Resistenza palestinese

L’ossessione della “non violenza” danneggia la causa palestinese

Negli ultimi anni, i discorsi occidentali che circolano sulla causa palestinese hanno impiegato alcuni nuovi aggettivi per descrivere la resistenza palestinese  in modo  superficiale:  “resistenza palestinese non violenta", “resistenza palestinese pacifica", “resistenza palestinese popolare", “resistenza palestinese disarmata", infine "Gandhi-style resistenza".

Questo discorso è stato adottato dai comitati palestinesi di lotta popolare, nati dopo il successo del villaggio di Budrus, nella West Bank occupata, che abbracciando le proteste popolari sono riusciti a recuperare il 95% delle loro terre espropriate da parte di Israele dal muro dell'apartheid nel 2003. Tuttavia, l'ossessività a concentrarsi su un tipo specifico di resistenza ha in un modo o nell'altro contribuito alla delegittimazione di altre forme di resistenza, e allo stesso tempo ha chiuso una discussione aperta su cosa sia in realtà la resistenza popolare.

La terza Intifada e’ inevitabile

Israele, favorito da anni di cooperazione senza precedenti con le forze palestinesi in Cisgiordania, manca di qualsiasi incentivo per porre fine all’occupazione, mentre i palestinesi hanno perso ogni speranza che gli israeliani concedano loro uno Stato – scrive l’analista Nathan Thrall

All’inizio di giugno, durante un incontro privato con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e i suoi consiglieri di sicurezza, un gruppo formato da esperti sul Medio Oriente ed ex funzionari dell’intelligence ha ammonito che una terza Intifada è imminente. Essi hanno spiegato che l’immediato catalizzatore potrebbe essere un’altra moschea devastata da coloni ebrei (come quella incendiata martedì 19 giugno) o la costruzione di nuovi insediamenti. A prescindere da quale sia la miccia, alla base del fermento in Cisgiordania vi è l’opinione generale che il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, si trovi in un vicolo cieco.

Sale la preoccupazione per la vita di Akram Rikhawi al suo 85° giorno di sciopero della fame

Ieri un medico indipendente del PHR-IL ha visitato Akram Rikhawi e oggi lo ha visitato un avvocato di Addameer, insieme a Samer Al-Barq e Hassan Safari. A Samer e ad Hassan è ancora negato l’accesso a medici indipendenti.

Comunicato congiunto: Addameer Prisoner Support
and Human Rights Association e Physicians for Human Rights – Israel 

Ramallah – Jaffa, 5 luglio 2012

Le associazioni Addameer e PHR-IL sono seriamente preoccupate per la vita di Akram Rikhawi, che è, ora, al suo 85° giorno di sciopero della fame. Ieri, 4 luglio, un medico indipendente del PHR-IL ha visitato Akram nel centro medico del carcere di Ramleh, visita che è stata possibile solo dopo un ricorso alla Corte Distrettuale di Israele, dove, alla fine, il giudice ha ordinato al Servizio Israeliano del Carcere (IPS) di consentire l’ingresso di un medico indipendente non oltre il 3 luglio.

A seguito della visita fatta ad Akram, il medico ha riferito il netto aggravamento dell’asma del prigioniero, che continua a essere malfermo.

Nasrallah, leader o terrorista?

Video-intervista di Assange a Seyyed Hassan Nasrallah,
Segretario Generale di Hezbollah

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Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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