Hezbollah

Chi vince e chi perde a Gaza

E’ sicuramente difficile da fare in momenti in cui l’orrore e la rabbia per il massacro dei palestinesi rischiano di prendere il sopravvento sulla riflessione, ma occorre mantenere il necessario distacco dall’immanenza degli eventi per poter meglio comprenderli ed inquadrarli nel loro reale contesto storico e politico.

A Gaza si combatte e si muore non solo per il diritto del popolo palestinese ad affermare il proprio diritto all’esistenza e a quella di uno stato degno di questo nome. A Gaza non agiscono soltanto lo stato fascista di Israele e i rappresentanti del sionismo più aggressivo. A Gaza non si può guardare soltanto con gli occhi dell’umanitarismo becero del cattolicesimo e del generico pacifismo. A Gaza si sta giocando una partita mondiale.

Partita che si è aperta ormai da molti anni e che, con buona pace di chi predicava circa vent’anni fa la fine della storia, vede venire al pettine tutti i nodi della storia del novecento e della crisi del dominio occidentale (economico, politico e militare) sul globo. Gli Stati Uniti non sono più credibili e l’Europa Unita è un puro concetto filosofico di scarso valore ed entrambe questa realtà non hanno più la forza di risolvere le crisi internazionali. Né con la diplomazia, né e tanto meno con gli eserciti.

Nella solidarietà alla lotta palestinese non c'è spazio per i rosso-bruni

A Roma qualche giorno fa i fascisti hanno imbrattato muri e bacheche con scritte dal chiaro contenuto antisemita. Un gesto che non solo azzarda a "sporcare" la solidarietà verso la Palestina con squallidi contenuti nazifascisti, ma cela e punta a qualcosa di più. Così la presenza di organizzazioni di estrema destra come "Stato e Potenza" ad un presidio per la Palestina indetto a Milano mira agli stessi obiettivi e si muove con le stesse logiche. La solidarietà verso la Palestina è giustizia, uguaglianza e dignità, l’esatto contrario di quanto storicamente interpretano fascismo e nazismo.

Periodicamente in Italia e non solo riaffiorano tesi aberranti intente a generalizzare la solidarietà con la Resistenza palestinese, lasciando intendere che di fronte ad essa scompare ogni “colore”: né rosso, né nero, ma guarda caso diventa rosso-bruno, equiparando strumentalmente la lotta dei palestinesi contro il sionismo, per il rispetto dei loro diritti e per la fine della colonizzazione (che per loro si traduce in pulizia etnica), ad una lotta di matrice razzista ed antisemita contro gli ebrei.

Purtroppo in molte parti del nostro paese questo fenomeno è stato, se non trascurato, lasciato passare con troppa “leggerezza”. A nostro avviso questo è accaduto anche a Milano il 26 luglio durante il presidio in Piazza San Babila, quando alcune organizzazioni anche di sinistra si sono "mischiate" ad organizzazioni nazifasciste in un presidio indetto contro l'aggressione sionista della Palestina, in occasione della Giornata mondiale per Al-Quds.

Israele e Usa: Due strategie differenti

Di recente, precisamente il 29 aprile 2014, si è conclusa una serie di negoziati a cui hanno preso parte L’Anp e Il Governo di Israele, con la parte di supervisore speciale assunta dal responsabile statunitense. L’Anp ha proposto molte concessioni all’entità sionista: demilitarizzazione del futuro Stato palestinese, presenza militare di Israele nel Giordano, cessione dell’ 80% dei territori della Cisgiordania a Israele e blocco militare israeliano a Gerusalemme.

E pure Israele ha declinato l’improponibile offerta provocando la reazione stizzita del delegato statunitense che ha dichiarato a caldo “i negoziati sarebbero dovuti partire con la decisione di sospendere la costruzione delle colonie. Ma data la composizione dell’attuale governo israeliano, abbiamo pensato che non sarebbe stato possibile ottenere una tale concessione e quindi abbiamo lasciato perdere“. Continua: “non avevamo realizzato che Netanyau utilizzava gli appalti per la costruzione di nuovi insediamenti per assicurare la sopravvivenza del suo governo". A ciò sono seguite le dichiarazioni di Jonh Kerry, che ha definito l’attuale indifferenza del Regime sionista nei confronti dei diritti territoriali che spettano alla Palestina puro e semplice apartheid. Ciò potrebbe estasiare i geopolitisti scolastici o i pacifisti in salsa “radical chic“, ma in realtà tutto questo rientra perfettamente in una discrasia tra il Piano Kerry e la strategia israeliana. Spiegheremo dettagliatamente il perché.

Liberazione del sud: il giorno della memoria della prigione di Khiam

I libanesi questa domenica stanno festeggiando il Giorno della Liberazione per commemorare il 14° anniversario del ritiro dell'esercito israeliano dal Libano meridionale. Una delle scene di giubilo più ricordate si svolse il 23 maggio 2000, quando 144 prigionieri libanesi furono liberati dalla famigerata prigione israeliana di Khiam.

La mattina del 22 Maggio 2000, l'esercito israeliano cominciò a ritirarsi dal Libano meridionale, segnando la fine di un'occupazione militare durata oltre due decenni. Nel giro di tre giorni, l'esercito israeliano fu costretto a ritirarsi da quasi tutti i territori libanesi, mentre Hezbollah, il movimento di resistenza libanese, finiva il lavoro iniziato dagli altri movimenti di resistenza sin dal 1978. Il giorno seguente, oltre tremila abitanti del luogo presero d'assalto l'infame centro di tortura di Khiam. Utilizzando assi e piedi di porco, ruppero le serrature delle celle putride e riportarono gli increduli prigionieri alla luce.

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Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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