Resistenza palestinese

Criticare o no la leadership palestinese?

In che modo si tradisce* la Causa Palestinese

Quasi sei anni fa la popolazione palestinese ha espresso il proprio voto - benché, non va scordato, si sia trattato di elezioni avvenute sotto occupazione - mostrando con decisione la voglia e la necessità di dare legittimità ad una forza all'epoca presentatasi come rivoluzionaria, Hamas, perché satura di anni di promesse e di finti accordi di pace. In ogni caso, in quelle elezioni il messaggio di rottura contro ogni forma di dialogo con l'occupante è stato chiaro, nonostante il dott. Salman sostenga che il voto pro-Hamas sia stato un modo per "punire" Fatah.

A seguito di questa scelta, opinabile per chi vuole, ma che resta pur sempre una scelta da accettare, la volontà dei palestinesi non è stata rispettata, perché né i governi né l'ONU hanno riconosciuto la legittimità della decisione popolare, né i sostenitori internazionali hanno fatto abbastanza per sostenere la volontà palestinese, forse a causa della persistente illusione di possibili accordi con lo stato sionista, che sempre più spesso hanno fatto capolino nella politica palestinese.

La tortura, il dislocamento e la resistenza: la storia di Salameh Kaileh

C'è una piccola torsione nel racconto, però. Il protagonista palestinese di questa storia - intellettuale marxista e dissidente Salameh Kaileh - è stato arrestato, torturato e poi deportato dal regime siriano che da tempo si dipinge come un paladino della causa palestinese e baluardo della resistenza al sionismo e all'imperialismo.

Nelle prime ore del 24 aprile, agenti dei servizi segreti siriani in borghese hanno fatto irruzione in casa di Kaileh Barzeh, in un quartiere a Damasco, e lo hanno arrestato. Il suo legale Anwar Bunni, avvocato dei diritti umani presso il Centro siriano per gli studi legali e di ricerca, ha detto che Kaileh è stato arrestato a casa sua "senza spiegazione" e che la sua cattura è l'ennesimo tentativo di"imbavagliare" la libertà di espressione in Siria.

Nel 64° anniversario della Nakba, i prigionieri indicano la strada da percorrere verso il ritorno

Nel 64° anniversario dell'occupazione della Palestina, il Fronte Popolare per la Liberazione ha ribadito che il diritto al ritorno è un diritto politico, umano, legale, individuale e collettivo sancito dal diritto internazionale, e dalla risoluzione 194 in primis, che non può essere barattato, contrattato o dimenticato.

Il Fronte ha sottolineato che lo sciopero della fame generale "degli stomaci vuoti" e la storica battaglia per la dignità e la libertà condotta da migliaia di prigionieri nei campi e nelle prigioni dell'occupazione, sono una continuazione della gloriosa eredità del nostro popolo in lotta.

Il Fronte ha detto che l'impegno, la volontà e la determinazione di questo sciopero sono simili a quelli del più lungo sciopero palestinese generale nella storia, consumatosi nel 1936, "per la libertà, la dignità e l'indipendenza", e che tale azione conferma ancora una volta l'impegno del nostro popolo alla sua causa e alla resistenza. "L'unità e la fermezza sono più forti della tirannia e dell'ingiustizia dell'occupazione, ha dichiarato il Fronte, e il popolo palestinese continuerà con il rifiuto assoluto di qualsiasi tentativo di liquidare i suoi diritti e con il pieno impegno al ritorno dei profughi e dei loro figli alle loro case con il materiale e il risarcimento morale per ciò che è stato loro tolto".

Solidarietà con i prigionieri palestinesi in sciopero della fame

Lettera di Mohammad Brash, prigioniero palestinese nel carcere israeliano di “Aishel”

Non dite a mia madre che sono diventato cieco.Quando viene a trovarmi,
lei non sa che sono diventato cieco
dopo che i miei occhi si sono ammalati e
il buio ha invaso il mio corpo.
Lei mi vede ma io non la vedo.

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Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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