Territori occupati

Riprende dialogo tra Israele e Palestina, Bruxelles: "Una decisione coraggiosa"

Annuncio di Kerry nel giorno di entrata in vigore del bando Ue della cooperazione con le colonie Tel Aviv prepara la liberazione di alcuni detenuti, ma non arresta l’espansione degli insediamenti Critiche di Hamas e Fronte popolare: “Decisione pericolosa che contraddice consenso nazionale”.

Il bando Ue a ogni progetto di cooperazione con le colonie israeliane è entrato in vigore ieri, proprio nel giorno in cui sono ripresi i negoziati di pace tra Israele e l’Autorità nazionale palestinese. Al termine di sei spole mediorientali, tra cui un blitz imprevisto a Ramallah, dal presidente dell’Anp, Abu Mazen, il segretario di Stato americano John Kerry ha annunciato da Amman la prossima ripresa a Washington dei dialoghi diretti per la pace, a quasi tre anni dalla loro interruzione. Per ora si tratta solo di un impegno e i dettagli restano da definire. “Se tutto va come deve” ha dichiarato prudentemente il capo della diplomazia di Barack Obama, il tavolo si riaprirà la settimana prossima nella capitale Usa, dove sono attesi in contemporanea il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat e la ministra della Giustizia israeliana Tzipi Livni, delegata del governo di Tel Aviv per il processo di pace. Ma l’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Ue ha comunque accolto “con calore” l’annuncio affermando che “Il primo ministro Netanyahu e il presidente Abbas (Abu Mazen) hanno dimostrato coraggio, ottenendo questo risultato”.

L'ultima opzione dei palestinesi: una lotta per la parità dei diritti

La situazione attuale non potrebbe essere la migliore per Israele e i suoi alleati: una leadership palestinese docile, che crea l’illusione di un’equivalenza tra occupante e occupato. I palestinesi devono lasciar perdere l’illusione dell’attuale processo di pace e premere almeno per diritti equi. 

C’era una volta, la Palestina era la causa unificante del mondo arabo. Giustizia per i palestinesi era considerato un prerequisito fondamentale per la stabilità e la pace della regione, ed era un’idea che aveva avuto una risonanza mondiale. Oggi il quadro è diverso e la causa palestinese è caduta dall’agenda politica fin dall’inizio della primavera araba, il conflitto siriano e il successo di Israele nel mettere il programma del nucleare iraniano al centro della scena.

UNADIKUM INTERNATIONAL BRIGADES

Nel 1936, quando il fascista Franco impugnò le armi contro la giovane repubblica spagnola, i governi dei paesi vicini rifiutarono nettamente di muoversi. Gli abitanti di questi paesi risposero in questo modo: “Noi tutti, combatteremo!”. Fu così che diedero vita alle International Brigates, una delle pagine più illuminanti dello spirito di solidarietà. Di fronte al vergognoso abbandono della difesa dei diritti dei Palestinesi da parte della maggior parte dei governi del mondo, lo stesso spirito di solidarietà ci spinge a chiamare ancora una volta le persone ad agire. Noi non ricorreremo alle armi, ma abbiamo un’arma molto efficace: fare da spalla alla popolazione palestinese, nei luoghi in cui vivono e quando fanno il loro lavoro, sfidando le forze d’occupazione israeliane, rivendicare la forza della solidarietà di fronte alla brutalità delle armi, e riportare tutto questo al mondo. E’ per questo motivo che ancora una volta ci diamo il nome di “International Brigades”.

Lo sviluppo palestinese sotto occupazione è un’illusione

La nozione di sviluppo economico palestinese anche se sotto occupazione israeliana viene ancora pubblicizzata, in particolar modo dal Segretario di Stato degli Stati Uniti John Kerry, come mezzo per far progredire la causa della pace attraverso i negoziati. Coloro che seguono tali questioni in Palestina temono che la propaganda mediatica confonda la gente per l’impossibilità di ottenere uno sviluppo economico sostenibile mentre Israele continua a occupare, colonizzare ed ebraicizzare i territori palestinesi.

Parlare di sviluppo economico in tali circostanze trascura il fatto che Israele controlla le chiavi più importanti dell’economia palestinese. Gli studi indicano che Israele controlla circa il 96% di tutte le importazioni ed esportazioni palestinesi, e ora il deficit della bilancia dei pagamenti palestinese è la base di un rapporto molto forzoso tra le economie palestinese e israeliana. 

A seguito del declino dell’economia palestinese, attribuibile agli sforzi israeliani di marginalizzare i suoi vari settori, migliaia di persone provenienti dalla forza lavoro palestinese sono state indotte a cercare un impiego all’interno di Israele, a beneficio dell’economia israeliana e a scapito della propria. 

La terra stessa è uno degli elementi più importanti di produzione che possono favorire lo sviluppo futuro, ma perché essa svolga tale ruolo, richiede lo smantellamento degli aspetti chiave dell’occupazione israeliana quali le colonie illegali e i checkpoint. L’occupazione, dunque, sul territorio palestinese strangola di fatto i mezzi di produzione, a detrimento dell’economia.

Pagine

Subscribe to RSS - Territori occupati

Informazioni sul Fronte Palestina

Per sviluppare un lavoro di classe nel sostegno alla lotta di liberazione della Palestina e degli altri popoli oppressi e aggrediti dall'imperialismo, oltre alle sterili e dannose concezioni del pacifismo e dell'equidistanza tra aggressori e aggrediti che hanno in gran parte contribuito ad affossare il movimento contro la guerra nel nostro paese negli ultimi anni, si è deciso di fondare l'organismo nazionale Fronte Palestina.

PalestinaRossa newsletter

Resta informato sulle nostre ultime news!

Subscribe to PalestinaRossa newsletter feed

Accesso utente