Nel 1982 l'esercito israeliano era forza d'occupazione a Beirut (Libano); secondo il diritto internazionale esso aveva la responsabilità di proteggere tutti i civili sotto il loro controllo.
A quel tempo l'esercito israeliano era interamente sotto il controllo del Ministro della Difesa israeliano, e Ariel Sharon ne rivestiva la carica. Egli visitò Beirut e promise il supporto totale a favore della Milizia Cristiana, allora alleata degli israeliani. Ariel Sharon stesso diede luce verde ai falangisti del Libano per entrare nei campi profughi di Sabra e Chatila nella parte occidentale di Beirut, da dove i feddayn erano stato mandati via attraverso l’accordo con il negoziatore Usa Philip Habib. Anche i soldati dei paesi occidentali (tra cui l’Italia) mandati a fare da interposizione tra i campi e l’esercito israeliano, vennero ritirati. La strada dei campi profughi era aperta e totalmente indifesa. Il risultato fu il massacro, la tortura e lo stupro di centinaia di civili palestinesi disarmati, moltissimi anziani, donne e bambini. L'esercito israeliano non solo controllava i campi e non fece nulla per arrestare il massacro, ma, come fu dimostrato, aprì la strada alle milizie falangisti libanesi per l'accesso ai campi. Ricevette ordini diretti e chiari dal Ministro della Difesa – guidato da Ariel Sharon - di non interferire e lasciar mano libera e fornire aiuto alla Milizia Cristiana libanese.