Resistenza palestinese

Forze inglesi a Damasco, non è Assad a massacrare i siriani

Stanno macellando la Siria, a cannonate: non i presunti “boia” del regime di Assad, ma i brutali miliziani armati dall’Occidente. «Sono loro che ci terrorizzano», dichiara un testimone in una drammatica intervista realizzata a Homs dalla prestigiosa giornalista indipendente Silvia Cattori: «Ci minacciano se solo mettiamo il naso fuori di casa, siamo noi a chiamare l’esercito in nostro aiuto». E la versione dei media, che propongono una rivolta popolare contro l’oppressione della dittatura? Un diluvio di menzogne, senza uno straccio di prova. Per questo, Russia e Cina hanno posto il veto all’Onu contro una risoluzione anti-Assad. Ma c’è di peggio: oltre alla “legione libica” proveniente da Bengasi, in Siria – contro l’esercito di Damasco – sarebbero in azione reparti scelti del Qatar e addirittura forze speciali inglesi.

Forze speciali inglesi«Truppe speciali di Londra – insieme a quelle dell’onnipresente Qatar – starebbero già combattendo ad Homs contro l’esercito siriano», scrive Forze speciali inglesiMarco Santopadre su “Contropiano”. A rendere noto ciò che tutti i più attenti analisti sapevano da mesi è stata l’8 febbraio la Cnn: «Gli Stati Uniti – scrive “NenaNews” – avevano parlato di invio di aiuti umanitari alla popolazione siriana e invece fanno sapere di “aver preso in esame” l’ipotesi di un intervento militare contro la Siria», escluso fino a ieri. Lo hanno detto a Barbara Starr, corrispondente della Cnn al Pentagono, due alti funzionari dell’amministrazione Obama, confermando l’irritazione della Casa Bianca nei confronti del veto opposto dalla Cina e dalla Russia la scorsa settimana alla risoluzione dell’Onu contro Damasco.

Il tribunale israeliano dimostra disprezzo per la vita del prigioniero Khader Adnan

L'associazione Addameer, che si batte per il sostegno ai prigionieri e per i diritti umani, ribadisce la sua preoccupazione per la vita di Khader Adnan, che non ha ricevuto nessuna decisione in merito al suo ricorso contro l'ordine di detenzione amministrativa impostogli. Giunto al 54° giorno di sciopero della fame, la salute di Khader è ormai critica, e il prolungato digiuno probabilmente avrà conseguenze irreversibili, ma soprattutto potrebbe portarlo ad un collasso fatale in qualsiasi momento. Khader ha però dichiarato che rimarrà in sciopero della fame fino a quando non verrà rilasciato.

Israele lo tiene in detenzione amministrativa senza alcuna accusa, ed egli è da 54 giorni in sciopero della fame per protestare contro il trattamento disumano di Israele nei confronti dei prigionieri politici palestinesi.

Jarrar: la vita Khader Adnan in pericolo - necessaria la solidarietà ai prigionieri in sciopero della fame

La compagna Khalida Jarrar ha invitato tutte le organizzazioni palestinesi e gli attivisti internazionali ad unirsi in una campagna di solidarietà con il prigioniero Khader Adnan, in sciopero della fame da 52 giorni e in pericolo di morte.

Khalida ha anche fatto un appello per un boicottaggio totale dell'occupazione a tutti i livelli, ufficiali e pubblici, e per l'aumento delle azioni legali contro lo stato di occupazione e i suoi funzionari responsabili per i crimini commessi.

L'attivista ha inoltre incoraggiato il boicottaggio palestinese di udienze e processi di detenzione amministrativa, in quanto non sono altro che una farsa per tentare di legittimare la detenzione arbitraria, segreta e illegale, e non sono altro che un braccio dell'occupazione. Khader Adnan è detenuto in detenzione amministrativa senza accuse dal 17 dicembre, e da allora è in sciopero della fame per protestare contro il sistema illegale di detenzione amministrativa così come contro la tortura e gli abusi a cui sono sottoposti lui e gli altri prigionieri politici palestinesi durante gli interrogatori.

Dov'è la primavera palestinese?

La rivoluzione egiziana ha recentemente festeggiato il suo primo anniversario. Quando arriverà la primavera araba in Palestina?
1988 - Prima Intifada. Una donna palestinese a Beit Sahour si toglie le scarpe col tacco e lancia pietre ai soldati israeliani. Questa rivolta ha coinvolto gran parte della società palestinese. (photo: body on the line blog/Les Palestiniens)
La rivoluzione si è diffusa verso un buon numero di Paesi del Nordafica, del Medio Oriente e del Golfo a partire da dicembre 2010. Le prime proteste sono nate in Tunisia, e si sono presto sparse in Egitto, Libia, Yemen,  Bahrein e Siria. Queste rivolte hanno rapppresentato un tentativo del popolo di mettere fine a regimi non democratici ed oppressivi, nella speranza di muoversi verso dei governi legittimamente eletti.
Nonostante questo movimento e questi sconvolgimenti nell'area, la situazione in Palestina è rimasta relativamente calma.
Abbiamo chiesto a Nassar Ibrahim - scrittore palestinese, attivista politico e co-direttore dell'Alternative Information Center - perché la Primavera Araba non sia ancora riuscita ad approdare in Palestina.
“Siamo stati nella fase della Primavera per più di 30 anni ”  ci risponde Ibrahim.  “Mentre tutto il mondo arabo era assopito, i Palestinesi hanno organizzato la prima Intifada , poi la seconda e molte altre forme di resistenza popolare.”
Ibrahim aggiunge inoltre che la situazione in Palestina è molto differente da quella di Tunisia ed Egitto, dove le rivolte hanno portato alle elezioni. ''In questi Paesi le rivolte popolari hanno avuto il potere di apportare significativi cambiamenti, interni ed esterni, anche in politica economica ”  spiega Ibrahim.
Questo scenario non potrà ripetersi in Palestina per una serie di ragioni.

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Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

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