessiva e l’amministrazione Obama è decisa a impegnarsi con forza perché israeliani e palestinesi riescano a convivere pacificamente sul principio due popoli, due Stati”. Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi  prometteva stanziamenti per cento milioni di dollari, spalmati in quattro anni per la sola ricostruzione di Gaza. Il premier sottolineava la necessità di creare due Stati, quello palestinese accanto a quello israeliano, che vivano in pace e sicurezza con dei governi di unità nazionale”. “Gli israeliani – dichiarava – si diano un governo capace di volere la pace e di assumersi i sacrifici che la pace comporta”.

Intervista a Fawzi Ismail (Associazione Amicizia Sardegna-Palestina)

Come anticipato in altri interventi, la vicinanza e il sostegno alla resistenza del popolo palestinese sono parte integrante della nostra identità politica. A riguardo vi proponiamo, in questa sezione, questa intervista a Fawzi Ismail, dell’Associazione Sardegna-Palestina.

1 Parlaci della tua storia di palestinese, della tua militanza e del tuo impegno politico?

Come molti altri palestinesi della mia generazione sono stato costretto a lasciare “casa mia”, cacciato via con la forza delle armi, verso la Giordania, insieme alla mia famiglia, in seguito all’occupazione da parte dell’esercito israeliano del resto della Palestina, nella cosiddetta guerra dei sei giorni nel giugno del 1967, e dopo la totale distruzione del villaggio dove sono nato, cancellato completamente dalla faccia della terra, (ora c’è un parco “Parco Canada” perché fu finanziato dal governo canadese) ennesimo capitolo della pulizia etnica in Palestina iniziata nel periodo 1947-1949 con l’aggressione delle bande terroristiche sioniste contro la popolazione palestinese a mezzo di massacri e distruzione, che provocò la seconda ondata di profughi dopo Al “Nakba” del 1948.

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Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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